Pubblicità: perché l’IA non fa paura
L’Intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando il mondo della pubblicità. Ma con un impatto non drammatico sui processi creativi. Poiché, come concordano i vertici delle pr
Gli oggetti indossabili sono una realtà dei dispositivi high-tech. E ormai hanno un'anima. Come la t-shirt che trasmette sensazioni tattili, il braccialetto che misura i raggi solari e la cintura per le future mamme.
La tecnologia è intorno a noi e, come se non bastasse, da qualche anno anche addosso a noi. Senza evocare catastrofiche previsioni di orwelliana memoria, possiamo affermare, senza paura di essere smentiti, che ormai siamo entrati a pieno diritto nella wearables age, ovvero nell’era degli oggetti indossabili, dai vestiti agli accessori di uso comune, che incorporano sensori, cellulari e telecamere. Secondo un recente report della Consumer Technology Association americana, rilasciato in occasione del CES, Consumer Electronics Show 2016 di Las Vegas, le vendite totali tra wearables device e smartwatches, negli Usa, supereranno i 38 milioni di unità soltanto quest’anno e raggiungeranno 1,3 miliardi di dollari di fatturato. E le previsioni sono davvero impressionanti con il raggiungimento di oltre 126 milioni di unità entro il 2019. Marta Valsecchi, responsabile della ricerca degli Osservatori di Digital Innovation New Media & New Internet, Mobile marketing & Service, Mobile & Apps economy, presso il Politecnico di Milano, sottolinea che l’Europa e l’Italia sono ancora piuttosto indietro rispetto agli Stati Uniti: «Al momento questo mercato è in una fase embrionale e, in generale, sotto le aspettative. Oggi è difficile fare delle previsioni, molto dipende dalle tipologie di dispositivi che saranno realizzati e, per quanto riguarda l’Italia, dalla cura per il design, aspetto molto considerato nel nostro Paese».
I maniaci di questi dispositivi, però, possono dormire sonni tranquilli. Mentre sul fronte commerciale i progressi sembrano procedere ancora lentamente, con l’eccezione degli States, la vulcanica immaginazione di scienziati e inventori continua a sfornare diavolerie su diavolerie senza pausa. La nuova parola d’ordine, oggi, è integrazione. Sensori e chip faranno sempre più parte di tessuti e accessori che indosseremo ogni giorno, senza accorgercene. «In questo ambito si stanno esprimendo molto bene numerose start-up anche italiane – ha sottolineato Valsecchi – che da tempo hanno deciso di dedicarsi a questo tipo di dispositivi, molto diffusi non solo in ambito sportivo». All’estero Google e Levi’s, soltanto per fare un esempio, stanno collaborando al progetto Jacquard che prevede la produzione di capi di abbigliamento con filati high tech in grado di interagire direttamente con i dispositivi digitali e gli smartphone. Miracoli della nanotecnologia.
La società Wearable Experiments, invece, ha realizzato una maglia sportiva, chiamata Alert shirt, in grado di trasmettere le vibrazioni tattili dei giocatori in campo, permettendo agli appassionati di sentirsi direttamente coinvolti nelle azioni dei propri beniamini.
Sono già una realtà, invece, i dispositivi concepiti per monitorare il nostro stato di salute. Stress e benessere generale sono tenuti sotto controllo con Zenta di Vinaya, non un semplice braccialetto per il fitness ma un device che entra a pieno titolo nell’ambito della “tecnologia dell’emozione”. Zenta è in grado di costruire un profilo del suo utilizzatore monitorando sonno, stress, stati emotivi e umore generale. Il dispositivo aiuta ad adottare cambiamenti al proprio stile di vita, e rappresenta una sorta di personale coach sia per il corpo sia per la mente. Molto innovativo in questo senso è Ritmo Beats, dedicato alle future mamme. Si tratta di una sorta di cintura elastica che avvolge il grembo materno e grazie ai suoi sensori è in grado di monitorare la gravidanza e lo sviluppo del feto. Ritmo Beats sfrutta la tecnologia cloud per tenere sotto controllo lo stato di salute del bimbo e della futura mamma. Come se non bastasse è dotato di quattro piccoli-speakers e di un’app scaricabile sul proprio smartphone per diffondere la musica. La ricerca scientifica, infatti, ha da tempo messo in evidenza i benefici dell’ascolto di melodie in chiave di riduzione dell’ansia e dello stress sia delle future mamme sia dei piccoli. Curioso il bracciale SunFriend. A guardarlo non si direbbe ma questo oggetto, sogno di tutti gli amanti della tintarella, ha origini insospettabili: i laboratori della Nasa, dove il padre di questa geniale invenzione, Shahid Aslam, è stato incaricato di sviluppare l’EVE (Extreme Ultraviolet Variability Experiment) per la misurazione delle radiazioni ultraviolette da installare a bordo di un avveniristico satellite made in Houston, il Solar Dynamics Observatory. Da quell’esperienza nasce il bracciale al cui interno è custodito un semiconduttore che grazie a un microchip elabora i dati raccolti sulla base di vari parametri impostati dal proprietario, e segnala attraverso un led luminoso quando è il caso di mettersi all’ombra. In rapida ascesa c’è anche il mercato degli wearables per gli animali. Il più recente? PetPace, uno speciale collare intelligente che monitora i parametri vitali e i comportamenti del nostro fidato animale domestico, dovunque si trovi.