La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
Dalla Francia all’Europa cresce il movimento dei giovanissimi che hanno deciso di non seguire la strada maestra e immaginare un altro mondo possibile. Chi sono e cosa vogliono.
È un movimento giovane, giovanissimo, anzi, appena nato. Fatto da giovani, anzi, giovanissimi. Che hanno iniziato a prendere la parola, a mettersi in gioco per il loro futuro, attirando l’attenzione un po’ di tutti per quello che dicevano e per come lo dicevano. Soprattutto in Francia, dove tutto è cominciato. Ma pian piano o magari anche velocemente, data la rapidità con cui notizie e idee oggi si propagano specie quando si capisce che possono essere dirompenti, cominceranno ad avere simpatizzanti e giovani che vogliono emularli in (tanti?) altri Paesi.
Il nome con cui vengono indicati e che loro stessi hanno iniziato a usare più frequentemente è quello di “bifurqueurs”: quelli che biforcano, o che disertano, insomma che decidono di non imboccare la strada maestra che si presenta loro davanti al termine del percorso di studi ma decidono di prendere un’altra strada. Quella che dichiarano di voler abbandonare è la strada del business as usual, di carriere magari anche economicamente attraenti, in aziende prestigiose. Quella che dichiarano di voler prendere, invece, è la strada in sostanza di un altro mondo possibile, che ormai è diventato urgente, se si guarda ad esempio agli impatti devastanti che la crisi climatica sta già avendo.
La crisi climatica figlia di un modello di sviluppo estrattivo purtroppo ancora dominante che continua a “ferire” gravemente il pianeta e le persone, modellato sul mantra della crescita a tutti i costi e del profitto come unico obiettivo cui tendere, è ciò che probabilmente li ha scossi di più. Anche perché questi giovani sono nati e cresciuti negli anni della crisi climatica che incombe, per cui ne hanno consapevolezza come forse nessun’altra generazione prima di loro. Vogliono essere parte della soluzione e non del problema, insomma. E per questo “biforcano”, svoltano, deviano.
La scintilla è scoccata solo pochissimi mesi fa. Era la fine di aprile quando un gruppo di studenti della prestigiosa Grande école AgroParisTech di Parigi hanno scelto il momento della consegna dei diplomi di laurea per un discorso a più voci che si può considerare il loro manifesto. Un discorso che, condiviso poi su Youtube, è arrivato in breve tempo intorno al milione di visualizzazioni. Fra i componenti del gruppo Lola Keraron, che lanciando il video del discorso su Twitter (dove si definisce ” bifurqueurs”) ha detto che si tratta di un appello a “disertare le posizioni di ingegneria distruttiva” che vengono offerte ai ragazzi al termine del loro percorso di studi. Una critica senza sconti, che accusa quel percorso formativo di essere finalizzato all’ingresso in un modello economico, in primis quello dell’agro-industria, che è dannoso per le persone e il pianeta, al di là dei tentativi di dipingerlo come sostenibile che i ragazzi bollano di fatto come greenwashing.
Ma naturalmente è soprattutto il modello di sviluppo che i bifurquers mettono sul banco degli imputati. E se si ascolta il loro discorso, fresco ed emozionante, si vede che lo fanno, tra l’altro con modalità comunicative quasi teatrali estremamente convincenti ed efficaci, mettendo in fila tutte le principali critiche al modello di sviluppo dominante che vengono mosse da anni, per non dire da decenni.
Il discorso, affermano i ragazzi prendendo a turno la parola, è frutto del collettivo. Non sono fieri, dichiarano, di un percorso di formazione che contribuisce alla devastazione sociale e ambientale in atto e non si considerano i talenti di un pianeta sostenibile. Considerano che scienza e tecnologia non siano neutre o apolitiche. Criticano espressioni come sviluppo sostenibile, crescita verde, transizione ecologica, perché implicano la possibilità che la società possa diventare sostenibile senza mettere in discussione l’ordine sociale dominante. Criticano rapporti di sostenibilità che nascondono scandali, lavori distruttivi che servono gli interessi di pochi e che finiscono per essere parte del problema e non della soluzione. Si rivolgono a tutti coloro che sentono il disagio ma non sanno dargli un nome, che avvertono che c’è qualcosa di sbagliato nel perpetuarsi del sistema capitalistico e che vorrebbero cambiare le cose ma non sanno come fare. Nel maturare la decisione di disertare, hanno conosciuto le battaglie di chi sta già lottando per resistere alle logiche del sistema, alle industrie e ai progetti inquinanti, e per costruire un modo diverso di vivere. Praticando un’ecologia popolare, decoloniale e femminista, ritrovando il tempo per una vita all’insegna del vero benessere e del prendersi cura gli uni degli altri. E per cambiare strada non vogliono aspettare futuri rapporti di IPCC che diranno che Stati e multinazionali hanno solo peggiorato la situazione e che una rivolta popolare sarà l’ultima speranza.
