Come allungare la vita ai vestiti

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Come allungare la vita ai vestiti

L’obbligo di raccolta differenziata della frazione tessile urbana compie un anno. Abbiamo imparato cosa fare dei capi che non ci servono più, che non vogliamo vendere o che non sono in condizione di essere riusati?

La transizione ecologica e l’attuazione di modelli di economia circolare sono processi che richiedono l’azione di tutti i soggetti della società: enti pubblici, istituzioni, aziende e cittadini. Tra i settori industriali che negli ultimi anni hanno iniziato la propria rivoluzione vi è il comparto della moda e del tessile al quale, secondo i dati ONU, è ascrivibile il 10% circa delle emissioni globali di carbonio. Pensate che i cittadini europei consumano, ogni anno, quasi 26 kg di indumenti e di capi tessili e ne smaltiscono circa 11 kg. È quindi necessario un cambio di paradigma sia a livello istituzionale sia da parte delle aziende e delle persone, perché ognuno di noi – partendo dalla scelta di capi più durevoli, passando all’acquisto di prodotti usati sino ad una corretta ed efficiente raccolta differenziata – può davvero fare la differenza.

Impatto del settore e obiettivi europei

A tal proposito l’Europa ha fissato obiettivi molto ambiziosi: dalla raccolta differenziata del tessile (in Italia già in vigore dal 1° gennaio 2022) all’introduzione, annunciata anche nella Strategia dell’UE per prodotti tessili sostenibili e circolari, della responsabilità estesa del produttore con lo scopo di indurre gli operatori del settore tessile ad avere un approccio circolare nella realizzazione dei prodotti.

È il documento stesso della Strategia UE a ricordare che i consumatori possono avere un ruolo attivo fondamentale nel successo della conversione ecologica del settore. Basti pensare alla diffusione del cosiddetto “fast fashion” – ovverosia l’acquisto massiccio di capi low cost e di scarsa qualità – che ha causato un incremento della produzione tessile mondiale, per capire come le abitudini di consumo possono incidere sul raggiungimento degli obiettivi. Tante sono le azioni che possono essere fatte, dall’acquisto più consapevole dei capi al tentativo di allungare loro la vita: ecco alcune buone pratiche che potreste iniziare (o coltivare) sin da subito, ricordandoci che il miglior rifiuto è sempre quello che non viene prodotto.

I nostri capi meritano una seconda opportunità!

Cosa può fare ognuno di noi? Acquistare in maniera più consapevole, prendersi cura dei propri capi, rimettere in circolo abiti e complementi d’arredo tessili ormai non più utilizzati. Tutto ciò significa dare attuazione concreta agli obiettivi di economia circolare del tessile nel nostro armadio e in casa. È la stessa Commissione Europea a sottolineare che «prolungare la vita dei prodotti tessili è il modo più efficace per ridurne significativamente l’impatto sul clima e sull’ambiente». Sta a noi tutti quindi provare a scegliere capi che garantiscano qualità e durevolezza così che gli stessi possano essere utilizzati «più a lungo favorendo nel contempo modelli commerciali circolari quali il riutilizzo, il noleggio e la riparazione, i servizi di ritiro e il commercio al dettaglio di seconda mano, creando nel contempo opportunità di risparmio per i cittadini».

La seconda vita dei capi (e degli accessori)

Se, fino ad oggi, per molti di noi l’esistenza degli abiti e degli accessori si limitava alle fasi “acquistare-usare-gettare via” va sottolineato che questo modello di economia lineare è ormai superato. È possibile, infatti, immaginare una specie di armadio condiviso. Come? Ecco alcune idee.

