Che stress star bene!

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Che stress star bene!

Il tema del benessere psicofisico è all’ordine del giorno. Nelle nuove generazioni, ma non solo, si parla molto di fragilità e antifragilità, di come reagiamo e in quali altri modi potremmo reagire alle pressioni del mondo esterno. Nell’ultima puntata del progetto INKlusion abbiamo riflettuto su questi temi insieme a Giuliano Caggiano, psicologo del lavoro e delle organizzazioni, founder, partner e presidente di InContatto.

INKlusion è un progetto educativo che da cinque anni offre a studentesse e studenti delle scuole secondarie di secondo grado un’occasione per riflettere sulla diversità e lavorare su competenze fondamentali per l’inclusione, e fa parte dell’offerta di PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) del Gruppo Unipol.
Nell’ultimo webinar dell’edizione 2023-2024 abbiamo cercato di dare qualche spunto di riflessione utile per imparare a comprendere e gestire le emozioni di fronte alle situazioni più o meno note che ci troviamo ad affrontare nella vita.

Lo stress: che termine “scomodo”, solo evocandolo si pensa subito a qualcosa di negativo o tossico.
È proprio così?

Stress è un termine molto abusato. In realtà, stress è lo “sforzo” che facciamo tutti i giorni per fare le cose o gestire le pressioni che il mondo (e la vita) ci chiede e richiede.
Questa “tensione” che inevitabilmente si produce può dare luogo a condizioni opposte: da un lato troviamo l’eustress (eu, in greco significa “buono”), uno stress positivo, che ci induce a “reagire” al meglio alla situazione. Dall’altro, il distress – dal greco districtus, “stretto” e “oppresso” (per i marinai è il pericolo imminente che deriva dal mare) – che invece è la percezione di un pericolo. Il distress genera reazioni negative (frustrazioni) e può portare per esempio a reazioni fisiologiche (somatizzazioni), cognitive (bassa concentrazione/disattenzione), comportamentali (aggressività) ed emotive (stati di ansia).
Per rimanere sulla metafora del mare: andare in barca è impegnativo, quindi crea tensione (stress), ma può essere piacevole e stimolante (eustress). Al tempo stesso non possiamo controllare il mare e il vento, quindi possiamo ricevere dei segnali che ci fanno percepire un pericolo imminente (distress). Nella vita le sensazioni di pericolo imminente possono essere provocate da molte cose che dobbiamo affrontare nel quotidiano, ad esempio un esame o una prova. Arriva la paura. La reazione negativa porta a una condizione di distress, ad esempio con un attacco di ansia. Per tenere a bada l’ansia cerchiamo di trovare una soluzione, che spesso consiste nell’evitamento. Continuando ad evitare, non facciamo altro che aumentare l’ansia. L’attacco di ansia può diventare un disturbo d’ansia e sfociare in attacco di panico. Quindi il problema non è l’ansia, ma la tentata soluzione (l’evitamento).
Le pressioni esterne generano quindi stress, che però noi possiamo trasformare in energia positiva o negativa.

La sensazione di un pericolo imminente provoca paura, ma questo è un fatto normale, fa parte della natura umana e in fondo è un meccanismo di protezione.

Vero, ma qui vogliamo porre l’attenzione non sui pericoli reali che possono mettere a repentaglio la nostra incolumità, ma sui pericoli “percepiti”, soggettivi e spesso ricorrenti, che sono specifici del momento storico in cui viviamo e in particolare delle nuove generazioni. Ad esempio, la paura di non piacere, di non essere accettati o apprezzati dalle altre persone, di sbagliare o fallire (insuccesso), di non essere perfetti rispetto a quanto ci viene richiesto dal mondo esterno, di provare emozioni forti, di non essere noi stessi, di sentirci ingabbiati in una condizione che non ci appartiene. Sono tutte paure che oggi viviamo e che riguardano la sfera psicologica.

E quindi oggi siamo più fragili? Ma cos’è la fragilità?

