Per chi suona la musica che nasce su Internet
Nell’estate di quest’anno si è toccato forse il punto di massima esposizione di una tendenza sonora nata originariamente nelle camerette di giovanissimi sperimentatori elettro
Gli italiani fino a 35 anni fanno un uso molto assiduo di questo device che si traduce, consapevolmente, in comportamenti critici e pesanti conseguenze psicologiche. La maggioranza è però contraria alle restrizioni. I risultati emergono dalla ricerca GenerationShip 2024-Smartphone e benessere mentale dei giovani di Unipol Changes realizzata da Kkienn.
Da qualche anno il tema del benessere mentale dei giovani è al centro dell’attenzione dei mezzi di comunicazione e delle opinioni pubbliche di tutto il mondo. Nel 2024 la discussione è stata rilanciata dalla pubblicazione negli Stati Uniti di The Anxious Generation, di Jonathan Haidt, uno studio organico che ha dimostrato che la diffusione dello smartphone è alla base dell’aumento delle patologie psichiche dei giovani in molti paesi nel mondo. Questa tesi ha rilanciato il dibattito scientifico sulle conseguenze dell’uso dello smartphone ed è stata ripresa da diversi media italiani.
L’Osservatorio sulle nuove generazioni di Unipol, GenerationShip, ha voluto contribuire alla conoscenza del fenomeno studiandolo dall’angolatura che le è propria, che è quella di ascoltare gli interessati, i giovani, chiamandoli a raccontare le loro esperienze e a riflettere insieme sul tema. Ecco cosa abbiamo raccolto attraverso una survey su un campione di 1518 persone: circa 900 giovani dai 16 ai 35 anni, oltre a circa 600 adulti dai 36 ai 74 anni, con i quali li abbiamo confrontati.
I giovani hanno un rapporto consolidato e assiduo con lo smartphone. Quasi tutti ne posseggono uno (91%). La grande maggioranza lo ha acquistato la prima volta o ricevuto in regalo dai familiari nel periodo del boom dello smartphone dal 2010 al 2019 (58%), solo il 10% ha iniziato negli ultimi 5 anni.
La storia dei ragazzi con lo smartphone è quella di un crescendo di interesse, che si è sviluppato in parallelo alle continue innovazioni del mercato: il lancio dei social, l’ampliamento esponenziale di nuovi servizi ed App, l’abbattimento delle tariffe telefoniche e dei prezzi dei device. Metà dei giovani (49%) ha reagito a questo ciclo di innovazioni aumentando progressivamente la attività svolte online e il tempo di collegamento. Solo un ragazzo su sei (16%) ha ridotto l’utilizzo, in ragione dei problemi generati dallo smartphone: l’assorbimento eccessivo di tempo, la percezione di dipendenza, l’ansia, lo stress.
Il punto di arrivo di questa evoluzione è la situazione attuale, con un giovane su cinque (21%) che dichiara un uso continuo dello smartphone («sempre o quasi sempre collegato») e un altro 43% ha un uso frequente ma non continuo, per un totale del 64% dei giovani. Il tempo trascorso sullo smartphone dai primi è di 6 ore al giorno o più, dai secondi di 4-5 ore.
Fra gli adulti i numeri sono più contenuti ma non di molto (56% di uso assiduo), solo fra gli anziani l’uso si riduce significativamente (43%).
L’utilizzo assiduo si traduce in numerosi comportamenti critici, che hanno effetti negativi sulla qualità della vita dei giovani. Il 90% segnala almeno una situazione problematica:
– l’uso prolungato (57%), non sempre per attività rilevanti, in alcuni casi la sera tardi o di notte, con la conseguente perdita del sonno;
– l’ansia da interazione (50%), generata dalla necessità di controllare continuamente messaggi e notifiche, dal timore continuo di non essere raggiungibili e di perdere opportunità importanti, o quello di non trovare lo smartphone e temere di averlo perso;
– la riduzione della socialità (40%): rinunciare alle uscite programmate, preferire le interazioni online a quelle faccia-a-faccia.
-la riduzione delle prestazioni (30%), a scuola, nel lavoro e nelle relazioni.
La difficoltà a mantenere un buon controllo sull’uso dello smartphone è particolarmente diffusa fra giovanissimi (16-22 anni)
Una fruizione così intensa dello smartphone si accompagna alla dipendenza, che i giovani, lungi dal nascondere, non hanno difficoltà a riconoscere.
Il 44% dei giovani dai 16 ai 35 anni (44%) si considera molto o abbastanza dipendente, contro un quarto degli adulti. A questi si aggiungono i ragazzi che si definiscono “un po’ dipendenti” (37%), per un totale pari all’81%, contro il 61% degli adulti. Una dipendenza epidemica ma consapevole. Fra giovani e gli adulti sono diversi anche i contenuti della dipendenza: per i ragazzi si tratta prevalentemente di social media, per gli adulti in egual misura di social e di messaggistica; per i ragazzi sono più importanti le app di intrattenimento, per gli adulti le notizie.
