Comunicare la salute: quando il linguaggio fa la differenza

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Comunicare la salute: quando il linguaggio fa la differenza

Perché nel percorso evolutivo della sanità e della salute, in cui la tecnologia sta cambiando i rapporti tra aziende e pazienti, l’informazione è decisiva.

Nel panorama sanitario contemporaneo, comunicare la salute non è più un’azione accessoria ma una funzione centrale, strategica, decisiva. Le tecnologie digitali stanno trasformando non solo il modo in cui vengono raccolti e gestiti i dati, ma anche la relazione tra medico e paziente, ridefinendo linguaggi, strumenti e aspettative. Ma, nel bel mezzo di questo cambiamento, cosa resta delle buone abitudini della comunicazione tradizionale? E, soprattutto, cosa funziona davvero oggi?

Comunicare la salute: perché è importante

In sanità, la comunicazione è parte integrante del processo di cura. Parlare in modo chiaro, trasparente e accessibile rafforza il rapporto di fiducia tra pazienti e professionisti, migliora l’aderenza terapeutica e favorisce la comprensione delle scelte mediche. È una leva di benessere, non solo un canale informativo.

Fiducia, ascolto e autorevolezza sono i pilastri su cui si costruisce una comunicazione sanitaria efficace. Perché un paziente che comprende, è un paziente che partecipa attivamente al proprio percorso di cura. E in un sistema sempre più orientato verso una medicina personalizzata e preventiva, la chiarezza e l’empatia diventano condizioni irrinunciabili.

Comunicare la salute: la tecnologia in aiuto

La tecnologia può diventare alleata della comunicazione, a patto che venga utilizzata per amplificare – e non sostituire – il contatto umano. Secondo una ricerca Istat 4 italiani over 65 dichiarano di usare Internet regolarmente (nel 2003 erano appena l’1,6%) mentre un’analisi condotta dal Silver Economy Forum ha evidenziato che il 61% di over 55 si dice convinto che il contributo della tecnologia possa rendere più efficace la relazione tra medico e paziente (61%).

Non c’è, dunque, timore che la figura del medico venga “uberizzata” o sostituita da un algoritmo. Anzi, il desiderio di un dialogo continuo e più intenso con il proprio medico è forte. La relazione terapeutica viene percepita come migliorabile proprio grazie alla tecnologia, se questa riesce a garantire più tempo e più qualità nella comunicazione.

Come ha ricordato Franco Balestrieri, Direttore Marketing e Comunicazione di GVM Care & Research, il tempo dedicato al dialogo tra medico e paziente è ancora troppo ridotto. La tecnologia dovrebbe essere uno strumento per dilatare i momenti essenziali dell’ascolto, della diagnosi e della cura, non per ridurli.

In questo senso, la comunicazione digitale funziona se:

  • Favorisce un ascolto più ampio e profondo;
  • Crea uno spazio reale per il dialogo, dove ancora oggi è carente;
  • Mantiene ben distinti i ruoli e le responsabilità, con il medico sempre autorevole punto di riferimento.

Sanità digitale e nuove tecnologie

La diffusione della sanità digitale ha cambiato il modo in cui i cittadini si avvicinano alla cura. Dalla telemedicina alle app per la gestione delle terapie, dalle piattaforme per le prenotazioni sanitarie fino al monitoraggio remoto dei parametri vitali, oggi parlare di salute e tecnologia significa riferirsi a un universo in rapida espansione.

Ma sanità digitale non può significare solo efficienza. Deve significare anche comunicazione intelligente, linguaggi comprensibili, interfacce umane. Non basta digitalizzare per innovare: serve un pensiero che accompagni il paziente lungo tutta l’esperienza sanitaria, rendendo ogni passaggio chiaro, guidato, accessibile.

Una tecnologia utile è quella che:

  • Traduce le informazioni cliniche in linguaggio semplice;
  • Aumenta la consapevolezza del paziente;
  • Rafforza il legame tra medico e paziente anche a distanza.

Solo così la salute e tecnologia possono marciare insieme, senza lasciare indietro nessuno.

Comunicazione sanitaria tra Web e menzogne

Il vero nodo critico resta però la sovrainformazione. Se da un lato abbiamo pazienti sempre più attivi e digitalizzati, dall’altro il web si presenta spesso come un contenitore pieno di contenuti sanitari fuorvianti, generalizzati, e in molti casi pericolosamente sbagliati.

Social network e motori di ricerca offrono, quotidianamente, diagnosi fai-da-te, promesse miracolose e cure senza basi scientifiche. E i media tradizionali, in particolare la TV, non sempre aiutano: campagne promozionali mascherate da informazione sanitaria fanno leva su disturbi comuni – colesterolo, reflusso, allergie – senza distinguere tra interesse commerciale e valore clinico.

Le conseguenze?

  • Autodiagnosi errate;
  • Perdita di fiducia verso i professionisti;
  • Condivisione incauta di dati personali;
  • Difficoltà nel distinguere tra medico vero e sedicente esperto online.

Fortunatamente, i cittadini iniziano a sviluppare un certo grado di scetticismo. Secondo una ricerca di Publicis Health:

  • L’86% degli utenti teme che le informazioni online siano imprecise o inaffidabili;
  • Il 30% consulta almeno quattro siti diversi prima di fidarsi;
  • Il 71% è preoccupato che i propri dati vengano venduti o ceduti.

Questo significa che c’è spazio – e necessità – per una comunicazione sanitaria più trasparente, autorevole e responsabile. Perché, anche nell’era dei big data e dell’intelligenza artificiale, resta un principio semplice: senza fiducia, nessuna cura è davvero efficace.
Nel mondo della sanità, la tecnologia può e deve aiutare. Ma senza dimenticare che comunicare la salute significa, prima di tutto, costruire relazioni. Fatte di ascolto, chiarezza e rispetto dei ruoli. Perché non c’è algoritmo che possa sostituire il valore di una parola detta con empatia, né app che possa compensare una cura mal spiegata.

*Articolo pubblicato il 18 novembre 2018 e sottoposto a successive revisioni

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​Antonio Belloni è nato nel 1979. È Coordinatore del Centro Studi Imprese Territorio, consulente senior di direzione per Confartigianato Artser, e collabora con la casa editrice di saggistica Ayros. Scrive d'impresa e management su testate online e cartacee, ed ha pubblicato Esportare l'Italia. Virtù o necessità? (2012, Guerini Editori), Food Economy, l'Italia e le strade infinite del cibo tra società e consumi (2014, Marsilio) e Uberization, il potere globale della disintermediazione (2017, Egea).