Se Eraclito fosse qui oggi

Society 3.0


Se Eraclito fosse qui oggi

I nostri tempi sono VUCA: volatili, uncertain (incerti), complessi, ambigui. Per modificare il nostro destino abbiamo ancora un’ultima possibilità: cambiare.

Da bambino, quando avevo paura, mi stendevo per terra. Ci sono momenti in cui tuttora avverto il bisogno, e forse anche il dovere, di attingere all’essenziale, di rientrare in contatto con la realtà, toccando con le mie mani una base (non più materiale – quanto lo era il confortante pavimento di casa mia – ma di certo altrettanto concreta): e così, seguendo l’insegnamento paterno, mi distendo sulla filosofia. Lì la verità galleggia sul tempo.

I nostri tempi sono VUCA: volatili, uncertain (incerti), complessi, ambigui. E in questo mondo, in cui tutto cambia troppo velocemente, la nostra paura dell’instabilità è ormai diventata intollerabile.

Ma «Time the destroyer is time the preserver, / Like the river […]» («Il tempo che distrugge è il tempo che conserva, come il fiume»), scriveva il poeta T.S. Eliot in uno dei Four Quartets. Nel fluire incontrollabile del tempo, c’è sempre qualcosa – persino ciò che sembra perduto (ce lo insegnano i ricordi) – che resiste alla distruzione. Di fronte alla transitorietà da cui ci sentiamo colpiti, non mi è dunque mai sembrato un paradosso attingere a Eraclito – che, nel nostro immaginario, rappresenta la voce per comprendere il divenire.

Questa volta, però, non attualizzerò le parole del filosofo, tentando di tirar giù, più vicino a noi, quella sua verità galleggiante su ogni epoca; ma, al contrario, proverò a leggerla – e a leggervela – arrampicandomi fino a essa, per guardare da lì il nostro tempo. Un panorama, se osservato dall’alto e da singole vette (e, in questo caso, dai singoli frammenti), può svelare una forma inaspettata.

  • «Noi scendiamo e non scendiamo nello stesso fiume, noi stessi siamo e non siamo»

Non è possibile bagnarsi due volte nello stesso fiume: scorrendo, diversa sarà la sua acqua; ma diversi saremo anche noi. È un grande equivoco pensarci slegati dall’inarrestabile processo di mutamento della realtà: non possiamo sottrarci alla trasformazione – né quella subita per effetto delle acque nuove che continuamente scrosciano verso di noi, né quella che per nostra natura attraversiamo. Per Eraclito, la fede nella fissità è dunque un errore. L’unica permanenza consiste nella continuità della mutazione, l’unica resistenza al cambiamento è il cambiamento stesso.

Con questa consapevolezza avremo la possibilità di dominare il nostro timore: se tutto cambia – intorno a noi, certo, ma anche in noi –, opporsi al cambiamento significa nuotare controcorrente rispetto alla propria esistenza. Dobbiamo accettare di non essere e di non essere stati una cosa soltanto.

Pensateci: l’unico modo per non essere toccati dalle acque del fiume (non scoprendo, in quell’istante, di essere noi stessi diversi) è non entrarci. Ma sottrarsi alla realtà per sottrarsi al cambiamento non è una buona strategia; e non lo è pensare di poter preservare in questo modo la propria identità, temendo di poterla perdere, adattandosi al cambiamento o cambiando. Così come il fiume sarà sempre un fiume, nonostante lungo il suo letto scorrano acque sempre diverse, noi saremo sempre noi, nonostante i numerosi cambiamenti che vorremo o dovremo sperimentare.

Possediamo già dentro di noi ciò che ci serve a padroneggiare il flusso delle nostre vite e di una realtà in continua trasformazione: la condizione per cambiare – carriera, priorità, città, vita.

  • «Ciò che è opposizione si concilia e dalle cose differenti nasce l’armonia più bella, e tutto si genera per via del contrasto»

Secondo Eraclito, la realtà in divenire è attraversata dalla compresenza e dall’opposizione di contrari, un flusso incessante di «intero e non intero, concorde e discorde, armonico e disarmonico».

Per il filosofo, tutte le cose, anche nella loro diversità, si fondono in un’unità. Anzi, la loro identità consiste proprio nel contrasto, nell’opposizione rispetto a un altro polo: se il caldo non si opponesse al freddo, non sarebbe caldo, così come se la notte non si opponesse al giorno, non sarebbe notte.

