Generazione robotizzata

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Generazione robotizzata

Siamo all’inizio di una nuova era di responsabilità iper individuale che ribalta i paradigmi economici e sociali, governati dalla generazione robotizzata. La fiducia è il passaporto.

Siamo all’inizio di una nuova era di responsabilità iper individuale che ribalta i paradigmi economici e sociali, governati dalla generazione robotizzata. La fiducia è il passaporto.

Riponiamo la nostra fiducia negli algoritmi che regolano la vita degli esseri umani giornalmente. Quando ci affidiamo ai consigli di Amazon per decidere che cosa leggere oppure ai suggerimenti di Netflix su che cosa guardare. Ma questo è solo l’inizio. Presto andremo in giro in auto su un veicolo a guida autonoma, affidando le nostre stesse vite alle mani invisibili della tecnologia. Siamo già entrati nell’età della fiducia per quanto riguarda la velocità delle decisioni, nella quale sempre più affideremo all’esterno la nostra capacità di affidarci agli algoritmi. Di questo fenomeno Rachel Botsman, economista americana e autrice di What’s mine is your​s the rise of collaborative consumption, è stata precursore e una delle più acute analiste e non ha dubbi: «Siamo all’inizio di una nuova era in cui le istituzioni tradizionali e le vecchie fonti di potere vengono rovesciate e si fa strada una nuova responsabilità iper individuale» ha detto Botsman a Changes, sottolineando come i paradigmi economici e sociali si ribaltano. «Siamo sulla soglia di un periodo caotico e confuso; una zona grigia oscura della fiducia nelle istituzioni che viene sistematicamente indebolita, mentre paradossalmente la fiducia in senso generale, nel bene e nel male, sta guadagnando posizioni».

L’ultima frontiera dell’intelligenza artificiale è l’image recognition. Le macchine sanno riconoscere le persone, gli animali, gli oggetti. Le auto senza guidatore leggono i segnali stradali, i sensori medici riescono a capire se un neo è un melanoma della pelle, meglio di come lo diagnosticherebbero dei medici in carne e ossa. Spiega al riguardo Botsman, autrice di due bestseller come Quello che è mio è tuo (2010) e Di chi possiamo fidarci? Come la tecnologia ci ha uniti e perché potrebbe dividerci (2017): «La tecnologia sta consentendo a milioni di persone a compiere quello che io definisco un salto di fiducia che si verifica quando prendiamo un rischio e facciamo qualcosa di nuovo o in un modo radicalmente diverso. Che ne dici di inserire i dati della tua carta di credito in un sito internet? Questo è un salto di fiducia. Gli umani sono straordinariamente bravi a fare passi da gigante per abbattere le barriere e creare nuove forme di valore. La differenza oggi è che ci viene chiesto di fare il salto più veloce e più in alto che mai» ha sottolineato Botsman.

Ma questa è soltanto una faccia della medaglia. La migliore. Perché i passi in avanti più significativi del prossimo decennio sono quelli della transizione dalla cosiddetta “trusting technology” dove compiamo ancora un atto di fiducia verso le macchine, a quella delle decisioni prese per noi dalle macchine senza che da parte nostra si ponga la questione di fiducia. «La prossima generazione crescerà in un’epoca di agenti autonomi, che prenderanno decisioni nelle nostre case, nelle scuole, negli ospedali e persino nella nostra vita amorosa. È probabile che i miei figli non impareranno mai a guidare. Si fidano di Alexa per fare shopping, sarà “lei” a dire loro cosa indossare e toccherà ad altri “assistenti” aiutarli per i compiti a casa. La domanda che si porranno non sarà: come faremo a fidarci dei robot?, ma, invece, non ci fidiamo troppo di loro?». La risposta è problematica per Botsman perché il vero rischio di questa generazione robotizzata è peccare di eccessiva fiducia.

 Nella meccanica tra produttori e consumatori la fiducia diventa la moneta del nuovo secolo, con la tecnologia che può soltanto accelerare questo processo. «Questo cambiamento nel concetto di fiducia rappresenta un’enorme sfida e un’opportunità per le imprese» ha aggiunto Botsman. «Ironia della sorte, andranno avanti quelli che si sentiranno più umani: mi riferisco alle aziende che useranno la tecnologia per amplificare l’umanità, la nostra intelligenza emotiva, senza provare a rimpiazzarle. Anche perché in definitiva, la fiducia è un processo fondante nella nostra vita». 

