Adattarsi al clima: le città cambiano colore
Le aree urbane risentono più delle aree rurali del surriscaldamento globale. Il cosiddetto “effetto isola di calore” può aumentare le temperature di 4-5 gradi centigr
Il clima cambia e le tecniche di coltivazione rispondono mettendo al centro, socialità, conoscenza e tecnologia. L’impegno del Gruppo Unipol con Life Ada.
L’alluvione che a settembre si è abbattuta nei territori marchigiani ha ulteriormente confermato quanto il nostro Paese rientri fra le aree europee più vulnerabili agli impatti attesi dai cambiamenti climatici. Uno studio condotto dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac), pubblicato su Atmospheric Research, ha confermato l’esistenza di specifiche aree maggiormente interessate da tornado di forte intensità: una di queste è rappresentata dalle regioni centrali che si affacciano sul Tirreno (il Lazio, in primis); altre zone particolarmente colpite in Italia sono le regioni sud-orientali (Puglia e Calabria) e la Pianura Padana.
Dall’analisi della Coldiretti su dati Eswd (Banca Dati Europea sui Fenomeni Meteorologici Locali e Violenti) e Isac Cnr (Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima), l’esplosione degli eventi estremi nel 2022 ha provocato danni che in agricoltura superano già i 6 miliardi di euro dall’inizio dell’anno, pari al 10% della produzione nazionale. Sono eventi che impongono una riflessione che riguarda i modelli di gestione del territorio e quelli propri del settore agricolo. E anche se la nostra agricoltura italiana è relativamente poco produttiva e con forti differenze tra regioni, in tempi difficili è sempre stata in grado di sostenere anche le fasce più deboli della popolazione. Sono proprio gli aspetti sociali ed etici del settore agricolo che oggi stanno acquisendo sempre più importanza.
L’agricoltura sociale, che da un punto di vista storico comincia a inizio Novecento nei Paesi scandinavi, ha ottenuto in Italia una sua definizione ufficiale solo con la legge 141 del 2015 “Disposizioni in materia di agricoltura sociale” e con il decreto ministeriale 12550/2018. Con quest’ultimo in particolare si è dato un avvio concreto alle procedure di riconoscimento e promozione di questo modello ancora non molto conosciuto nel nostro Paese, attraverso una definizione delle sue caratteristiche e la costituzione di registri degli operatori impegnati in questa attività. «Per agricoltura sociale si intendono le attività esercitate dagli imprenditori agricoli e dalle cooperative sociali dirette a realizzare inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità o svantaggiati, prestazioni e attività sociali e di servizio di inclusione sociale e lavorativa; servizi che supportano terapie mediche, psicologiche e riabilitative. Sono compresi progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità e alla diffusione della conoscenza del territorio». L’agricoltura sociale si identifica quindi con un insieme di pratiche agricole innovative che hanno una funzione a prevalente carattere inclusivo. Sono iniziative che si basano su sinergie tra settore primario e terziario, servizi sociosanitari pubblici ed enti assistenziali, come associazioni, cooperative e Onlus.
Secondo il rapporto del CREA (Centro di ricerca Politiche e Bio-economia dedicato alle filiere agroalimentari, vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali) realizzato nell’ambito del Programma Rete Rurale Nazionale 2014-2020 per il Piano di azione biennale 2019-2020, l’agricoltura sociale rappresenta un’interessante opportunità per le imprese agricole che possono anche diversificare le loro attività. Ecco gli orti sociali, le fattorie didattiche, gli agriasili e le scuole dedicate ai più giovani per indirizzarli ad amare la natura e altre attività di educazione, le attività assistenza agli anziani e quelle dedicate all’inserimento lavorativo che si basano sul settore agricolo. Sono risposte concrete a bisogni sia pubblici che privati e a utenze che, visti i tempi difficili, stanno crescendo. Ma nel comparto agricolo si stanno definendo anche altre azioni in grado di fronteggiare la crisi economica e ambientale. Se ci pensiamo bene il primo settore direttamente coinvolto dagli effetti dei cambiamenti climatici, è proprio l’agricoltura. Per questo vanno rafforzate anche le relazioni tecnico scientifiche sostenendo reti virtuose in grado di favorire lo scambio proficuo di conoscenze che riguardano progetti, strumenti e tecnologie innovative in ambito agricolo per la prevenzione e la mitigazione dei danni causati da eventi estremi. L’Unione Europea riconosce il ruolo fondamentale delle aree rurali in Europa e per questo la vocazione solidaristica dell’agricoltura va stimolata anche in questo senso. Comunità, ambiente e coinvolgimento devono procedere di pari passo. L’obiettivo è creare zone rurali sempre più connesse e quindi più forti e resilienti.
Ma le imprese agricole necessitano di linee guida e strumenti utili da un lato a costituire un’agricoltura resiliente, e dall’altro a mettere in atto azioni per la protezione dell’ambiente. Il progetto LIFE ADA che sta per Adaptation in Agricolture unisce competenze di diversi settori per aumentare la resilienza del settore agricolo. Imprese, associazioni, enti di ricerca, economisti, istituzioni lavorano insieme su questo progetto che conta su un quasi 2 milioni di euro di cui circa la metà cofinanziata dall’Unione europea. Destinato alle filiere del Parmigiano Reggiano e dei prodotti lattiero caseari, del vino e dell’ortofrutta, il cuore del progetto è la regione Emilia-Romagna ma si estende in Toscana, Lazio e Veneto. Conoscere i rischi idrogeologici e saperli gestire significa adottare nel settore agricolo strumenti specifici di mitigazione che comprendono anche quelli offerti dal settore assicurativo. Ecco perché UNIPOL ne è il capofila. Al suo fianco ARPAE Emilia-Romagna, CIA agricoltori italiani, CREA, Festambiente, Legacoop Agroalimentare Nord Italia, la società Leithà e la Regione Emilia-Romagna.
Alla base del progetto stanno ricerca e analisi dell’ecosistema per identificare gli effetti del cambiamento climatico sulle risorse naturali e sugli animali e quindi aiutare le imprese agricole a mitigarne gli effetti grazie anche alla tecnologia. ADA vuole garantire in tre anni la riduzione dell’1% delle emissioni di Co2, del 2% delle emissioni di Nh3, del 5% del consumo di acqua, del 5% del consumo di energia oltre ad aumentare del 3% della resilienza degli abitanti alle inondazioni e un aumento del 17% della gestione sostenibile delle aree agricole. È questa una spinta importante volta a sollecitare l’avvio di altre iniziative affinché il comparto agricolo possa aumentare efficienza ed efficacia nel contrastare i cambiamenti climatici. Il clima cambia e l’agricoltura deve essere pronta a rispondere mettendo al centro socialità, accoglienza, solidarietà che sono gli ingredienti base per la condivisione dei saperi e l’individuazione di nuove soluzioni che vanno diffuse.