Quanto pesano i voti per il clima
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Lo insegna l’MBA power dei leader 4.0 del Politecnico di Milano. Cerchiamo di capirne di più a partire da quattro spunti, validi per tutti coloro che lavorano, a prescindere dall’ambito in cui operano.
Viviamo nell’età dell’incertezza, in quel mondo VUCA, caratterizzato da “volatility”, “uncertainty”, “complexity” e “ambiguity”, in italiano “volatilità”, “incertezza,” complessità” e “ambiguità”. E, allora, la domanda sorge spontanea: su quali certezze dobbiamo basare il nostro operato nell’era dell’incertezza. Per rispondere a questa domanda ho ascoltato la voce di 101 professionisti che in piena pandemia, quando quasi tutto il mondo si era fermato, hanno deciso di intraprendere un percorso di MBA (acronimo di master of business administration) o di executive MBA in una delle più prestigiose business school, quella del Politecnico di Milano. Ne è nato il libro “MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose” edito da Lupetti che in 232 pagine vuole portare all’attenzione di tutti il manifesto del leader 4.0. Cerchiamo di capirne di più a partire da quattro spunti, validi per tutti coloro che lavorano, a prescindere dall’ambito in cui operano.
Di cosa parliamo:
La prima considerazione che emerge in “MBA Power” parte dalla presa di coscienza che l’ambiente economico attuale sia diventato ancora più veloce e competitivo rispetto ai tempi prepandemici. Per affrontarlo occorre compiere una rivoluzione copernicana. Si parla di industria 4.0: parliamo anche, e sempre di più, di professionisti 4.0, in grado di governare la quarta rivoluzione industriale in atto. A loro serve una nuova visione del fare impresa. «Si tratta – testimonia Andrea Riva nel libro – di un completo cambio di paradigma. Da dove potremmo iniziare questa rivoluzione? La risposta è dai noi stessi». Quando è necessario un cambiamento, in sintesi, e oggi è necessario, non è mai troppo presto per farlo.
Cambiare sì, dunque, ma in quale direzione? Qual è il “purpose” o stella polare che ci deve guidare? La risposta è una, anzi trina. Parliamo della sostenibilità, economico-finanziaria, sociale ed ambientale. C’è un nuovo modo di fare impresa: è l’impresa a impatto sociale, quella che agisce intenzionalmente per produrre un impatto positivo sulla società, perseguendo al contempo la sostenibilità economica e finanziaria delle iniziative. È il superamento della tradizionale nozione di responsabilità sociale degli attori economici e finanziari con la centralità dell’impatto sociale ottenuto in modo intenzionale, misurabile e addizionale. Possiamo e dobbiamo allineare le attività che generano profitti con quelle che generano impatto sociale. Possiamo, in sintesi, superare la dicotomia tra le organizzazioni “for profit” e “non profit”, che si fanno carico di offrire servizi che creano benefici per la società, pur non necessariamente prevedendo la vendita di beni e servizi. Al centro di questo spettro ci sono le organizzazioni “ibride”, che cercano di integrare in un solo modello di imprenditorialità entrambi gli obiettivi di generazione di un beneficio sociale e di valore economico, assumendo anche molteplici forme organizzative e legali.
Se la stella polare è chiara, come fare a condurre l’azienda lungo la via di Damasco della sostenibilità? Come scaricare a terra o eseguire il programma di lavoro? La risposta che arriva dai racconti di “MBA Power” è una sola: mettere al centro le persone che lavorano in azienda. La leadership più efficace è quella che sa destare l’interesse nei collaboratori, informarli, coinvolgerli e ispirarli. Proviamo, in quest’ottica, a ridefinire l’acronimo KPI, nato dalle parole “key”, “performance” “indicators” o “indicatori di prestazione chiave”. Misurare i risultati aziendali è fondamentale, ma il risultato può e deve essere ottenuto restituendo la centralità delle persone in azienda. Tra le testimonianze presentate nel libro, Stefano Avesani arriva a una sintesi perfetta: «Ricordatevi di puntare sulle persone nel vostro business, qualunque esso sia. Sono le persone che fanno la differenza, sono le persone che creano le aziende e sempre le persone che ne fanno crescere gli affari. Non date mai per scontati i vostri collaboratori e i vostri colleghi. Esigete sempre il meglio da tutti, ma date voi più di quanto chiedete loro, rispettandone sempre la vita privata. Da venditore d’auto mi permetto di ricalcare un vecchio motto mai così attuale: “Senza cuore saremmo solo macchine”».
Dopo aver individuato la necessità del cambiamento per stare al passo con l’industria 4.0, aver indicato la stella polare della sostenibilità e aver sottolineato la necessità di una leadership inclusiva, resta da mettere a fuoco almeno un ultimo e importante aspetto: in un mondo del lavoro così complesso servono competenze “plurali”, sia “soft” (o “soffici”) che “hard” (o “dure”), ma soprattutto occorre far leva sul sapere posseduto da più professionisti. In contesti complessi, dove nessun professionista o organizzazione può dire di avere tutto il know-how del mondo, disegnare un futuro migliore per tutti, che sia in grado di rinnovarsi in modo consistente e sostenibile, dipende dalla nostra capacità di attingere al sapere distribuito, il know-where. Il mondo del lavoro di oggi e domani sarà e dovrà essere sempre più plurale. «Non tutte le persone più intelligenti lavorano in una sola azienda», spiega Ivano Colombo, richiamando la diluizione dei confini dell’impresa.
È questo l’MBA power ossia la forza dei leader che, durante la pandemia, hanno accettato la sfida dell’aggiornamento delle competenze e della loro visione del fare impresa, condividendo nel libro omonimo cosa hanno imparato e mettendolo a disposizione di tutti i professionisti.