Perché la salute del suolo è vita

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Perché la salute del suolo è vita

Gli obiettivi fissati dal Green Deal Europeo sui temi clima e biodiversità partono proprio dalla conservazione del terreno. La strategia europea individua misure concrete per garantire un utilizzo sostenibile.

Noi siamo terra e siamo suolo e la sua salute deve preoccuparci tutti e sempre non solo quando avvengono eventi estremi come l’alluvione che ha flagellato l’Emilia-Romagna. La salute del suolo è essenziale per la vita e per conseguire gli obiettivi fissati dal Green Deal Europeo sui temi clima e biodiversità. La strategia europea individua misure concrete per la protezione e il ripristino di suoli e per garantire l’utilizzo sostenibile. Oltre a confermare gli obiettivi per arrestare il consumo del suolo netto entro il 2050 e il suo degrado entro il 2030, è previsto che entro quest’anno siano fissati obiettivi livello nazionale, regionale e locale. A livello nazionale, il primo atto è già andato in scena. Con il Piano per la Transizione Ecologica PTE approvato lo scorso 8 marzo 2022, il contrasto al consumo del suolo viene infatti indicato come priorità per favorire le basi della transizione ecologica della nostra economia. L’obiettivo di questo piano è arrivare entro il 2030 a un consumo pari a zero.

Ciò vuol dire che nei piani comunali si dovrà dare priorità al mantenimento dei suoli non impermeabilizzati e al riutilizzo di aree già costruite. E siccome il suolo, risorsa limitata e non rinnovabile, è un bene comune di fondamentale importanza per la qualità della vita delle persone, ogni sindaco dovrà garantire il coinvolgimento dei cittadini nella programmazione affinché tutti possano esprimere la loro opinione nelle attività di pianificazione dell’uso del territorio. Verranno inoltre introdotte misure finalizzate a presentare chiaramente le fruizioni del suolo.

A maggio 2023, l’Appennino, con rocce tenere, ha mostrato tutta la sua fragilità e in tutta la regione Emilia-Romagna, il livello di allerta resta alto per il pericolo frane. Tra le cause sicuramente le piogge intense che sono cadute su terreni che hanno impedito l’assorbimento di tanta acqua. Sono anche i processi di trasformazione del nostro territorio che continuano a causare la perdita di una risorsa fondamentale che è proprio il suolo con tutte le sue funzioni e servizi ecosistemici.

Ma qual è la situazione odierna del consumo del suolo in Emilia-Romagna e nel resto del Paese e come si dovrà intervenire per raggiungere questi traguardi? A spiegarlo è Michele Munafò di ISPRA che da anni si occupa di curare il Rapporto annuale emesso dall’Istituto sul Consumo del Suolo.

«L’Emilia-Romagna è una delle Regioni dove si registra un più elevato consumo del suolo e inoltre, per la sua particolare conformazione, è anche uno dei territori ad alto rischio idraulico. Il problema è anche che, quando si è costruito in zone non adatte, si può compromettere anche la sicurezza delle persone come è successo. Abbiamo visto, nei media, edifici che si trovano a ridosso degli argini dei fiumi, ma abbiamo anche capito quanto importante sia la cura del territorio e dei fiumi».

I rischi di un’eccessiva cementificazione

E anche se l’Emilia-Romagna si è dotata di una propria legge regionale per fronteggiare il consumo del suolo ancora troppe eccezioni “giustificano” l’abuso di cemento. Se consideriamo poi la crescita della cementificazione di tutti i comuni italiani, Ravenna, con 68 ettari di consumo di suolo in più rispetto al 2020, è preceduta solo da Roma. Ma tra gli altri comuni con più consumo viene citato anche Reggio nell’Emilia, con circa 35 ettari in più. I numeri della cementificazione parlano chiaro e Bologna è la città emiliana che al 2021 ha la maggiore superficie costruita, con +32.981 ettari.

