Rischio zoonosi

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Rischio zoonosi

Malattie infettive e cambiamento climatico sono strettamente connessi. Quali sono le armi a nostra disposizione per battere virus e parassiti animali? Changes ne ha parlato con Carlo Contini, professore ordinario di Malattie infettive e tropicali.

L’improvviso impatto che il COVID-19 ha avuto nel nostro pianeta ha messo a nudo la nostra grande vulnerabilità verso malattie infettive a carattere zoonotico. Il COVID-19 è infatti una zoonosi che può essere trasmessa dagli animali all’uomo. Le zoonosi conosciute sono molto numerose – oltre 200 secondo l’OMS – e il loro studio costituisce uno dei settori di maggior interesse della medicina umana e veterinaria. Gli agenti patogeni possono essere: batteri, virus, funghi e parassiti.

La pandemia ha rivelato anche che l’umanità non è attualmente in grado di fronteggiare epidemie comparse in seguito a mutamenti climatici. Recentemente, la comunità scientifica internazionale volge molta attenzione ai nessi causa-effetto fra attività umane ed incremento del rischio di malattie. Sono stati evidenziati, e sono in via di definizione, i legami tra le emissioni di gas serra, il peggioramento dei rischi climatici (come il riscaldamento, le inondazioni, le ondate di calore e l’innalzamento del livello del mare, la carenza di acqua) e il conseguente aggravamento di alcune malattie infettive patogene.

Gli studi riportano che il clima (nel senso di innalzamento della temperatura) nelle regioni settentrionali del pianeta sta cambiando più velocemente della media globale rendendo queste aree più esposte al rischio di alcune malattie infettive (Climate Sensitive Infections), rilevanti per gli animali selvatici e per l’uomo (per esempio, Dengue, Chikungunya, Zika e febbre gialla). In particolare, uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università delle Hawaii a Mānoa e pubblicato la scorsa estate sulla rivista Nature, ha esaminato più di 70.000 articoli scientifici alla ricerca di ciascuna una possibile relazione tra rischi climatici e malattie conosciute che hanno colpito l’umanità nella storia documentata. È stato evidenziato che oltre il 58% delle malattie causate da agenti patogeni, (come Dengue, epatite, polmonite, malaria, Zika, West Nile, ecc) possono essere aggravate proprio dal clima e dai cambiamenti climatici che si stanno instaurando per colpa delle attività antropiche. Il risultato riporta un messaggio chiaro: le emissioni di gas serra devono essere ridotte.

Gli scienziati hanno evidenziato quattro modi principali in cui i rischi climatici interagiscono con gli agenti patogeni e gli esseri umani:

  • i cambiamenti climatici possono favorire la comparsa di alcuni agenti patogeni;
  • gli eventi climatici estremi facilitano l’interfaccia tra individui ed agenti patogeni;
  • i cambiamenti climatici indeboliscono la capacità dell’organismo a fronteggiare gli agenti patogeni.

La ricerca, dunque, ha un ruolo centrale per la nostra e dobbiamo giocare d’anticipo per armonizzare la nostra presenza sul territorio rendendolo meno vulnerabile, e accrescere la nostra cultura sul rischio. Changes ne ha parlato con Carlo Contini, professore ordinario di Malattie infettive e tropicali e direttore U.O.C Malattie infettive universitarie Azienda ospedaliero universitaria di Ferrara. Vediamo i tre punti chiave individuati da Contini.

Il peso del degrado ambientale e dell’azione dell’uomo

La storia insegna che le malattie sono parte integrante di noi e da quando l’uomo si è organizzato in società creando nuclei con individui che condividono gli stessi spazi, le malattie contagiose hanno assunto un ruolo particolare. E se nel passato più remoto gli agenti eziologici prevalenti che provocavano le più rilevanti epidemie e pandemie erano i batteri, fu dalla fine del XIX secolo, che i virus hanno preso il sopravvento grazie anche alla loro capacità mutagena. A partire dagli anni ’70, con il boom economico, si sono moltiplicate le condizioni che favoriscono la diffusione e il contagio di microrganismi di natura batterica o virale: la crescita esponenziale dei trasporti marittimi ed aerei, il cambiamento delle relazioni tra animali e uomini, l’aumento dell’irrigazione, la nascita delle megalopoli e il moltiplicarsi all’infinito dei contatti quotidiani tra gli uomini e merci”.

