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I creativi non si sentono minacciati dall’intelligenza artificiale che sta rivoluzionando il settore dell’advertising. La ragione? Guarda al passato e non può empatizzare con il contesto presente.
L’Intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando il mondo della pubblicità. Ma con un impatto non drammatico sui processi creativi. Poiché, come concordano i vertici delle principali agenzie pubblicitarie, l’Intelligenza artificiale generativa è semplicemente un nuovo mezzo a disposizione di tutti, come lo sono stati le matite, i Mac o Photoshop. Grazie all’IA, insomma, nasceranno nuove figure professionali, con una creatività accresciuta soprattutto da nuove idee e dal maggiore tempo a disposizione per pensarle.
Un recente report di Ipsos su IA e pubblicità evidenzia bene come «i modelli di IA che valutano le campagne pubblicitarie vengono allenati su dati del passato. E quindi, in termini di creatività, potrebbero anche non essere in grado di giudicare bene il valore, l’efficacia, la reale innovazione. Con l’Intelligenza artificiale si frammentano la parte video e quella audio, frame dopo frame, avendo informazioni su caratteristiche oggettive della pubblicità, come i colori, lo scenario, la musica, le persone, gli animali presenti, ecc. E si verificano quali di esse siano presenti in campagne del passato di successo o meno. Questa può essere una base di partenza. Tali modelli, però, potrebbero non conoscere il contesto sociale appena mutato in termini di sensibilità su determinati temi come l’inclusione, il genere, la sostenibilità, l’impatto ambientale. La reazione degli esseri umani a una certa campagna può essere influenzata dal contesto, dalla empatia, dalle nuove idee che di continuano influenzano i gusti e fanno propendere le scelte verso un prodotto o servizio. Per questo i modelli di IA che valutano la pubblicità devono quindi essere arricchiti di elementi umani, di una carica di creatività, contesto ed empatia». Infatti, come ribadisce l’analisi di Ipsos, «la creatività, nel caso di una campagna pubblicitaria, può aggiungere straordinario all’ordinario: una campagna di bassa creatività e scarsa empatia toglie un 23% alla performance media; bassa creatività e alta empatia aggiungono un 4%; alta creatività ma bassa empatia tolgono un 10%; infine, alta creatività e alta empatia aggiungono un 20%». Se sul fronte creativo, quindi, l’impatto della Intelligenza artificiale generativa può essere limitato alla razionalizzazione dei costi e all’ aumento della produttività, in altri ambiti, come quelli ad esempio di pianificazione, budget, targeting, ottimizzazione della compravendita degli spazi pubblicitari, invece, le cose potrebbero cambiare radicalmente.
Fabrizio Piscopo, ex amministratore delegato, tra le altre, delle concessionarie Sky media, Rai pubblicità, Class pubblicità e Discovery media, sentenzia che «con l’Intelligenza artificiale cambierà tutto. Il venditore di pubblicità sta diventando una categoria in via di estinzione. Già nel 2016 in Rai avevamo lavorato con Salesforce per rendere automatici i processi dalla prenotazione alla messa in onda della pubblicità. In questi sei anni la rivoluzione è proseguita, e il venditore ha perso rilievo. D’altronde, anche gli agenti di cambio coi foglietti in Borsa non ci sono più». Quindi, che fine faranno le concessionarie? «Credo che tra pochi anni le concessionarie, per come le abbiamo viste fino adesso, non ci saranno più. Verranno sostituite da piattaforme tecnologiche – risponde Piscopo – gestite da ingegneri, esattamente come già accade in Meta o in Google. Da un lato una piattaforma coi prezzi della pubblicità, dall’altro centri media o clienti che acquistano il tutto. I 150 mila chilometri all’anno di viaggi in auto non li farà più nessuno, e d’altronde già adesso, con le videoconferenze, chi si sposta più?».
Grazie alle enormi masse di dati gestite dalla IA sarà molto più semplice valutare l’efficacia di una campagna: «La capacità delle tecnologie e delle piattaforme digitali di misurare con più precisione il famoso Roi- Return on investment e di raccogliere una grande quantità di dati utili – sottolinea Claudio Burchi, executive director di Pulse advertising Italia – sono elementi che spiegano l’importante incremento degli investimenti pubblicitari verso il digitale e i social».
