Con il chip meno cavie animali nei laboratori

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Con il chip meno cavie animali nei laboratori

Un team di ricercatori dell’Università di Pisa ha realizzato un mini-fegato che consentirà di ridurre in un prossimo futuro l'utilizzo delle cavie animali.

Un team di ricercatori dell’Università di Pisa ha realizzato un mini-fegato che consentirà di ridurre in un prossimo futuro l’utilizzo delle cavie animali.

​​Laboratori senza cavie animali: un auspicio non tanto privo di fondamento grazie ai mini-organi su chip che sono da considerare sempre più attendibili ai fini della sperimentazione farmacologica. A confermarlo un nuovo studio condotto dall’Università di Pisa, all’avanguardia nella ricerca sui modelli di organo artificiale, pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale Advanced Functional Materials e condotto dal team di ricerca di Giuseppe Barillaro del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, con la collaborazione del gruppo di Nico Voelcker della Monash University, in Australia.

Gli studiosi sono riusciti, dopo tre anni di lavoro, a realizzare un fegato miniaturizzato di un cm per un cm che riproduce in maniera fedele alcune fondamentali funzioni dell’organo vero e proprio. Un risultato eccezionale come spiega a Changes lo stesso Barillaro: «La novità di questo modello di fegato consiste nel fatto che si compone di strutture tridimensionali che hanno la dimensione effettiva delle cellule epatiche e che sono disposte in modo da replicare anche architettonicamente l’organizzazione del fegato nel lobulo epatico. Negli esseri umani, le cellule epatiche sono distribuite in cordoni collocati tra le vene (sonusoidi) che entrano nel lobulo. Questa particolare diposizione consente di riprodurre negli organi artificiali alcune funzioni fondamentali, come la detossificazione e il mantenimento dell’omeostasi, ovvero della stabilità delle proprietà chimiche e fisiche».

Il team di ricercatori dell’ateneo toscano si è avvalso di alcune delle più avanzate conoscenze in ambito nanotecnologico, del tutto simili a quelle utilizzate per realizzare i circuiti integrati necessari al funzionamento di computer o di uno smartphone di ultima generazione. Un enorme passo in avanti rispetto ai test in vitro, dove le colture cellulari sono di solito realizzate su una piastrina di plastica piatta: questi organi su chip, invece, non sono solo tridimensionali ma riproducono anche perfettamente le dimensioni dell’ambiente in cui le cellule di solito vivono. Nel caso specifico del fegato realizzato a Pisa i canali in cui si inseriscono gli epatociti sono microscopici e misurano circa 5 millesimi di millimetro. Inoltre il mini-fegato presenta un flusso sanguigno radiale, dall’interno vero l’esterno, esattamente come quello in un fegato umano. Il risultato è che l’organo su chip è in grado di fornire feedback più precisi sugli effetti dei farmaci oggetto di sperimentazione.

«Questa microstruttura 3D – continua lo scienziato – consente di mantenere l’attività e le caratteristiche delle cellule del fegato più a lungo rispetto a quanto non accada con una normale coltura: siamo riusciti a tagliare il traguardo del mese contro una settimana, e a creare condizioni fisiologiche molto simili a quelle del corpo umano. Siamo così in grado di realizzare test farmacologici a medio termine più attendibili che con le normali colture, con la conseguenza di poter ridurre un giorno l’uso di cavie animali. Abbiamo testato per esempio il paracetamolo e osservato che la correlazione fra tossicità del farmaco nel chip e quella nell’uomo sono molto simili. In un prossimo futuro, replicando in modo sempre più accurato la struttura del lobulo epatico, potremo arrivare a ricreare su chip alcune tra le più importanti funzionalità del fegato, organo molto complesso, e centrare inoltre l’obiettivo di una medicina personalizzata».

Questo filone di ricerca è molto sviluppato anche negli Usa dove è stato avviato un avveniristico progetto denominato Humanchip: diversi organi chip verranno messi in connessione tra loro per riprodurre l’intera fisiologia umana. L’obiettivo è di rendere possibile test farmaceutici su un organo specifico controllando contemporaneamente l’impatto sugli altri, esattamente come avverrebbe se la sperimentazione fosse compiuta su un essere umano. In Europa al momento è ai primi passi la costruzione di una flagship sugli organi chip, che includerebbe non solo partner accademici, ma aziende interessate a portare avanti i risultati della sperimentazione.​

Giornalista, vivo di e per la scrittura da quattordici anni. Cresco nelle fumose redazioni di cronaca che abbandono per il digitale dove perseguo, però, lo stesso obiettivo: trasformare idee in contenuti.​