Perché Fantasanremo è Fantasanremo

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Perché Fantasanremo è Fantasanremo

In principio erano quattro amici al Bar Corva davanti alla tv a guardare il Festival della canzone. Oggi governano una App che conta oltre 1 milione di iscritti che giocano con i cantanti in gara solo per la gloria della vittoria. E per le aziende è un business.

C’è una parola che dall’anno scorso è diventata di moda. Anzi, per usare un lessico più in sintonia con la contemporaneità, “virale”. Una parola con un sapore vagamente da Italietta anni 50 catapultata improvvisamente tra i trend topic sui social network. Quella parola è: papalina. Che in questo caso non è il copricapo che lo zio Pino di Matera indossa quando va a dormire, ma si riferisce al Bar Corva da Papalina di Porto Sant’Elpidio. È in quel covo di simpatici burloni di provincia, infatti, che è stato ideato, formalizzato e lanciato il gioco on line che fa impazzire gli italiani. O quanto meno li fa impazzire in una settimana di febbraio, quella del Festival della Canzone Italiana.

Natali marchigiani

Il Fantasanremo è nato nel 2020, coinvolgendo una cinquantina di frequentatori del bar marchigiano, ma è esploso davvero durante la passata edizione della rassegna canora rivierasca. Oggi conta su oltre 1 milione di iscritti. Più che le performance degli artisti o le loro dichiarazioni pepate, le stecche e i plagi, le cover improbabili o gli arrangiamenti dell’orchestra, le questioni decisive che si rincorrevano in Rete (e dietro alle quali, come è ormai abitudine, sono andati a rimorchio i giornali) erano: perché tutti dicono “zia Mara”? Perché Rkomi si è esibito a torso nudo? Perché Dargen D’Amico porta gli occhiali da sole? Perché Tananai è così felice di essere arrivato ultimo, e Emma si è fatta fotografare con una pattuglia di carabinieri alle sue spalle? Ma soprattutto: perché Gianni Morandi – proprio lui, quell’eterno ragazzone! – ha mandato in fibrillazione mezzo paese dicendo semplicemente “fantasanremo”? Elementare, Amadeus: perché tutte queste frasi, outfit, comportamenti più o meno strambi fanno parte della sterminata lista di bonus e malus che determinano il punteggio di chi partecipa al fantagioco.

A questo punto chi non segue il Festival, è impermeabile ai tormentoni social e non ha mai giocato al Fantacalcio (lo storico precursore del Fantasanremo, al quale ovviamente i quattro amici al Bar Corva da Papalina si sono ispirati) si sarà già perso. Oltre ad indirizzarli al sito ufficiale fantasanremo.com, dove ogni FAQ troverà la sua risposta e dove si potrà consultare il regolamento stilato dalla augusta FIF (Federazione Italiana Fantasanremo), proviamo a fornire una sintetica e speriamo utile spiegazione. Chi partecipa al Fantasanremo deve costruire una propria squadra composta da cinque cantanti in gara, dei quali uno verrà designato come capitano. Proprio come nel Fantacalcio, i cantanti vanno acquistati facendo attenzione a non sforare rispetto al budget imposto di 100 fanta-crediti. Che nell’immaginaria economia fantasanremese si chiamano “Baudi”, doveroso omaggio al Pippo nazionale che ha condotto innumerevoli edizioni del Festival (anzi: del Festivàl, come viene chiamato in modo ironicamente vintage sul sito del gioco). Ogni cantante ha una sua quotazione: si va dai 16 baudi dei Colla Zio, di Sethu, Olly e Will (la valutazione scarsa forse dipende dalla bruttezza dei nomi) ai ben 27 di Ultimo (il cui nome invece non sembrerebbe beneagurante, ma nell’universo al contrario del Fantasanremo niente è ciò che sembra). Da qui in avanti, si tratta solo di seguire con attenzione forense lo svolgersi del Festival, scrutare ogni singolo minuto della maratona televisiva e sperare che i membri della propria squadra facciano – o non facciano – tutte quelle cose passibili di bonus e malus. Tipo per l’appunto dire parole come “papalina”. Chi totalizza più punti vince. E cosa si vince? Assolutamente nulla, o meglio, come specificano i perfidi estensori del regolamento: “la gloria eterna”. Insomma, come nella miglior tradizione sportiva, l’importante è partecipare. E divertirsi.

