Human augmentation: la salute in un chip

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Human augmentation: la salute in un chip

Far diventare i novantenni i nuovi cinquantenni entro il 2030. L’intelligenza artificiale e il biohacking diventano il business della vita eterna senza regole e confini etici.

Mai come nell’ultimo anno e mezzo la popolazione mondiale ha percepito tutta la fragilità dell’essere umano, la mortalità della carne, il sottile filo su cui cammina il miracolo della vita. E non stupisce, quindi, il favore sempre più ampio verso pratiche di human augmentation che prima parevano riservate solo ai film distopici e di fantascienza. C’è un interessante studio condotto da Kaspersky, big mondiale della cybersecurity, in base al quale, ad esempio, il 42% degli italiani crede che le persone dovrebbero essere libere di migliorare il proprio corpo utilizzando la tecnologia, e poi la metà (52%) degli italiani è ottimista riguardo la possibilità di vivere in una società fatta di cyborg, e i più entusiasti sono gli uomini con il 40% contro il 33% delle donne, e, infine, l’idea di legarsi sentimentalmente a una persona potenziata non rappresenterebbe un problema per il 58% degli intervistati in Italia.

Sempre in base ai risultati del report Future of Human Augmentation 2020 di Kaspersky, il potenziamento del proprio corpo e della propria mente grazie alla tecnologia può essere una scelta obbligata da motivi di salute, come nel caso di protesi bioniche, oppure motivata dalla volontà di potenziarsi, ad esempio inserendo dei chip per l’identificazione a radiofrequenza nel proprio corpo. Quando poi è stato chiesto agli italiani quale potenziamento, effettuato dal partner o da un altro membro della famiglia, avrebbe creato loro meno disagio, il 39% di loro ha scelto il braccio bionico, il 36% la gamba bionica mentre il 26% il microchip nel dito. La resistenza maggiore è stata invece incontrata nel caso di microchip impiantati nel cervello (16%). Le percentuali sulla intera popolazione europea sono simili: braccio bionico 39%, gamba bionica 38%, chip in un dito 29%, occhio bionico 27%, chip nel cervello 18%, esoscheletro 18%.

Guardando invece ai dati sul potenziamento volontario, Portogallo (56%) e Spagna (51%) sono i Paesi europei più propensi a supportare la scelta di modificare il proprio corpo volontariamente e senza necessità mediche specifiche. Anche l’Italia si dimostra ben disposta sulla questione, con il 42% di persone favorevoli, mentre il Regno Unito si dichiara meno d’accordo con questa affermazione con il 36% di persone contrarie. Se un familiare decidesse di potenziarsi, un quarto degli italiani (25%) lo sosterrebbe indipendentemente dalla ragione che lo ha spinto a farlo. E solo il 24% degli italiani considera bizzarra la scelta di ricorrere alla tecnologia per migliorarsi, contro il 30% degli inglesi e appena l’8% dei portoghesi. Il 25% degli italiani considera l’auto-augmentation una scelta addirittura coraggiosa.

Il tema etico al centro delle scelte dell’IA

I temi della human augmentation, del biohacking e del proliferare di comunità di wetware hacking vanno naturalmente a toccare i pilastri della società umana, dall’etica alla religione, finanche alla concorrenza (poco leale lavorare con una persona aumentata, avrebbe un grande vantaggio). Proprio per questo, commenta Marco Preuss, director of Global research and analysis team di Kaspersky, «è importante che si analizzino le percezioni dei cittadini nei confronti della human augmentation, per costruire un futuro più sicuro. Non possiamo permetterci un ambiente senza regole chiare, cosa chepurtroppo sta succedendo per l’Internet delle cose. Servono invece pilastri etici e standard condivisi quando si maneggiano i temi della human augmentation».

Il processo di human augmentation è comunque una naturale evoluzione delle nuove tecnologie digitali, come sottolinea Derrick de Kerckhove, sociologo e per oltre dieci anni stretto collaboratore di Marshall McLuhan di cui è considerato erede intellettuale: «Nelle nuove tecnologie prima gli effetti sono esternalizzati, ma solo per poi rientrare nell’uomo: buttiamo fuori le nostre funzioni cognitive, ma come successivo step l’uomo bionico reinteriorizza, il computer reinserisce le sue conoscenze dentro la persona. L’uomo bionico re-interiorizza tutte le funzioni esterne, anche l’io del gemello digitale (computer-brain-interface, ndr)».

Non c’è dubbio che si entra in territori dove le parole di un sacerdote possono chiarire molte cose. Lo fa don Luca Peyron , responsabile della pastorale universitaria del Piemonte e della Valle d’Aosta, membro della Consulta nazionale della Cei per l’Educazione, scuola e università, giurista specializzato nei temi del digitale, fondatore e coordinatore del Servizio per l’apostolato digitale dell’Arcidiocesi di Torino, uno dei primi servizi a livello globale che si occupa della connessione tra digitale e fede: «La macchina ora ha una capacità non solo automatica, ma pure autonoma. Non è più solo oggetto, ma pure soggetto. Dobbiamo quindi passare da una idea di collaborazione con la macchina a una idea di alleanza» ha detto Peyron.

Le macchine, inoltre, ci consentono di conquistare spazio (andiamo sulla Luna, su Marte) e di creare spazio (l’universo digitale, l’infosfera), consumando però tempo: «Lo spazio che conquistiamo», ha aggiunto don Luca Peyron, «non ci restituisce tempo, che è incomprimibile e non espandibile. Avere più spazio non significa essere di più come persona». Nel progettare Intelligenza artificiale, secondo Peyron, è importante prima decidere l’obiettivo da raggiungere, e invece spesso assistiamo a progetti di IA senza obiettivi precisi, scoprendo solo ex post i danni che può provocare. «Sul tema specifico della human augmentation e dei cyborg, molto dipende dalla idea che diamo al concetto di limite. Il limite è il luogo dove incontriamo l’altro. Il limite è il luogo della relazione, e cambia la modalità con cui ci approcciamo alla tecnologia, creata per superare il limite» ha sottolineato Peyron. «Essere umani non è un limite, una malattia, essere umani significa incontrare l’altro sullo stesso vascello. La tecnologia, perciò, mi deve dare la gioia di risolvere un problema insieme ad un altro».

Mentre si riflette sul senso etico e religioso della human augmentationil biohacking sta diventando una vera e propria industria che McKinsey stima possa raggiungere un valore di mercato di mille miliardi di dollari nei prossimi dieci anni: la gran parte delle start up si sviluppano in California, attorno a Los Angeles, dove è nato il culto per la salute e l’efficienza del corpo. Tra i più attivi investitori ci sono Elon Musk con Neuralink, passando per Jack Dorsey (fondatore di Twitter) o i colossi Amazon, Google, Apple, fino a marchi emergenti tipo Upgrade Labs, Next Health, OsteoStrong, Peak Brain, o la fondazione nonprofit Methuselah Foundation che raccoglie milioni di dollari per il suo progetto finalizzato a trasformare i 90 anni nei nuovi 50 anni entro il 2030.​​

Milanese, laureato in Economia e commercio alla Università Cattolica del Sacro Cuore, è giornalista del quotidiano ItaliaOggi, co-fondatore di MarketingOggi, esperto di storia ed economia dei media, docente di comunicazione ed economia dei media per oltre 10 anni allo IED di Milano.