Lo stesso passaggio è stato fondamentale nell’economia collaborativa, nella sharing economy che è riuscita a creare business dal basso abbattendo i gradi di mediazione, anche grazie a una forte umanità nelle transazioni per “comprare” beni e servizi. «Un decennio fa, mi è stato chiaro che la tecnologia avrebbe consentito ai fornitori e ai clienti di fidarsi l’uno dell’altro direttamente e in modo da aggirare molti intermediari tradizionali e disarticolare istituzioni consolidate» ha detto Botsman. «Le tecnologie digitali ci hanno permesso di scoprire il valore nascosto presente in tutti i tipi di beni, così da poter trasformare il nostro modo di viaggiare, utilizzare i servizi bancari, di imparare, consumare e così via».
Da qui è scattata una rivoluzione dolce, quasi impercettibile nei singoli passaggi. In alcuni settori abbiamo visto come soggetti quali Airbnb e Uber hanno cambiato i comportamenti dei consumatori e sovvertito molte normative esistenti. Ora è normale per le persone stare in una casa in affitto di qualcun altro dall’altra parte del mondo, oppure fare un giro con un perfetto estraneo. Questo è il comportamento dei cosiddetti consumatori mainstream: acquistano beni dai venditori direttamente su siti come Alibaba, Gumtree, eBay o Etsy. Per molte persone tutto questo può sembrare una forma di snaturamento. La tecnologia, secondo Botsman, ha permesso di creare un tale livello di fiducia tra estranei che ci sembra notevole, eppure è un fenomeno ancora allo stadio embrionale, visto che «in altre aree di business, la natura mutevole della fiducia tra imprese e consumatori sta ancora emergendo». Botsman porta ad esempio il settore bancario dove siamo ancora solo nelle fasi iniziali del prestito peer-to-peer, del crowdfunding e delle criptovalute. «Se si guarda all’educazione e all’apprendimento, per esempio, abbiamo assistito all’ascesa di Massive Open Online Courses (Mooc) oppure di piattaforme come Skillshare. Ma è ancora presto per reinventare quest’attività. Infine ci sono anche aree come le assicurazioni, dove nel prossimo decennio vedremo colossi multi-miliardari in grado di cambiare il modo in cui il rischio viene gestito tra i consumatori» ha detto Botsman.

Come si sta muovendo quella che un tempo veniva chiamata in maniera sprezzante Old Economy e che ha resistito con molti sforzi alla crisi? È in grado di accettare anche questa sfida? «Ironicamente, penso che l’attuale crisi di fiducia sia una grande opportunità per le realtà più istituzionali. Stiamo già vedendo questo scenario con i media: in un’epoca nella quale le persone non sanno a chi affidarsi per la verità, il giornalismo professionale sta vivendo una rinascita. Ad esempio, nel 2017, il Guardian e il New York Times, hanno registrato una velocissima crescita negli abbonamenti a pagamento. E anche le istituzioni dovranno lavorare duramente per riguadagnare la fiducia diventando più affidabili» ha detto Botsman.
Il gioco è comprendere le nuove regole di fiducia nell’era digitale. Questi sono i passi principali per l’economista americana: dobbiamo fidarci dell’idea sulla quale vogliamo puntare; quindi dobbiamo fare altrettanto con l’impresa o la piattaforma che la veicola; dobbiamo fidarci della nostra controparte, anche se questa è una macchina o un robot.
In poche parole si deve «creare una relazione complessa tra le aziende e i loro utenti. Individuando chi guida questo processo e chi è il responsabile quando le cose vanno male» ha aggiunto Botsman. «Perché la fiducia non funziona più in modo top-down, in maniera gerarchica o opaca. Ad esempio, ciò che la gente dice e pensa di un marchio non può essere attentamente controllato attraverso la pubblicità e il marketing. Ciò che la folla dice, dà forma alla tua reputazione. Centrale è che cosa pensa la gente dei tuoi prodotti e servizi». La parola d’ordine è resilienza. Per Botsman c’è molto da lavorare in questa direzione, e imprese e istituzioni devono guardare alla fiducia come se fosse energia: non può essere distrutta, ma può soltanto cambiare forma.

Testo raccolto da Francesco Pacifico

Autore e docente all'Università di Oxford, Business School. Il suo lavoro si concentra su come la tecnologia sta cambiando il concetto di fiducia e il nostro modo di vivere, lavorare, consumare. Ha definito la teoria del "consumo collaborativo" nel suo primo libro dal titolo What's Mine Is Yours: The Rise of Collaborative Consumption.​​