Sì, ma questo non vuol dire che dobbiamo demonizzare la fragilità. Noi tutti siamo fragili per definizione, e la consapevolezza di questo è il primo passo per affrontare le difficoltà. Rispetto ai nostri ragionamenti la fragilità risiede nella nostra eccessiva e, in alcuni casi, errata certezza di poter prevedere in anticipo l’inaspettato e di credere nel nostro desiderio di controllo e ordine. Taleb, nel suo libro “Robustezza e Fragilità”, ci invita a scoprire il piacere di vivere in un mondo imprevedibile e dinamico. In tal senso, è importante prendere consapevolezza che, nelle situazioni complesse e anche imprevedibili della vita spesso desideriamo essere onnipotenti o resilienti, togliendoci, invece, l’opportunità di essere vulnerabili: solo attraverso la fragilità e la vulnerabilità, si crea lo spazio per scoprire il nuovo ed evolvere.

Avendo chiarito cos’è la fragilità, dobbiamo diventare tutte e tutti antifragili: come?

Innanzitutto, antifragile non è l’opposto di fragile. Anzi, il presupposto per essere antifragile è avere proprio il coraggio di essere fragile. Mi spiego meglio: riconoscendo la mia fragilità e vulnerabilità io posso accettare, per esempio, di vivere appieno una emozione come l’ansia, accoglierla e usarla in modo positivo, per evolvere e diventare una persona diversa, attivando nuove risorse.

E come possiamo fare per stare bene?

Intanto lo stare bene è una categoria soggettiva ed è molto legata alle fasi della nostra vita. In particolare, è molto difficile per le giovani generazioni, che sono costantemente “aggredite” da quelle sensazioni di pericolo imminente a cui abbiamo accennato prima.
Lo stare bene, inoltre, non è una condizione permanente, credere questo è già un problema, perché significa non riconoscere i pericoli, le difficoltà e le fragilità insite nella natura umana. Stare bene vuol dire essere consapevoli che, in noi stessi, coesistono le tre condizioni di stress, distress ed eustress, e talvolta si manifestano contemporaneamente.

Che consigli ti senti di dare in particolare alle giovani generazioni?

Innanzitutto, stare bene significa avere una condizione generale di vita buona e una buona salute fisica (personale e delle persone intorno a noi). Se questo non è possibile, è importante accorciare il tempo della frustrazione, del disagio e della rassegnazione, verso un principio di accettazione o adattamento. Poi, bisogna saper stare sul presente (qui e ora): vivere il momento senza pensare a ciò che è successo prima o a eventuali problemi, disagi, preoccupazioni che potranno assalirmi dopo.
Un aspetto da sottolineare è che tutto questo è allenabile.
Come dicevo prima, dobbiamo imparare che non possiamo controllare tutto e tutti: noi adesso stiamo conversando ma io devo accettare di non poter controllare i giudizi o i pensieri delle persone, per esempio
Un altro aspetto importante, che può sembrare scontato, è la condivisione con persone con cui ci troviamo bene, che genera un clima di fiducia e quindi di benessere.
Infine, stare bene non significa eliminare i pericoli. Il mondo è incerto e complesso per definizione, le emozioni e la fragilità interiore sono una condizione umana naturale. Stare bene significa vivere e affrontare le nostre emozioni (non cercare di evitarle), gestire quotidianamente pericoli e paure e sfruttarli a nostro vantaggio. Per crescere, prosperare ed evolvere, per fronteggiare pericoli e paure, bisogna avere il coraggio di essere fragili. Da qui si diventa antifragili.

Grazie Giuliano. Essere consapevoli di ciò che accade dentro di noi e affrontarlo è il primo passo per stare bene con noi stessi e con gli altri. Gli stati di benessere sono momentanei, è importante stare nel qui e ora, non si può pretendere di controllare sempre tutto.
Al tempo stesso comprendere le nostre emozioni e quelle delle altre persone, e condividerle, è un ulteriore importante passo verso l’inclusione.

Sono una donna curiosa, di cuore e sincera. Il mio essere eclettico mi ha spinto a viaggiare tanto, a fare cammini e a fotografare. Credo nella potenza delle connessioni, pur non essendo una social addicted. Nella vita personale e professionale cerco sempre di guardare oltre, come le giraffe, che da anni colleziono. Dopo una laurea in Economia in Bocconi e vari corsi e master post laurea in psicologia, abbraccio la famiglia HR di grandi Aziende. Una famiglia in cui credo e in cui c’è molto da fare, soprattutto nel mondo odierno ricco di stimoli e di generazioni. Da manager HR accetto la sfida di creare la nuova struttura di Diversity, Equity and Inclusion del Gruppo Unipol, che include le iniziative di welfare. Un modo per rimanere connessa alle persone e provare a soddisfare qualche loro bisogno.