L’economia rigenerativa è il nuovo paradigma

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L’economia rigenerativa è il nuovo paradigma

La sostenibilità va verso un sistema interdipendente costituito da componenti che creano condizioni favorevoli al fiorire della vita e alla felicità delle persone. Ecco come.

C’è la ricerca del benessere e della felicità. C’è la lotta alla crisi climatica. Ma c’è soprattutto, come strategia fondamentale, la promozione di quella che viene chiamata economia rigenerativa. Definita come un sistema interdipendente costituito da componenti che creano sistematicamente condizioni favorevoli al fiorire della vita e alla felicità delle persone.

Poggia su questi pilastri l’impegno che è stato sottoscritto a metà ottobre a Parma da una coalizione di imprenditori e organizzazioni internazionali in occasione di Regeneration 20|30, evento di presentazione della Regenerative Society Foundation che si occuperà di promuovere un dialogo multilaterale a livello globale sul tema dell’economia rigenerativa, allo scopo di farne il nuovo modello di riferimento per lo sviluppo economico.

Un nuovo paradigma

Il cambiamento corre veloce e sono in molti, prim’ancora che si sia affermata, a guardare già oltre la sostenibilità, identificando proprio nella rigeneratività il nuovo paradigma a cui ispirarsi per superare il modello economico tuttora dominante. Un modello che va rapidamente consegnato alla storia se, come umanità, vogliamo affrontare con almeno qualche chance di successo le molteplici crisi a cui questo stesso modello, estrattivo e ossessionato dal mantra della crescita a tutti i costi, ci ha portato: ultima in ordine di tempo, per ora, l’emergenza sanitaria Covid-19, prima fra tutte per gravità l’emergenza climatica.

Tra sostenibilità e rigeneratività non esiste evidentemente contrapposizione ma affinità, si rema cioè dalla stessa parte. Tuttavia la differenza esiste ed è importante, perché in estrema sintesi la rigeneratività sposta l’asticella ancora più in alto rispetto alla sostenibilità. O, se si vuole, la precede. Nel senso che la sostenibilità, cioè “assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”, come affermava la Commissione Bruntland, non è più sufficiente per rimettersi in carreggiata. Le disfunzioni del modello di sviluppo dominante hanno infatti creato danni di tale portata, dalla crisi climatica alla crescita delle disuguaglianze economiche e sociali (rese massimamente evidenti e purtroppo esacerbate dalla pandemia Covid-19), che occorre fare il possibile prima di tutto per riparare quei danni. Rivitalizzare persone, ambienti, economia. Ricostruire le condizioni che permettono uno sviluppo equilibrato in senso sociale, ambientale ed economico. Rigenerare, appunto: “Riportare a una precedente condizione di efficienza, integrità“.

All’evento di Parma sono intervenuti relatori del calibro del professor Jeffrey Sachs, il “padre” degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Global Goals, o SDGs nell’acronimo in inglese) che lo scorso settembre hanno celebrato i cinque anni dal lancio, il quale co-presiede la Regenerative Society Foundation insieme ad Andrea Illy, presidente di Illycaffè, una delle aziende italiane che costituiscono l’anima dell’iniziativa insieme ad esempio a Gruppo Chiesi, Mutti, Banca Mediolanum, con partner istituzionali fra cui Asvis-Alleanza italiana per lo Sviluppo sostenibile, la Pontificia Accademia delle Scienze sociali, Enea, Fondazione per lo Sviluppo sostenibile (che di recente ha lanciato, insieme all’Ambasciata Britannica a Roma, la campagna italiana di Race to Zero per la neutralità climatica in vista della COP26 di novembre 2021), il sistema B Corp, il Sustainable development Solutions Network delle Nazioni Unite. L’obiettivo è definire una roadmap per produrre entro il 2030 cambiamenti reali e tangibili, cominciando dalle organizzazioni aderenti: si parla di riduzione delle emissioni di CO2, di investimenti in tecnologie low-carbon, di promozione del benessere dei dipendenti sulla base dell’equità, dell’inclusione, del rispetto. E poi ci sono gli obiettivi su cui richiedere l’azione dei governi e delle organizzazioni internazionali: impegni climatici nazionali più ambiziosi, spinta alle energie rinnovabili, fine dei sussidi alle fonti fossili di energia entro il 2025 e delle auto a benzina e diesel entro il 2030, disinvestimento dai combustibili fossili e aumento degli investimenti nella green economy.

Alla ricerca della giustizia climatica

Quello di Parma è stato un appuntamento importante ma non certo il primo né l’unico, specie negli ultimi tempi, in cui i principi e i concetti dell’economia rigenerativa sono stati messi al centro del discorso. Il grande evento di fine novembre di Economy of Francesco, ad Assisi (un evento digitale, dove Assisi ha ospitato la regia e le sessioni principali), è stato un altro di questi appuntamenti. E basta leggere la dichiarazione finale dell’evento, firmata dai “giovani economisti, imprenditori, change makers del mondo” che hanno animato la tre giorni fortemente voluta da Papa Francesco, per capire come la lingua parlata sia la medesima: al centro dell’attenzione si pongono la necessità di rallentare la corsa sfrenata che sta asfissiando la terra e i più deboli, la giustizia climatica e la custodia dei beni comuni, il lavoro dignitoso per tutti; e poi anche l’abolizione immediata dei paradisi fiscali, la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali, le pari opportunità e la valorizzazione del talento femminile, l’istruzione di qualità; infine, il sostegno agli imprenditori che innovano nel senso della sostenibilità ambientale, sociale, spirituale e manageriale. Riflessioni simili si ritrovano nella lettera indirizzata al pontefice, nell’imminenza di Economy of Francesco, dalle realtà aderenti al Patto delle Imprese per una Terza Economia. Come pure nel Manifesto di Assisi per un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica, promosso da Fondazione Symbola.

Com’è evidente quello dell’economia rigenerativa è un approccio profondamente intrecciato ad altri che da anni sono saliti alla ribalta come proposte alternative tese a modificare radicalmente, per non dire a rivoluzionare, il modello di sviluppo dominante: economia circolare, impact economy, purpose economy, stakeholders’ economy, economia della felicità, well-being econo​my, decrescita felice, economia della ciambella. Non è certo un caso che al grande evento di Assisi siano intervenuti come relatori, oltre allo stesso Jeffrey Sachs, personaggi simbolo a livello mondiale di questi approcci alternativi, quali il “padre” del microcredito, il premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus, l’ambientalista Vandana Shiva, il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, l’economista Mariana Mazzucato, Pedro Tarak (co-fondatore di Sistema B e ambasciatore del movimento B Corp) e l’economista Kate Raworth, ideatrice del modello dell’economia della ciambella. Che di recente la città di Amsterdam ha deciso di sperimentare concretamente per sostenere in senso trasformativo la ripresa post-Covid.

Ecco, la pandemia. A questo traumatico evento guarderemo forse nei prossimi anni come a quello che obbligò l’umanità ad acquisire, a carissimo prezzo, la definitiva consapevolezza del fatto che​ questa volta davvero non c’era alternativa, in senso però esattamente contrario a quanto con tale espressione (“There Is No Alternative”, altrimenti detta “sindrome di T.I.N.A.”) si è voluto far credere per troppo tempo. Che era giunta l’ora di abbracciare su scala globale l’approccio rigenerativo per plasmare un altro modello di sviluppo non più solo possibile ma urgentemente necessario.

Giornalista, blogger, storytweeter. Laurea alla Bocconi. Da metà anni ’90 segue il dibattito sui temi di finanza sostenibile, csr, economia sociale. Blogga su mondosri.info. Homo twittante.​​​​