Certo, questa armonia nascosta è – tuttora – più difficilmente comprensibile rispetto a quella manifesta, ma occorre educarsi alla contraddizione.

Arrampicandomi su questa verità e guardando giù, verso di noi, penso sia necessario tenere a mente che tutto ciò che esiste, esiste come contrario, ma i due contrari devono unirsi affinché qualcosa possa esistere. È il «conflitto il padre di tutte le cose». Senza retorica, ma anzi, attingendo alla filosofia: tutto, anche il momento di vuoto più profondo, si oppone naturalmente a un pieno che, prima o poi, si manifesta.

Talvolta si tratta anche di una questione di prospettiva: «una e la stessa è la via all’insù e la via all’ingiù», ma dipende da che punto la osserviamo o la percorriamo. Un esempio più concreto e più vicino: pensando alla nostra impresa, le attribuiamo il concetto di “piccola” – ma dobbiamo ricordare che una formica, paragonata a un moscerino, rappresenta allo stesso tempo il “piccolo” e il “grande”.

  • «[…] ma agli altri uomini rimane celato ciò che fanno da svegli, allo stesso modo che non sono coscienti di ciò che fanno dormendo».

Il lògos, ovvero il pensiero, la ragione, la verità. A tal punto oggettivo e fondato su un’intesa comune tra chi parla e chi ascolta, secondo Eraclito esso rappresenta una ragione comune a tutti, in cui ogni parola trova il proprio senso. Tutti, a eccezione di coloro i quali, volendosi autoescludere dal lògos, nonché da ogni valido scambio comunicativo, ritirandosi in un presuntuoso sapere privato, sono più simili a dormienti, seppure svegli. «Sapere molte cose non insegna ad avere intelligenza» – teniamolo a mente.

È sempre un errore arroccarsi nelle proprie certezze e sottrarsi allo scambio, non affidandosi a una ragione comune che è lo spazio dove ogni conflitto può trasformarsi in consiglio o dialogo: il contatto con gli altri, anche con coloro che non sono nelle nostre corde, può avere un impatto tale nel nostro percorso da influenzare i nostri successivi comportamenti e le nostre scelte – nel bene e nel male.

  • «Per l’uomo il carattere è il demone»

Secondo Eraclito, l’èthos, il carattere, è per l’uomo il suo dàimon, il suo destino – ciò che determina i suoi comportamenti e i risultati della sua esistenza. Di conseguenza, il destino diventa una sua responsabilità. Apparentemente, una gabbia senza via di uscita.

Invece, occorre ribadirlo: per Eraclito, nulla è fisso – neppure quell’invisibile sorgente della coerenza personale che oggi chiamiamo carattere. Dunque, per cambiare il nostro destino abbiamo ancora un’ultima possibilità: cambiare. E chiunque, scriveva Eraclito, «se non spera, non troverà l’insperato: ne è difficile la ricerca e ardua la via».

Economista, consulente strategico e corporate trainer. Si è formato all’Università Bocconi di Milano e all’INSEAD di Fontainebleau, e ha girato il mondo per lavoro e per passione: Head of Business Development Unit di Finmeccanica in Russia, Senior Manager di McKinsey a Londra e Principal di AlphaBeta a Singapore, dove ha gestito progetti con aziende del calibro di Google, Uber e Microsoft. In precedenza, ha lavorato anche presso Goldman Sachs e le Nazioni Unite a New York. Tornato a Bari, ha fondato la Disal Consulting e si occupa di ricerca, consulenza, comunicazione e formazione per grandi aziende italiane (Ferrari e UniCredit), colossi digitali (Netflix e Amazon), istituzioni multilaterali (World Economic Forum) e governi nazionali (Francia, Cina e Germania). Insegna alla IE Business School di Madrid e alla Nanyang di Singapore, e dirige il Master in Digital Entrepreneurship presso H-Farm, dove cerca di trasmettere l’importanza dello storytelling per la riuscita di un progetto imprenditoriale. Dopo il successo del suo primo libro Flow Generation - manuale di sopravvivenza per vite imprevedibili, ha pubblicato con Hoepli Phygital - il nuovo marketing tra fisico e digitale.