Verso un recupero integrato

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Verso un recupero integrato

I progetti di riqualificazione urbana devono sempre più tenere conto delle istanze provenienti dall’intera comunità in un approccio quanto più corale e collaborativo. L’intervento al Festival dello sviluppo sostenibile 2020 ASviS.

I progetti di riqualificazione urbana devono sempre più tenere conto delle istanze provenienti dall’intera comunità in un approccio quanto più corale e collaborativo. L’intervento al Festival dello sviluppo sostenibile 2020 ASviS.

​Il recupero fine a se stesso, dal punto di vista architettonico, non basta. Quando  ci si accinge a realizzare un progetto di riqualificazione di un’area cittadina, industriale o residenziale che sia, è necessario adottare un approccio integrato che tenga nel dovuto conto tutti gli elementi costitutivi di un organismo complesso e vivo come una città, e in particolare tutte le istanze dei diversi stakeholder coinvolti.

Di certo in questi ultimi anni abbiamo assistito a un fenomeno positivo, ovvero alla crescente centralità delle politiche di riqualificazione. Siamo stati testimoni della realizzazione di grandi progetti di recupero – in particolare negli anni Ottanta e Novanta – incentrati sulla trasformazione di aree a vocazione commerciale e industriale in zone residenziali. Anche più di recente – si pensi al Progetto Culturability di Unipolis che ripensa luoghi ex produttivi trasformandoli in centri di aggregazione culturale – si è seguita la strada della “nuova destinazione di utilizzo”. Oggi, però, la vera sfida è rappresentata anche dal ridare vita a luoghi senza perderne la vocazione originaria. Si tratta di una scommessa non banale incentrata sull’idea di continuità. Il cambio di prospettiva è evidente e Unipol lo sta facendo proprio.

Non siamo soltanto una grande Compagnia assicurativa ma per la nostra storia anche una delle più importanti immobiliari d’Italia con un grandissimo patrimonio. Una delle sfide che ci accingiamo ad affrontare riguarda la riqualificazione di aree pensate per i servizi, come gli uffici, in una fase in cui l’idea secondo la quale queste attività sarebbero state ospitate in grandi torri è stata prepotentemente e all’improvviso messa in discussione dall’epidemia di Covid-19. Si capisce bene, quindi, come l’attività di ripensamento degli spazi da destinare al lavoro e il loro conseguente recupero non possa ridursi a un’attività che veda un solo soggetto coinvolto in una sorta di splendido isolamento. La sfida è troppo grande e necessita del coinvolgimento di tutti.

Non è un caso che i CRU, i Consigli regionali di Unipol nati per promuovere la missione sociale del Gruppo, siano incardinati nell’area “stakeholder management”: il costante coinvolgimento di tutti i portatori di interesse rappresenta la chiave di volta per non lasciare l’onere di processi virtuosi soltanto su un singolo soggetto. E questo è vero anche nel caso di interventi di riqualificazione urbana che sono in grado di generare grandi esternalità positive di cui, potenzialmente, potrebbe godere gran parte della comunità dell’area in cui sono realizzati. L’importante è adottare un approccio di distribuzione del valore. Le vecchie zone produttive non possono essere scollegate dal contesto in cui si collocano. Si pensi al recupero dell’area Expo nella prima periferia di Milano. Se non si sarà in grado di produrre vantaggi anche per i numerosi piccoli e medi imprenditori della prima periferia meneghina, un intervento di questo tipo potrebbe ridursi a una sorta di “cannibalizzazione del valore” piuttosto che rappresentare un’opportunità reale per il territorio.

Il Gruppo Unipol ha sperimentato nei suoi numerosi progetti di recupero urbano residenziale – penso a quello di Via Govoni a Roma ma anche al “Progetto periferie” incentrato su tre aree milanesi  – come sia centrale non perdere di vista le diverse dimensioni coinvolte in una determinata area. Lo stesso vale per la riqualificazione di aree industriali: non è sufficiente recuperare attività che garantiscano occupazione ma è anche, se non soprattutto, necessario gestire il trade-off fra lavoro, impatto ambientale, costo sociale. Per questo motivo è fondamentale adottare una  visione a lungo termine e integrata frutto di un costante confronto con gli amministratori locali, le categorie professionali, i cittadini. Ma non solo: bisogna essere in grado di far tesoro di esperienze positive provenienti da altre città e t​erritori. Riassumendo si sente un forte bisogno di un pensiero collettivo, di energia e competenza non di pochi ma di molti.

Il Festival dello sviluppo sostenibile, manifestazione organizzata dall’ASviS che quest’anno vede in cartellone oltre 600 eventi in tutta Italia, nel mondo e online, si svolge in contemporanea con l’Assemblea Generale dell’Onu che il 25 settembre 2020 celebra i cinque anni dalla firma dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Le date e il programma degli eventi ASviS sono disponibili a questo indirizzo.

Dal 2010 è Responsabile della sostenibilità Gruppo Unipol, dal 2018 è Direttrice della Fondazione Unipolis, ha vent'anni di esperienza sul tema sia come consulente che in impresa, a livello nazionale ed internazionale, oltre ad aver ricoperto per oltre quindici anni la carica di Segretario generale di Impronta Etica ed essere stata membro dell'Advisory Board del SAI per alcuni anni. Ha scritto numerosi articoli pubblicati su riviste o in collettanee, nonché i volumi Responsabilità Sociale ed Etica? (Ed Carrocci, marzo 2005); L'intervento pubblico per la promozione della Responsabilità Sociale d'Impresa: esperienze degli enti locali in Italia (Ed Maggioli, gennaio 2008); Siamo tutti stakeholder (Maggioli editore, novembre 2009); Obiettivo Comune (Edizione ambiente, 2014). Ha insegnato in diversi corsi universitari e post-universitari, oggi è Executive Director dell' Executive Master in "Sustainability and Business Innovation" alla Bologna Business School.