La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
In tempi di globalizzazione le azioni utili a non rompere col nemico ma contenerlo esistono, ma sono tutte costose.
Da quando c’è la globalizzazione si è scoperto che con certi nemici non puoi rompere completamente. È molto meglio contenerne l’ascesa, anche se ad un prezzo molto elevato, benché inferiore a quello di una netta rottura.
È il caso della Cina, da cui l’Occidente, dal Covid19 in poi, ha scoperto di non essere autonomo dal punto di vista economico ed industriale. Anzi, negli anni di pandemia e di scarsità di prodotti e materie prime ha compreso tutta la propria pericolosa vulnerabilità.
In The Titanium Economy (How industrial technology can create a better, faster, stronger America, Hachette Book Group2022), tre noti manager di estrazione McKinsey – Asutosh Padhi, Gaurava Batra e Nick Santhanam – scrivono proprio che «gli Stati Uniti sono in una corsa con molti Paesi per vincere nello spazio industriale. La Cina, di conseguenza, investe fino a 200 volte il livello dei finanziamenti statunitensi per fornire sovvenzioni e supporto a una vasta ed emergente rete di centri di ricerca».
La vulnerabilità occidentale sviluppatasi fino ad oggi è infatti a largo spettro, e riguarda:
Fatto sta che negli ultimi quindici anni, per molti paesi occidentali si sono formate alcune linee di faglia geopolitiche con conseguenze tutte economiche, cherendono ben evidente questa nuova vulnerabilità:
Si è dunque preso il corso florido della globalizzazione economica solo per il lato positivo, dimenticando il proverbio suggerito dalla studiosa di Russia Suzanne Massie al presidente Ronald Reagan quando era in ballo la riduzione dello sviluppo nucleare sovietico: «Доверяй, но проверяй», ovvero «doveryay, no proveryay», che sta «per fidati, ma controlla».
E quale fiducia s’è data, senza controllare? Si è permesso lo sviluppo cinese e di tutti quei paesi che hanno compreso di poter utilizzare la globalizzazione non (solo) per arricchirsi, ma per aumentare la propria influenza sugli altri. La ricchezza è stata così trasformata in potenza politica, in forza militare. Tanto che proprio oggi si parla di weaponization, di militarizzazione dell’economia e di tutti i suoi elementi, come i capitali ed i prodotti, i servizi ed il capitale umano.
C’è anche un elemento importante a confermare questa torsione dell’economia che diventa arma politica. È aumentato il ricorso ad armi di contenimento economico, in luogo di quello militare.
Questo contenimento economico si esprime oggi con:
Gli Stati Uniti ne stanno applicando attivamente 35 a paesi come Iran, Russia, Cuba, Corea del Nord, e Venezuela. E l’Unione Europea a Russia, Bielorussia, Iran, Corea del Nord, Siria…
Ci sono, però, Paesi con cui è impossibile applicare un contenimento economico netto (chiamato qualche anno fa de-coupling) fatto di un insieme compatto di sanzioni e blocchi, tariffe globali restrittive e limitazioni rigide. Con la Cina, difatti, è pressoché impossibile farlo per le ragioni ben elencate dall’economista Agathe Demarais:
Per questo la scelta è virata sul de-risking, una versione del de-coupling molto più morbida, che dimostra come la politica oggi debba, in certi casi, scendere forzatamente a patti con l’economia.
I principi dell’azione di de-coupling sono guidati da due obiettivi: limitare l’avanzamento cinese in alcune specifiche aree produttive, tecnologiche e militari e allo stesso tempo conservare o aumentare lo sviluppo occidentale (che si traduce in americano) nei medesimi campi.
Ed ecco finalmente le azioni con cui praticarlo:
Se il de-coupling ha un raggio d’azione ampio, il de-risking è invece selettivo: controlla, colpisce ed opera solo nei settori critici, lasciando relazioni aperte e scambi fluidi negli altri. Si abbassa il volume di alcuni rapporti, se ne recidono altri, e se ne evitano altri ancora. Diversificazione, selezione, controllo, sono tutte azioni complesse e che richiedono un dispiegamento paziente e costante di energie.
Uno sforzo a cui va aggiunto il costoso ed incerto dispiegamento di energie per le azioni di politica industriale, come:
Tra le incognite di questo contenimento selettivo, lungo e delicato, se ne possono immaginare certamente due: l’inflazione portata a casa producendo in patria e che avrà “costi occidentali”, ed il ventaglio di risposte del soggetto interessato. Perché è sicuro che la Cina non starà a guardare.