Vi è mai capitato di avere in agenda un importante evento o un ricevimento, aprire l’armadio ed esclamare: “non ho nulla da mettermi?”. La scelta più sensata potrebbe essere quella di evitare l’acquisto di un nuovo abito o accessorio. Oggi non è più un tabù chiedere ad amici e parenti se hanno un abito da cerimonia – probabilmente messo una volta o due – da prestare. Vi sono poi negozi – incluse alcune grandi marche – che hanno iniziato a noleggiarli (abiti da sposa inclusi). Se ormai il noleggio di un’auto o di un paio di sci è un comportamento entrato a far parte della normalità perché non farlo anche quando avete bisogno di un capo (accessori inclusi) che forse mettereste una sola volta evitando quindi un grande spreco economico e di spazio? Non l’avete mai fatto e vi sembra strano? Pensate che invece, in questo ambito, sareste lontani dall’essere considerati dei precursori: come evidenziato dalla ricerca di Allied market, il noleggio di abbigliamento online raggiungerà un business di ben oltre 1,9 miliardi di dollari entro il 2023.

L’altra buona pratica che può essere attuata da ciascuno di noi è quella di dare valore all’usato. Oggi sono molti i negozi second hand che hanno sezioni intere dedicate solamente a capi di qualità. Basta una visita per comprendere come si possa trovare veramente di tutto a partire dal vintage – per il quale esistono negozi specializzati – sino ad una selezione mirata di capi firmati. Un’ottima soluzione per allungare la vita ai nostri abiti, ridurne l’impatto ambientale e recuperare spazio nei nostri armadi!

Fare la differenziata del tessile e dell’abbigliamento

Cosa fare dei capi che non ci servono più, che non vogliamo vendere o che non sono in condizione di essere riusati? La buona notizia è che compie un anno proprio il 1° gennaio 2023, l’obbligo introdotto in Italia di raccolta differenziata della frazione tessile urbana e tale novità ha dato un’accelerazione alla presenza sul territorio di centri di raccolta e di cassonetti dedicati. Come si può leggere nel rapporto Rifiuti Urbani 2021 dell’Ispra, in Italia, nella raccolta differenziata la quota del tessile ricopre solo lo 0,8% del totale pari, in media, a 2,19 kg/pro-capite (ricordiamoci che il dato europeo parla di 11 kg a testa l’anno, quindi solo una piccola parte finisce nella differenziata), con un gap importante tra le diverse regioni e tra Nord e Sud. Il dato si riferisce al periodo antecedente all’entrata in vigore dell’obbligo della raccolta differenziata di questi prodotti e giustifica la scelta attuata dall’Italia di anticipare l’introduzione di tale obbligo rispetto al termine indicato dalla normativa europea (2025).

Cosa si può gettare nei cassonetti (solitamente di colore giallo)? Forse non tutti sanno che, di regola, si può conferire qualsiasi capo di abbigliamento, accessori o manufatti tessili. In questo elenco rientrano anche la biancheria intima, le scarpe, le borse, ma anche lenzuola, tende o tappeti. Sono strappati? Non è un problema: stiamo infatti parlando di raccolta differenziata e non di donazione per beneficenza! L’importante è che tutto ciò che viene conferito sia pulito (da evitare quindi uno straccio impregnato di grasso) e sia riposto in buste chiuse per salvaguardare i capi dall’eventuale contaminazione provocata da chi avesse erroneamente conferito qualcosa di sporco o maleodorante. La frazione merceologica così raccolta verrà portata agli impianti di trattamento ed i capi riutilizzabili verranno separati da quelli, invece, destinati al riciclo dei materiali (motivo per il quale potete buttare pure un capo lesionato). Dal recupero della materia prima si ricavano, per esempio, pezzami industriali, materiali fonoassorbenti, imbottiture o si recuperano i filati come, un tempo, facevano i cosiddetti “cenciaioli”. Tutto ciò consente di ridurre la frazione che andrà a smaltimento.

Specializzata su temi ambientali e sui new media. Co-ideatrice del premio Top Green Influencer. È co-fondatrice della FIMA e fa parte del comitato organizzatore del Festival del Giornalismo Ambientale. Nel comitato promotore del Green Drop Award, premio collaterale alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2018 ha vinto il prestigioso Macchianera Internet Awards per l'impegno nella divulgazione dei temi legati all'economia circolare. Moderatrice e speaker in molteplici eventi, svolge, inoltre, attività di formazione e docenza sulle materie legate al web 2.0 e sulla comunicazione ambientale.