Come confermano le ultime stime di PwC, l’utilizzo di modelli predittivi e di algoritmi basati sull’IA e il machine learning rappresenta una nuova frontiera per il settore del Digital Advertising grazie a uno straordinario aumento del volume di dati a disposizione e alle capacità di calcolo, che consentono alle concessionarie pubblicitarie di offrire una più efficiente ed efficace programmazione capace di arricchire il valore economico di ogni singolo spazio pubblicitario e con un match più preciso tra lo spot pubblicitario e gli interessi degli utenti raggiunti. L’utilizzo di tali strumenti ha introdotto significativi cambiamenti nei modelli di business dei player del settore Entertainment & Media. I tool basati sull’IA permettono non solo di rendere più efficace la creazione dei contenuti, ma consentono di gestire in modo più efficiente l’elevata mole di dati.
Secondo le ultime stime di PwC, la componente Data consumption di dati del web presenta un tasso medio di crescita annuo dal 2023 al 2028 del +25,2% e consente alle aziende di utilizzare al meglio le piattaforme di programmatic advertising per ottimizzare l’acquisto di spazi pubblicitari e ottenere un Roi più efficace. E, come dichiara Adam Singolda, ceo di Taboola: «Quasi il 91% degli inserzionisti sta già utilizzando o considerando di implementare tecnologie di IA generativa per migliorare l’efficienza, generare più vendite (per l’81%) e ottenere un maggiore ritorno sull’investimento. Grazie agli strumenti di IA, che costruiscono automaticamente piani media in base a qualsiasi obiettivo di marketing, gli advertiser possono concentrarsi sulla guida agli acquisti, l’aumento della brand awareness, la generazione di lead, l’allocazione del budget tra desktop e mobile. Insomma, si libera tempo da dedicare a operazioni più strategiche».
«Se mi chiedete se con i tool di Intelligenza artificiale si risparmiano costi – commenta Christina Caspers-Roemer, General Manager and Managing Director di Trixter – la mia risposta è: sì. Quanto alla IA, c’è però sempre bisogno di una persona che valuti se la decisione presa dalla IA sia stupida o meno. Il lavoro si sposterà ma, secondo me, non verranno cancellati posti di lavoro». Più dubbioso Dariusz Jablonski, Presidente European Producers Club: «È vero, ormai tutti usiamo l’IA per il marketing, il budgeting, il risparmio costi. Ma sul diritto d’autore? Fino a che punto è coperto? E da che punto? Certo che non possiamo non essere a favore della IA. Ma ho ancora tanti dubbi. I sistemi totalmente aperti, dove affido tutti i miei dati e le mie idee al cloud, un po’ mi spaventano. Sicurezza e protezione sono fondamentali per farci usare con fiducia questi strumenti. Nelle decisioni generate dagli algoritmi c’è la erosione della creatività. Perché IA significa anche ragionare secondo aride medie statistiche».
Cerca di rasserenare gli animi, infine, Martin Dawson, Deputy Head of Unit for Audiovisual Industry and Media Support Programmes in the European Commission: «L’Unione europea è stata la prima a regolare l’IA. Ovviamente l’AI Act non regola tutto, ma solo i campi più rischiosi in cui usare l’Intelligenza artificiale, come ad esempio i trasporti, l’istruzione, l’utilizzo di dati biometrici per identificare le persone», dice Dawson. «È una materia molto nuova e stiamo iniziando solo ora a implementarla. Certo, i contenuti creativi possono essere usati per allenare l’IA. Ma è necessario proteggere il diritto d’autore sia dell’input sia degli output della IA. E chiunque può fare valere eccezioni e impedire che i suoi contenuti vengano usati».
L’IA può essere una opportunità pazzesca per la creatività, non bisogna avere paura. E comunque l’IA generativa non si potrà mai paragonare alla creatività umana. «In tema di innovazione – continua Dawson – l’Europa ha bisogno di strumenti originali europei, non deve solo importare tool dagli Usa. «Serve una collaborazione tra mondo tecnologico, creatività, nazioni, usando i fondi di supporto alla innovazione messi a disposizione dalla Ue. Le aziende europee devono condividere i loro dati, per creare economie di scala. Perché in questi comparti la dimensione è davvero importante».