Debito ecologico contro debito estero
Avete mai sentito fare ragionamenti sul debito ecologico? Per fortuna qualcuno che li fa c’è. «Dovete lavorare su questa parola: il debito ecologico». A dirlo è stato Papa Fr
Produrre energie rinnovabili dall’agricoltura è una soluzione possibile per fronteggiare la crisi energetica. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ha dato una spinta a un settore complesso e spesso sconosciuto.
Il caro bollette ci preoccupa e l’energia è scarsa e non va sprecata. Oggi il costo della fattura elettrica dipende per l’85% dal prezzo di energia fossile importata (fonte Pianeta PSR numero 112 aprile 2022 Per migliorare l’autonomia energetica è quindi necessario aumentare la produzione domestica e/o diminuire i consumi energetici. Il conflitto in Ucraina ha posto al centro del dibattito la vulnerabilità del sistema energetico europeo e italiano, strettamente legati all’importazione da Paesi terzi (77,5% di energia importata in Italia e 60,5% media UE-27 (fonte: The European House – Ambrosetti, 2022). Il bisogno urgente di rendere l’Italia più autonoma dal punto di vista della produzione, porta le energie rinnovabili al centro di nuovi scenari. Il nostro settore agricolo zootecnico e forestale è un patrimonio in grado anche di sviluppare un’innovativa filiera energetica e sostenibile.
Si parla di agroenergie riferendosi alle fonti di energia potenzialmente ricavabili dai processi agricoli. Oltre a essere rinnovabili e versatili, sono fonti che contano su ampia disponibilità di materia prima proveniente da scarti di lavorazione, sottoprodotti, residui, reflui zootecnici, colture dedicate. Ma quando si parla di agroenergie si tende a pensare solo alla biomassa riferendosi alla produzione di carburanti biologici o biofuel come il biobutanolo e il bioetanolo. In realtà le agroenergie comprendono anche legname, liquidi di scarto degli allevamenti oltre a varie metodologie e strumenti per risparmiare energia. Attualmente proprio gran parte delle attività agricole richiedono l’investimento di grandi quantità di energia ad esempio per le serre, il trasporto, i macchinari, la conservazione e trasformazione dei prodotti, l’irrigazione. Secondo gli studi di Agroener (progetto approvato dal Masaf nel 2016) l’energia prodotta in Italia dalle imprese del settore primario è in grado di soddisfare quasi il 50% dei consumi di fonti rinnovabili e l’8,7% di quelli totali. Per sfruttarne meglio il potenziale si deve investire in ricerca e innovazione. Vanno individuate e affinate ad esempio tecnologie capaci di garantire in tempi brevi ricadute efficienti e misurabili ma anche sostenibili dal punto di vista ambientale oltre che economico.
La strategia di miglioramento deve essere comune perché il comparto è complesso per vari motivi come le origini diverse delle materie prime riutilizzabili (impresa agricola, agroindustria, impresa zootecnica, impresa forestale, biomasse della gestione del verde pubblico o delle aree boschive); le diverse tipologie utilizzabili (colture erbacee, biomasse legnose, sottoprodotti, effluenti zootecnici); le tecniche di trasformazione basate su processi molto diversi fra loro (biogas, energia termica, energia elettrica). Lo slancio a iniziative di sviluppo delle agroenergie è sostenuto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) attraverso investimenti diretti e semplificazione delle procedure di autorizzazione. Per chi si chiede se è possibile coniugare l’innovazione alla sostenibilità, nelle agroenergie il percorso per ottenere risultati è iniziato da tempo ma molto c’è ancora da fare.
Si pensi per esempio al biogas: sono infatti diverse le situazioni in cui enti, cittadini e organizzazioni del territorio manifestano paure e denunciano criticità rispetto ai progetti presentati spesso anche a causa anche di una errata informazione. E siccome il benessere nostro e dei territori sono fondamentali, la ricerca deve procedere e dare indicazioni. Il Governo promuove lo sviluppo del biometano (definito ancheBioSNGo Gas Naturale Rinnovabile) favorendo la realizzazione di nuovi impianti e la riconversione di impianti di biogas agricoli esistenti (vedi il Nuovo decreto biometano pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 251 del 26.10.22). Il biometano assume particolare interesse perché le sue caratteristiche sono le stesse del metano di origine fossile: può essere immesso nelle reti esistenti di distribuzione del gas naturale ma anche utilizzato nei trasporti o nel trattamento di scarti agricoli e dell’industria agroalimentare. Deriva dalla decomposizione della sostanza organica grazie all’azione di microrganismi che, come prodotto della digestione dei rifiuti organici, liberano biogas. Il suo impatto ambientale si riduce se vengono valorizzati residui e sottoprodotti delle attività agricole e dell’allevamento, se si inserisce all’interno di una “filiera corta” e se viene impiegato in buona percentuale dall’azienda che lo produce. Le modalità di assegnazione dei 1,7 miliardi di euro di investimenti a disposizione dovranno quindi essere destinanti a migliorane i processi e verificarne gli impatti secondo chiari e precisi criteri di sostenibilità.
Secondo il Consorzio Italiano Biogas (CIB) l’Italia è il secondo Paese in Europa per la produzione di biogas e il presidente Piero Gattoni evidenzia che «oggi sono oltre 2000 impianti biogas, 80% dei quali sono agricoli, per una produzione pari a circa 8 TWh, con i quali si potrebbe, ad esempio, fornire energia elettrica all’illuminazione pubblica di tutta Italia durante la notte». Anche le aree marginali inadatte alla coltivazione di colture alimentari, oltre ai terreni forestali e a scarti di potatura forniscono biomasse. La biomassa legnosa copre una grossa quota di domanda di calore soprattutto nella regione alpina che può raggiungere anche il 90% per i piccoli comuni nelle Alpi dove le persone da sempre usano ed useranno questa risorsa. (Fonte: Progetto Interreg Alpine Space). Ma la combustione di biomassa legnosa può comportare aspetti critici e criminali come la deforestazione, attività illecite nella filiera degli approvvigionamenti, rilascio di quantità di emissioni di particolato atmosferico, idrocarburi policiclici aromatici e composti organici volatili dannosi per noi e l’ambiente.
Quindi anche qui sono necessari studi e linee guida precise a tutela dei consumatori oltre che dei produttori. Altra fonte rinnovabile di bioprodotti utilizzabili in agricoltura e in ambito industriale sono gli oli vegetali che grazie alle loro caratteristiche chimico fisiche (alta viscosità e punto di infiammabilità, bassa tossicità ed elevata biodegradabilità) rappresentano una alternativa sicura ed eco sostenibile agli oli minerali. (fonte AGROENER Terra e Vita n. 36 del 30 novembre 2022). L’impegno comune è che entro il 2030 il settore dovrà garantire pratiche non solo resilienti ma anche volte a contribuire alla produzione di energia migliorando i propri consumi energetici e idrici. Le soluzioni sono molte e le esperienze vanno condivise. Dall’installazione di pannelli solari per la produzione di energia termica a quelli fotovoltaici su tetti di fienili, stalle e depositi; dalle caldaie a biomasse per il riscaldamento di serre, all’ elettrificazione di macchine e trattori, all’agricoltura di precisione, sensoristica, sistemi innovativi per raccogliere acqua.