La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
Benvenuti nell’era del noi. Se c’è una parola che la pandemia ci ha fatto riscoprire è proprio questa. Ci ha fatto rileggere, cioè, la parola io all’incontrario con l’aggiunta della lettera “n”.
Ne parlano in tanti, da diversi punti di vista. Vale ad esempio in ambito sanitario, psichiatrico, nella letteratura così come nella religione. Cerchiamo, dunque, di mettere sotto la lente d’ingrandimento la grammatica del nuovo mondo, alla quale ho dedicato un libro prossimamente in uscita.
Di cosa parliamo:
Nella parola lockdown è contenuta il pronome noi. Lo ricordiamo tutti: era il 10 marzo 2020 quando fu imposto a tutto il Paese l’isolamento: l’Italia diventò, infatti, «zona protetta», come disse l’allora primo ministro Giuseppe Conte, presentando il decreto legge #IoRestoaCasa. Dalle scuole chiuse il 5 marzo si passò al Paese tutto serrato, al confinamento della penisola. «State a casa», ammonì di notte a Milano il Pirellone, storica sede della Regione Lombardia, illuminato a giorno così da formare le 10 lettere di “S-t-a-t-e-a-c-a-s-a”. L’Italia unita rispose all’appello, rispettando le misure di prevenzione e di protezione sanitaria. L’Italia, ancora una volta, dette prova di sapersi unire per un bene più grande, quello della tutela della salute.
Oltre alle nuove regole di prevenzione sanitaria, la pandemia ci ha fatto riscoprire la nostra fragilità. Ce lo ricorda lo psichiatra Vittorino Andreoli, autore del libro Fragilità uscito lo scorso novembre con il Corriere della Sera. «Siamo fragili – ha spiegato in un’intervista rilasciata a Paola Piacenza sul supplemento Io Donna del Corriere della Sera –, ma non c’è niente di male in questo: la fragilità fa parte dei limiti dell’umano». Il coronavirus ha ricordato a tutti, nessuno escluso, che nessuno è invincibile e invulnerabile: «La persona fragile ha bisogno dell’altro e deve capirlo, deve ammetterlo. Così capirà che l’amore è un contratto tra fragilità. Due fragilità insieme danno forza».
Anche il mondo dell’arte e della cultura ha riflettuto a lungo sul nuovo mondo del noi. Giorno dopo giorno, nel corso della pandemia, abbiamo reimparato a pensare in gruppo. Lo ha spiegato bene l’attrice Stefania Rocca, protagonista della serie televisiva di Amazon Prime Tutta colpa di Freud: «La bolla di sospensione in cui ci ha buttato la pandemia ha avuto un unico vantaggio per noi: renderci consapevoli, farci uscire dall’isolamento e spingerci a pensare in gruppo», ha spiegato sul supplemento Sette del Corriere della Sera, intervistata da Stefania Ulivi. Il riferimento è ai tanti lavoratori del mondo dello spettacolo, ma possiamo benissimo adattare queste parole alla vita di tutti.
Noi, appunto, anziché io: è quello che suggerisce lo scrittore Rutger Bregman, autore per Feltrinelli di Una nuova storia (non cinica) dell’umanità: «Non è vero che, sotto la superficie, l’umanità sia profondamente egoista – ha spiegato a Gabriele Romagnoli sul supplemento Robinson di Repubblica –. La pandemia non è stata che l’ennesima dimostrazione. All’inizio ci aspettavamo orde fameliche, assalti e saccheggi: c’è stata solo qualche razzia di carta igienica. La maggior parte delle persone si è comportata bene, ha cooperato».
Anche la religione cattolica ha riflettuto sul nuovo universo creato dal covid. Lo ha fatto Papa Francesco nel corso dell’intervista Il mondo che vorrei rilasciata al giornalista del Tg5 Fabio Marchese Ragona e andata in onda all’inizio del 2021. «In questo momento, un politico, anche un dirigente, un vescovo, un sacerdote, che non ha la capacità di dire “noi” non è all’altezza. Deve prevalere il “noi”, il bene comune di tutti. L’unità è superiore al conflitto», ha detto Jorge Mario Bergoglio. Il passaggio dall’io al noi auspicato dalla Chiesa cattolica è stato rimarcato dal critico Aldo Grasso che, sul Corriere della Sera, ha richiamato la necessità di tornare nella lingua scritta a riscoprire la prima persona plurale, che «fa presumere che quanto affermato possa essere condiviso dalla comunità». È il mondo del noi, contrapposto a quello dell’egoismo e del narcisismo. È la grammatica del nuovo mondo.