«In generale, la situazione che abbiamo fotografato e riportato nel Rapporto ISPRA SNPA 2022 fa emergere una situazione critica a livello nazionale. Abbiamo constatato – ha spiegato Munafò – che il consumo di suolo invece di rallentare, tende ad accelerare, toccando nel 2021 il valore più alto degli ultimi 10 anni e sfiorando i 70 km2 di nuove coperture artificiali in soli dodici mesi, pari a circa 19 ettari al giorno. “Un incremento che ci allontana ulteriormente dall’obiettivo di azzeramento, facendo perdere al nostro Paese 2,2 metri quadrati di suolo ogni secondo».

L’espansione delle città e le sue trasformazioni collaterali rendono il suolo impermeabile e questo provoca:

  • aumento degli allagamenti
  • aumento delle ondate di calore
  • perdita di aree verdi, di biodiversità e dei servizi ecosistemici,
  • danni economici (circa 8 miliardi di euro l’anno).

Le zone più critiche sono:

  • periferie delle città dove si registra un elevato incremento di superficie artificiale.
  • aree nei pressi delle infrastrutture (consumo del suolo che procede con l’aumento spazi sempre più ampi da dedicare alla logistica)
  • zone pianeggianti e lungo le coste dove i valori immobiliari sono più elevati e a scapito di suoli precedentemente agricoli.

Il 25% dell’intero suolo consumato a livello nazionale è rappresentato dagli edifici (5.400 km2) che continuano ad aumentare costantemente (+1.125 ettari nel 2021). Ma un altro dato che ci deve far ragionare riguarda la stima che oltre 30.000 ettari di superficie nazionale occupata da edifici siano non utilizzati e degradati. «Si tratta – rileva Munafò – di una superficie pari all’estensione di Milano e Napoli che potrebbe essere riutilizzata, evitando di consumare nuovo suolo e riducendo allo stesso tempo situazioni di degrado». Siamo nell’era della transizione verso fonti rinnovabili e un’altra forma di consumo, sicuramente meno impattante e irreversibile rispetto alla costruzione di edifici e infrastrutture ma che comporta comunque un impatto sul suolo e su parte delle sue funzioni, riguarda proprio l’installazione di impianti fotovoltaici a terra. Le fonti ISPRA riportano che oltre 17.500 ettari di suolo sono occupati da questo tipo di impianti, in modo particolare in Puglia (6.123 ettari, circa il 35% di tutti gli impianti nazionali), in Emilia-Romagna (1.872 ettari) e nel Lazio (1.483 ettari). Gli scenari futuri previsti per la transizione energetica verso le fonti da energie rinnovabili prevedono un importante aumento nei prossimi anni di questa tipologia di consumo, stimato in oltre 50.000 ettari, circa 8 volte il consumo di suolo annuale. Non sarebbe il caso allora di indirizzare le amministrazioni a sfruttare gli edifici e i fabbricati già esistenti, riducendo così il consumo della risorsa suolo? Ogni azione di adattamento e di mitigazione è importante se viene condotta con una concreta prospettiva di sostenibilità ambientale e di conservazione mettendo al centro l’azzeramento del consumo del suolo

Storica, saggista e specialista in comunicazione ambientale. Parte sempre dalla catalogazione di fonti autorevoli per ottenere dati e informazioni attuali che poi rielabora per offrire contenuti divulgativi a prevalente valenza sociale e ambientale. Catalogare e selezionare per lei sono la premessa essenziale per il riconoscimento di un valore che è il fondamento della conoscenza. Ha competenza più che trentennale nella ideazione di progetti formativi, divulgazione e disseminazione di progetti scientifici. Conta su un ampio raggio di relazioni maturate in ambito scientifico, tecnico e istituzionale che avallano i suoi contenuti e forniscono spunti per ulteriori approfondimenti. Crede nell'importanza della conoscenza e nella condivisione di esperienze e saperi. Ama la montagna e passeggiare nei boschi.