Intelligenza artificiale: un algoritmo ci salverà la vita

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Intelligenza artificiale: un algoritmo ci salverà la vita

Sono sempre più diffusi i modelli di intelligenza artificiale specificatamente studiati per prevedere con largo anticipo gravi patologie. In questo campo si cimentano i big del settore ma anche ricercatori universitari.

Sono sempre più diffusi i modelli di intelligenza artificiale specificatamente studiati per prevedere con largo anticipo gravi patologie. In questo campo si cimentano i big del settore ma anche ricercatori universitari.

L​’intelligenza artificiale rappresenta il peggiore pericolo per l’umanità: parola di Elon Musk, fondatore e ceo di Tesla, la compagnia che produce vetture rigorosamente elettriche capaci anche di guidarsi da sole. Per lui il progresso dei robot e dell’IA in genere condannerà l’essere umano a una posizione di perenne subalternità se non di vero e proprio pericolo. Una visione apocalittica per una persona che ha fatto degli algoritmi e dell’informatica più avanzata una ragione di business. Un punto di vista assolutamente non condiviso da un altro simbolo vivente della Silicon Valley, Mark Zuckerberg, il papà di Facebook: «Non riesco a capire le persone che fanno i bastian contrari e disegnano questi scenari apocalittici. È per certi versi un approccio molto negativo e credo sia piuttosto irresponsabile».

Mentre i due illustri rappresentanti di una California da sempre pioniera in tema di innovazione tecnologia si azzuffano a colpi di Twitter su una tematica apertissima, dall’Italia arriva una notizia che di certo sembra dare ragione più all’inventore del social network più famoso del mondo. Con l’intelligenza artificiale è possibile diagnosticare l’Alzheimer dieci anni prima rispetto a quanto avviene attualmente. Lo ha dimostrato uno studio del dipartimento di Fisica dell’Università di Bari, per ora pubblicato sul sito Arxiv, che ha elaborato una tecnica basata sull’analisi delle risonanze al cervello. I ricercatori, guidati da Nicola Amoroso e da Marianna La Rocca, hanno prima “insegnato” a un algoritmo a discernere tra cervelli sani e malati usando le immagini di 67 risonanze, 38 delle quali da persone affette da Alzheimer. L’algoritmo così sviluppato sulla base dei principi dell’apprendimento automatico o, come si dice negli ambienti scientifici, machine learning – insieme di metodi che consentono a un computer di imparare senza essere programmato – è stato poi messo alla prova su un’altra serie di 148 risonanze, di cui 52 di soggetti sani, 48 di persone affette da Alzheimer e 48 di pazienti che presentano una lieve disabilità cognitiva che però è evoluta in Alzheimer fino a nove anni dopo. L’intelligenza artificiale è stata in grado di distinguere fra un organo sano e uno con disabilità lieve sfociata poi in Alzheimer conclamato in 84 casi su 100.

Un risultato che apre le porte a scenari davvero inediti realizzato anche grazie alla presenza nel capoluogo pugliese di un’importante infrastruttura scientifica come il ReCaS-Bari, il più grande centro di calcolo del Mezzogiorno e il secondo in Italia, e con la collaborazione della locale sezione dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare. Questa malattia colpisce 600 mila persone soltanto nel nostro Paese, secondo una ricerca del The European House-Ambrosetti, pari al 4 per cento della popolazione over 65. Quel che è peggio è che nel 2050 gli ultra 65enni rappresenteranno il 34% della popolazione e quindi le previsioni per i prossimi anni indicano un aumento dei casi che renderà il nostro Paese uno dei più colpiti dalla patologia.  

