Office economy: gestire lo spazio

Society 3.0


Office economy: gestire lo spazio

L’ufficio è al centro della scena. Il suo svuotamento mette in crisi l’economia che ci gira intorno, e la sua riorganizzazione interna sarà decisiva per tornare a viverlo. Ma con quali regole e spazi?

Office economy: ​Il modo in cui è pensato, costruito e gestito influisce in maniera sostanziale su come lavoriamo, ma l’ufficio è prima di tutto un argomento fisico. E solo oggi percepiamo quanto sia importante questa fisicità: si svuota proiettando il lavoro altrove, e genera conseguenze enormi sull’economia circostante.
Tornarci sarà allora un’impresa complessa. Chiederà lungimiranza nel gestire razionalmente i luoghi, e prontezza di riflessi per modificarli, soprattutto se le regole del lavoro dovessero cambiare di nuovo.

La rete della office economy


Da sempre, l’ufficio è il battito cardiaco delle città. Ci ha abituato al primo colpo della mattina, in cui il popolo che vi è diretto parcheggia e fa colazione in un bar. Al secondo colpo esce, consuma un pranzo in un ristornante, in un parco, in un caffè. Ed al terzo esce di nuovo, per un aperitivo, una cena o una corsa, o per tornare subito a casa. Gli obblighi dei vari lockdown, quelli rigidi e quelli meno, hanno rallentato e in alcuni casi fermato questi battiti. Ci hanno mostrato quanto e come lo spazio fisico possa influire su una gigantesca office economy, fatta di catene di negozi grandi e piccoli, bar, ristoranti, quindi baristi, camerieri, ristoratori, commessi, addetti alle pulizie. Di colpo, un paio di milioni di lavoratori usciti dagli uffici ha bloccato il lavoro di questa massa enorme di addetti. E non è tutto, perché il secondo grande impatto è proprio sul mercato degli uffici, quello immobiliare.
Dagli Stati Uniti all’Europa, infatti, si è ormai diffusa la tendenza a fermare gli investimenti diretti verso gli spazi-ufficio. E il ragionamento prospettico degli investitori che osservano i comportamenti delle aziende, scommette su un ufficio un po’ più vuoto di prima.
Quindi, ammessa anche la migliore delle ipotesi – quella di un vaccino “risolutore” – in futuro ci saranno molte attività che proseguiranno, parzialmente o integralmente, da casa. E quando si dovesse tornare al lavoro, lo si farà per un tempo quotidiano o settimanale inferiore a quello precedente all’era Covid-19.

Il lavoro diventa flessibile

Il Covid19 è quindi un’ottima occasione per testare quanto e come la nostra impresa sia adattabile al lavoro flessibile, in funzione di vari fattori, come:

  • il settore (manifattura o servizi);
  • la posizione geografica;
  • la necessità di turni diurni o notturni;
  • l’intensità della manodopera richiesta;
  • il dialogo con i clienti o i partner.

In generale, il Covid si può tradurre in una riduzione della domanda di spazi complessivi dedicati agli uffici, ma non dello spazio dell’ufficio. Nei luoghi in cui probabilmente torneremo a lavorare, saranno inevitabilmente necessari interventi di riorganizzazione. Che presentano diverse ipotesi. Chi avrà spazio disponibile potrà allargare le aree di lavoro, di accoglienza degli ospiti, di formazione, di collaborazione, e chi non lo avrà potrà ridurre quello occupato, e/o abituarsi a una minore occupabilità, magari organizzando turni e tempi di lavoro da casa e di bassa densità. L’alternativa, ben più complessa, sarà frazionare gli spazi esistenti, mettendo intervalli fisici tra un luogo e l’altro, o eliminare i luoghi destinati a funzioni di secondaria importanza, rimuovere le strumentazioni usate poco e mettere tutto in un drastico ordine di necessità.
Così, non per tutti sarà possibile stralciare crudelmente le riunioni, ormai online, oppure le aree di attesa; e fare di più con meno potrà risultare quasi impossibile, e forse dannoso. Sarà invece più vantaggioso ottimizzare ciò che c’è, mettendo sul piatto gli spazi che non si usano, o si usano poco. Si può prevedere allora una grande corsa a scovare spazi inutili e vuoti, per convertirli ad altre necessità. Non si avrà certo la morte dell’ufficio fisico, ma una fortissima spinta ad innovarlo.

Come sarà il nuovo ufficio


È certo che l’obiettivo primario rimarrà la tutela della salute, ma andrà coniugato con la produttività, e sarà inscindibile dal benessere. Così, se avremo scelte intelligenti, il nuovo ufficio nato dall’urgenza del presente potrà essere plasmato da un’idea meno emergenziale di futuro, e potrà avere caratteristiche di questo tipo:

  • integrato, in cui l’approccio fisico e quello digitale saranno perfettamente uniti, ed entrambi efficienti ed efficaci. Nessuno dei due costituirà una barriera;
  • razionale, per cui darà una priorità agli spazi che servono davvero, saprà separarli e destinarli in funzione dei tempi di utilizzo e delle metrature realmente necessarie;
  • duttile/flessibile, ovvero trasformabile velocemente; dotato di spazi convertibili ad altre funzioni a seconda delle esigenze, del mutare di orari, carichi di lavoro, stagionalità, con arredi altrettanto adatti a rendere veloci i cambi di destinazione;
  • accessibile/accogliente, fisicamente e digitalmente.  Con sensori per l’accesso, ingressi multipli che non producono intasamenti, reperibilità dei documenti anche da casa e in remoto. Rispettoso della privacy e non invasivo;
  • sostenibile, in termini di risparmio di energie, anche qui con sensori ed utilizzo di materiali alternativi e naturali, e poche emissioni;
  • accogliente, in grado di favorire una socializzazione adeguata alle norme sanitarie, accesso ai mezzi ed ai parcheggi, connessioni veloci e diffuse, prossimità ad aree verdi e di ristorazione.

Sarà sicuramente una riorganizzazione con molti livelli di intervento. Per cui non basteranno designer e architetti, ma saranno coinvolti professionisti della psicologia e dell’organizzazione del lavoro.​​ Benvenuti nell’era della office economy

​Antonio Belloni è nato nel 1979. È Coordinatore del Centro Studi Imprese Territorio, consulente senior di direzione per Confartigianato Artser, e collabora con la casa editrice di saggistica Ayros. Scrive d'impresa e management su testate online e cartacee, ed ha pubblicato Esportare l'Italia. Virtù o necessità? (2012, Guerini Editori), Food Economy, l'Italia e le strade infinite del cibo tra società e consumi (2014, Marsilio) e Uberization, il potere globale della disintermediazione (2017, Egea).