La variabile impazzita è rappresentata dai cantanti stessi. In molti, infatti, proprio come i Tananai e le Emme dell’anno scorso, si presteranno al gioco e cercheranno di far guadagnare punti ai loro fan mettendo in scena di proposito tutto ciò che può portare a un bonus (se particolarmente sadici, anche a un malus). L’incontenibilmente entusiasta Morandi, vera mina vagante, quest’anno sarà co-conduttore, ma attenzione: è stato istituito per l’occasione un apposito “bonus Gianni” che prevede un +5 per ogni cantante che batterà il cinque alla sua manona. Facile prevedere che lo faranno tutti.

Il Fantasanremo, raccontato così, è un innocuo e per certi versi geniale passatempo che può aiutare a sopportare un po’ di più l’interminabile e spesso sfiancante – per chi decide di sottoporsi alla visione coatta – kermesse dal Teatro Ariston. Ma in realtà ci sono aspetti interessanti e meccanismi più raffinati di quello che si potrebbe pensare. Un po’ come il Fantacalcio ha mantenuto in qualche modo legati al mondo del pallone anche coloro che in questi anni se ne sarebbero volentieri distaccati, così il Fantasanremo arriva come una benefica rinfrescata di divertimento che può attrarre anche chi si farebbe mettere in carcere piuttosto che essere costretto a sentire i Cugini di campagna (a proposito: se arrivano ultimi, sono ventidue punti).

Interazione social

Il Festival ha attraversato varie fasi nella sua storia ultra-settantennale. Dopo il primo quindicennio in cui rappresentava una sorta di messa grande della musica italiana, con le famiglie religiosamente riunite davanti al televisore che seguivano con ingenua ma sicuramente sincera passione la gara canora, la manifestazione ha dovuto attraversare il deserto degli anni 70, quando veniva sbeffeggiato da tutti e si dava a malapena il risultato finale al telegiornale, per trasformarsi poi negli anni 80 e 90 nello strabordante spettacolo televisivo che conosciamo. Nei cui confronti l’atteggiamento è passato dall’interesse genuino di chi voleva davvero godersi Nilla Pizzi, Domenico Modugno e Nicola di Bari all’ironia post-moderna contemporanea, in cui si finge di provare interesse ma in realtà si coglie l’occasione per mostrarsi più smart, più caustici, più battutisti degli altri. La differenza rispetto a venti o trenta anni fa è che invece di sogghignare con gli amici sul divano lo si fa smanettando a ciclo continuo sullo smartphone. E qui si spiega perfettamente il successo di un’idea indovinata come il Fantasanremo, perfetta per i meccanismi dell’interazione social. Ma non solo: si capisce anche perché gli stessi artisti entrano a farne parte volontariamente. Auto-ironia oppure furbo calcolo di costi e ricavi in termini di follower, viralità, esposizione prima, durante e dopo il Festival? La risposta è abbastanza scontata. Laddove la polemicuccia, lo scandaletto, la spallina malandrina che scivola improvvisamente, le liti sul palco, persino i matti che minacciano di buttarsi dalla balconata dell’Ariston hanno raggiunto l’effetto saturazione, cavalcare la mania del Fantasanremo è qualcosa di nuovo e può essere vantaggioso. Sia per il Festival che per i suoi protagonisti. E sarà forse un caso che il giochino quest’anno sia promosso da Sky Wi-fi?

Ma forse non è neppure il caso di essere troppo analitici e diffidenti. La risposta al “perché giocare?” che viene data sul sito è in definitiva la migliore: “perché tanto ogni volta è così, si finisce sempre a guardare Sanremo e allora tanto vale giocare!”. Perché il Fantasanremo… è il Fantasanremo.

Copywriter, giornalista, critico musicale e docente di comunicazione. In pubblicità ha ideato campagne per brand come Fiat, Sanpaolo Intesa, Lancia, Ferrero, 3/Wind. Insegna comunicazione presso lo IAAD di Torino e la Scuola Holden. Collabora con testate quali Rolling Stone, Il Fatto Quotidiano, Rumore. Ha scritto e tradotto diversi volumi di storia e critica musicale per case editrici come Giunti e Arcana.​