«Siamo interessati a tutte le patologie neurodegenerative. In particolar modo questo algoritmo è stato applicato al Parkinson – spiega Amoroso – e abbiamo già raccolto risultati molto interessanti  tanto che un secondo lavoro scientifico su questa malattia è in fase di scrittura. Diagnosticare con anni di anticipo l’insorgere di patologie di questo tipo presenterebbe vantaggi considerevoli legati alla possibilità di sviluppare delle terapie e dei farmaci che siano in grado di rallentare il decorso migliorando la qualità di vita di questi pazienti e delle loro famiglie».

Prima che questo strumento venga utilizzato su larga scala è necessario un periodo di sperimentazione dal punto di vista clinico anche se, sotto l’aspetto meramente tecnico, è di fatto pronto all’uso. «Il nostro sforzo attuale – continua il fisico – è indirizzato nella direzione di rendere fruibile in-cloud questi algoritmi in maniera tale che chiunque abbia a disposizione un pc o una connessione Internet possa accedervi. Speriamo ci sia interesse da parte degli operatori della sanità, pubblici e privati. Gli algoritmi sono disponibili già in questo momento tanto che se domani ci pervenisse la richiesta di fare analizzare una risonanza magnetica il risultato sarebbe pronto nel giro di poche ore».

«Da oltre un decennio diversi gruppi studiano l’Alzheimer con il machine learning. Il nostro motivo di vanto – conclude Amoroso – è di aver sviluppato una metodologia altamente competitiva e moto efficace. Non siamo gli unici al mondo ma fra quelli che dispongono dei modelli matematici predittivi siamo compatibili allo stato dell’arte. Solo per fare un esempio tre anni fa abbiamo partecipato a una competizione internazionale organizzata dalla Harvard Medical School a Boston il cui tema era riuscire a prevedere o a distinguere soggetti affetti da schizofrenia usando le neuro immagini. Abbiamo vinto contro venti team di ricerca».

L’intelligenza artificiale mette il camice


L’utilità dell’intelligenza artificiale nel delicato ambito della diagnosi è stato già dimostrato in altri casi. L’Università di Standford ha sviluppato un algoritmo in grado di diagnosticare tempestivamente il melanoma, fra le più diffuse forme di cancro della pelle. Così l’occhio esperto del dermatologo potrebbe essere sostituito da una semplice app.

Per sviluppare questo prezioso algoritmo gli studiosi si sono serviti dell’Intelligenza Artificiale esattamente come nel caso dei colleghi italiani. Il sistema ha in primo luogo imparato a riconoscere gli oggetti raffigurati nelle immagini, poi, dopo aver passato in rassegna 130mila immagini raffiguranti lesioni specifiche della pelle, è stato in grado di riconoscere le differenze tra le immagini mostrate e quindi di discernere fra le lesioni pericolose basandosi su vari elementi appresi in precedenza, come la forma o il colore.

Di recente Ibm ha sviluppato un sistema di intelligenza artificiale chiamato Watson. Ideato per analizzare il contenuto di un milione di libri in un secondo è poi entrato in corsia a fianco di medici in carne e ossa: analizzando dati raccolti nel corso delle visite il sistema sarebbe in grado di anticipare la diagnosi di insufficienza cardiaca di almeno due anni.

Un altro gigante a stelle e strisce, Intel, in collaborazione con la cinese Alibaba, ha indetto un concorso rivolto a 500 ricercatori che dovranno sviluppare un algoritmo in grado di analizzare dati medici e soprattutto radiografie con l’obiettivo di ottenere diagnosi precoci del tumore al polmone, patologia in rapidissima crescita soprattutto nel paese asiatico a causa degli alti livelli di inquinamento. Più di 7.500 persone al giorno sono morte di cancro in Cina nel 2015, e ci sono state 12mila nuove diagnosi di tumore al giorno secondo National Cancer Centre di Pechino. In testa proprio il carcinoma polmonare.

Giornalista, vivo di e per la scrittura da quattordici anni. Cresco nelle fumose redazioni di cronaca che abbandono per il digitale dove perseguo, però, lo stesso obiettivo: trasformare idee in contenuti.​