Anche il genere condiziona la relazione con lo strumento: le donne sono più dipendenti rispetto agli uomini. Le donne sono più attratte degli uomini dai social media e dai messaggi, gli uomini sono più attenti invece alle notizie, alle App di intrattenimento (Youtube, Netflix, ecc.), ai giochi, alle scommesse online, alla pornografia e all’Intelligenza Artificiale.
Le conseguenze della dipendenza dallo smartphone sono pesanti, soprattutto per i giovani. L’incidenza di forme di disagio psicologico, attuali o passate, dichiarate dagli utilizzatori è sistematicamente superiore fra i giovani rispetto agli adulti in ragione del 50% e anche più.
Per limitarci alle più gravi:
– riduzione delle capacità di concentrazione: 60% (contro il 37% degli adulti)
– problemi fisici, fra cui la perdita del sonno: 53% (contro il 37%)
– ansia e depressione: 51% (contro 32%)
– isolamento sociale: 50% (contro 35%).
I più colpiti sono i giovani adulti (28-35 anni), per i quali la dipendenza dallo smartphone sottende, oltre alle tensioni della giovane età, la competizione nel mondo del lavoro, le aspettative sociali di performance anche estetiche (soprattutto le donne), la sfida sempre più ardua di costruire una famiglia, l’incertezza del futuro.
A fronte di un impatto così importante e diffuso, la maggioranza dei giovani ritiene necessario “difendersi” dallo smartphone (53%) in modo da contenerne i rischi. Prevalgono, però, i toni prudenti (voto 7 ed 8), sono numerosi gli indecisi e ancor più i contrari, ma con toni moderati: la “difesa” dallo smartphone è una questione delicata. Il consenso cresce fino al 70% fra coloro che si considerano “molto dipendenti”.
Passare all’azione è difficile per tutti: il 90% ha introdotto qualche rimedio ma lo ha fatto concentrandosi sui soli comportamenti più sanzionati dal punto di vista sociale (uso dello smartphone in presenza di familiari e amici) o da quello legale (uso alla guida).
Pochi riescono coltivare l’autodisciplina necessaria a ridurre il tempo di collegamento e si tratta perlopiù di utilizzatori con una dipendenza contenuta. Non possiamo stupirci quindi del fatto che negli ultimi 12 mesi il tempo di utilizzo dei giovani (e delle donne) sia ancora aumentato.
La maggioranza degli italiani è contrario a restrizioni dell’uso dello smartphone: ognuno deve imparare ad autolimitarsi. Anche fra i giovani gli antiproibizionisti prevalgono, seppur di poco. Solo i Millennials junior e chi confessa una dipendenza forte dallo smartphone, ovvero i più colpiti dalle conseguenze psicologiche dell’abuso, sono in maggioranza proibizionisti.
La maggioranza degli italiani approva il divieto di usare smartphone alla guida e in classe ma lo rigetta negli altri casi. Le restrizioni sono giustificate dal rischio di arrecare danno a terzi: provocare incidenti e disturbare le lezioni e la didattica. Negli altri casi prevale la protezione della libertà individuale
Un uso non eccessivo e variato dello smartphone potrebbe essere la direzione da seguire per una quota elevata di persone, ma con poco entusiasmo: gli utilizzatori sanno che non sarebbe una passeggiata.
Il deterioramento del benessere mentale dei giovani è determinato da dinamiche profonde, di natura economica, sociale e culturale. Lo smartphone è una concausa da non sottovalutare ma non certo la spiegazione principale.
A giudizio degli italiani le cause maggiori vanno ricercate anzitutto nel declino economico del nostro Paese, che ha portato insicurezza economica, precarietà del lavoro, retribuzioni povere, incertezza sul futuro. A questi si aggiungono i fenomeni involutivi delle società occidentali nell’attuale fase storica: la competizione nel mondo del lavoro, la pressione per la performance, la difficoltà a bilanciare il lavoro e la vita privata, l’indebolimento dei legami nella famiglia e nella comunità, la crescente disuguaglianza fra i ceti sociali, il timore di catastrofi climatiche e belliche, la perdita di direzione e senso della vita.
In un quadro di questa portata, il ruolo dello smartphone è quello di essere un fattore di amplificazione di problemi, che hanno origine altrove. Si pensi, ad esempio, all’ambivalenza di questa tecnologia, che da un lato supporta il desiderio di visibilità dei giovani, necessaria per farsi strada e trovare un posto nella società, e che dall’altro restituisce loro la visibilità delle qualità, vere o fake, del resto del mondo, con il rischio di ciascuno si riconosca come meno adeguato, attraente e competitivo di quanto non sia, con conseguenti effetti di caduta dell’autostima, insicurezza e depressione.
La difesa del benessere mentale dei giovani passa attraverso un lavoro educativo difficile e tutto da costruire, di cui cominciamo solo ora a d intravvedere l’importanza e la portata.
Ascolta qui l’intervista a Massimo Di Braccio su Radio1 (dal minuto 14.30)