  • La globalizzazione che ha cambiato tutto. I disboscamenti, l’alterazione degli habitat naturali, il non rispetto delle prerogative degli animali (fauna selvatica), l’urbanizzazione, rappresentano alcuni elementi che stanno alla base dei meccanismi che potenzialmente favoriscono le malattie zoonotiche.
    Gli agenti patogeni insieme agli animali con cui convivevano pacificamente, hanno abbandonato gli ambienti naturali distrutti dall’uomo e si sono trasferiti verso le aree urbanizzate diffondendosi quindi dagli animali che li ospitavano ad altri animali e da quest’ultimi, attraverso l’allevamento, i canali commerciali e la gastronomia, all’uomo. Altre volte è stato l’uomo attraverso il turismo o la caccia a invadere aree poco antropizzate entrando in contatto con animali ospiti e virus. Tramite il bushmeat (consumo di carne della savana), l’uomo si è contagiato e ha diffuso poi il virus nelle aree urbanizzate (es.HIV).
  • Ma cosa ha rilevato pandemia e quali sono le indicazioni che offre il mondo della ricerca?
    È necessaria un’azione urgente, anche come comunità globale, per ridurre le emissioni di gas serra e quindi per contenere e diminuire gli effetti dell’aumento dell’incidenza, della trasmissione e della distribuzione geografica di malattie più rare e più gravi. Modifiche dell’areale geografico e altitudinale di alcuni vettori scaturiti dal riscaldamento climatico sono state documentate in Europa per le zecche della specie ixodes ricinus, vettore di patologie quali il morbo di Lyme e l’encefalite mediata da zecche. Un ampio accordo governativo internazionale sulla prevenzione delle pandemie rappresenterebbe un traguardo storico con evidenti benefici per gli esseri umani, gli animali e gli ecosistemi.

Servirebbe in pratica coordinare la progettazione di un quadro di monitoraggio ed eventualmente gettare le basi per un accordo su obiettivi e traguardi che devono essere raggiunti da tutti i partner per l’attuazione di One Health (ossia un approccio che colleghi i settori della salute umana, della salute animale e dell’ambiente). Le epi/pandemie non avvengono casualmente, ma sono espressione di azioni antropiche derivanti da numerosi fattori che impattano negativamente sull’ambiente. Dalla SARS prima e poi con il COVID-19, abbiamo imparato che nell’età della globalizzazione nessun paese può permettersi di trascurare o tacere un’epidemia emergente e abbiamo imparato che la medicina generale non è stata formata per affrontare eventi epidemici o catastrofici di grande portata, ma come sempre, ha la capacità di adattarli alle situazioni emergenziali e rispondere per prima alle necessità della popolazione spesso pagando prezzi umani elevatissimi. Dare la colpa ai pipistrelli, come è accaduto con il COVID-19, serve a ben poco, se non a perdere di vista le vere ragioni per cui rischiamo di subire la prossima emergenza sanitaria globale conseguente a un’attività umana incontrollata in grado di scatenarla!

Per questo articolo sono state consultate le seguenti fonti:

Mor, C., McKenzie T., Gaw I.M.et al.Over half of known human pathogenic diseases can be aggravated by climate change .Nat. Clim. Chang.12, 869–875 (2022)

Contini C, Di Nuzzo M, Barp N, Bonazza A, De Giorgio R, Tognon M, Rubino S.

The novel zoonotic COVID-19 pandemic: An expected global health concern. J Infect Dev Ctries. 2020 Mar 31;14(3):254-264. doi: 10.3855/jidc.12671.

Contini C.,Cuoghi F. COVID-19: l’attesa pandemia zoonotica del terzo millennio. Attualità e prospettive in Atti dell’Accademia delle Scienze di Ferrara Vol 98 Anno Acc 198 2020-2021 in Atti dell’Accademia delle Scienze di Ferrara Vol 98 Anno Acc 198 2020-2021.

Contini C., Anatomia delle pandemie recenti e passate. Risvolti clinici, economici e sociali in Atti dell’Accademia delle Scienze di Ferrara Vol 99 Anno Acc 199 2021-2022.

Storica, saggista e specialista in comunicazione ambientale. Parte sempre dalla catalogazione di fonti autorevoli per ottenere dati e informazioni attuali che poi rielabora per offrire contenuti divulgativi a prevalente valenza sociale e ambientale. Catalogare e selezionare per lei sono la premessa essenziale per il riconoscimento di un valore che è il fondamento della conoscenza. Ha competenza più che trentennale nella ideazione di progetti formativi, divulgazione e disseminazione di progetti scientifici. Conta su un ampio raggio di relazioni maturate in ambito scientifico, tecnico e istituzionale che avallano i suoi contenuti e forniscono spunti per ulteriori approfondimenti. Crede nell'importanza della conoscenza e nella condivisione di esperienze e saperi. Ama la montagna e passeggiare nei boschi.