Non ci stanno, i ragazzi. Perciò la loro scelta è disertare questo modello e prendere un’altra strada, che intendono costruirsi da soli. Portando anche esempi molto concreti di quello che già stanno facendo: progetti di agricoltura collettiva di sussistenza, di apicoltura, in generale legate al lavoro manuale; sostegno a iniziative contro l’accaparramento di terreni agricoli e la cementificazione, a collettivi agricoli, a iniziative contro l’energia nucleare; il woofing, la partecipazione volontaria a progetti rurali naturali attraverso esperienze educative e culturali. In generale, progetti di lavoro e di vita che li rendano più soddisfatti e al contempo più forti.
Al video della cerimonia ha fatto seguito un video con un appello degli stessi ragazzi a incontrarsi per condividere idee e azioni, per costruire spazi che permettano di disertare a chi condivide le loro idee, la loro ansia e volontà di provocare un cambiamento.
Un messaggio radicale e dirompente, quello dei bifurqueurs, che ha fatto subito enorme presa e proseliti. Si sono moltiplicati i ragazzi che da soli o in gruppo hanno sfruttato occasioni simili per esprimere il loro appoggio all’iniziativa dei bifurqueurs e ribadire le critiche alle fondamenta stesse su cui l’attuale modello di sviluppo si basa. Innumerevoli dibattiti si sono innescati. Da altre organizzazioni e movimenti sono arrivate dichiarazioni di solidarietà e inviti a unire le forze verso obiettivi comuni. La stessa scienziata e attivista climatica Vandana Shiva ha espresso pubblicamente il suo appoggio all’iniziativa. C’è chi ha ipotizzato che siamo forse di fronte a un maggio ’68 per il mondo del lavoro e che le imprese farebbero bene a prestarvi molta attenzione. E chi ha scritto di una vera e propria “rivolta” in corso, in particolare fra gli studenti delle grandes écoles francesi, alla ricerca di un lavoro con un senso, cioè capace di incidere sulle grandi emergenze del nostro tempo a cominciare da quella climatica.
Dove arriveranno i bifurqueurs o, più semplicemente, verso dove stanno andando? È difficile e probabilmente presto per dirlo. Di certo sono evidenti le assonanze con i messaggi lanciati in questi anni dai molti movimenti per la giustizia climatica, di cui i giovani ai quattro angoli del pianeta sono di gran lunga il motore. Potrebbe non essere sbagliato indicarli tutti insieme come generazione Greta, con riferimento ovviamente a Greta Thunberg, che crescendo vuole diventare sempre più protagonista della costruzione del proprio futuro. Vengono in mente anche il Manifesto degli studenti per un risveglio ecologico lanciato sempre in Francia anni fa e il network studentesco globale Rethinking Economics, che chiede di ripensare il modo in cui l’economia viene insegnata in università e business school, spingendo per un’educazione critica, pluralista e decolonizzata dal pensiero economico mainstream. Non si può non vedere, inoltre, la connessione o quanto meno l’affinità di fondo con quelle iniziative, come Fossil free research o Fossil Free Careers, che chiedono al mondo universitario di recidere i legami con le industrie maggiormente responsabili della crisi climatica, a cominciare ovviamente dalle industrie del fossile.
Forse, però, non ci sarà poi così tanto da aspettare per capire in cosa il movimento dei bifurqueurs potrà sfociare. Perché i giovani pensano e vanno veloci, molto veloci. Hanno capito che non c’è più tempo da perdere per provare a cambiare le cose. Vogliono cambiare rotta. E vogliono farlo ora.