Un regalo a portata di clic

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Un regalo a portata di clic

Cresce il commercio elettronico in Italia e il Natale si fa sempre più digitale. E se l’e-commerce da minaccia divenisse alleato dei negozi tradizionali?

Cresce il commercio elettronico in Italia e il Natale si fa sempre più digitale. E se l’e-commerce da minaccia divenisse alleato dei negozi tradizionali?

Dicembre 2029, manca solo qualche giorno a Natale, ma in città non c’è nessuna corsa al regalo. Le vie del centro sono vuote, sui marciapiedi c’è solo qualche passante e i negozi, pur ricchi di decorazioni natalizie, sono deserti. Una fotografia desolante, ma secondo gli apocalittici del commercio elettronico spaventosamente realistica.

Eppure nonostante i dati, le saracinesche abbassate e le tetre prospettive economiche paventate, questo scenario potrebbe risultare eccessivamente catastrofistico.

Secondo l’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano, il commercio elettronico in Italia nel 2019 sfiorerà un volume di affari di 31,6 miliardi di euro, ben il 15% in più rispetto al 2018. Una crescita a due cifre, difficile da ritrovare oggi in qualsiasi altro settore. «A dominare – sottolinea Valentina Pontiggia, Direttore dell’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano – sono i prodotti di informatica, l’abbigliamento, l’arredamento e grazie al delivery i prodotti relativi al food. Tra i servizi, cresciuti dell’8% in un anno, si registra la predominanza di acquisti di biglietteria, assicurazione ed eventi».

Protagonista della rivoluzione in atto è lo smartphone, il vero re dell’e-commerce, da cui passano il 40% delle transazioni. Tuttavia, rispetto ai nostri partner europei e a colossi come Usa e Cina, il nostro paese ha ancora un e-commerce poco maturo. «Un ritardo dovuto al fatto che i rivenditori tradizionali hanno abbracciato il commercio elettronico troppo tardi. Poi – spiega sempre Valentina Pontiggia – ci sono anche notevoli difficoltà infrastrutturali, causate dal digital divide territoriale italiano. Inoltre, il nostro paese sconta una storica diffidenza culturale nei confronti dei pagamenti digitali percepiti ancora come poco sicuri».

L’e-commerce natalizio in Italia

Lo scorso Natale, sempre secondo l’Osservatorio eCommerce B2C del Politecnico di Milano, la spesa online degli Italiani è stata di circa 6,8 miliardi di euro, pari al 25% della domanda annuale di e-commerce, in crescita del 20%.

Un effetto rilevante del commercio online riguarda la tempistica degli acquisti natalizi, che spesso coincidono con lo shopping del Black Friday o del Cyber Monday di novembre, usanze che da oltreoceano si stanno imponendo sempre di più anche in Europa. Nel 2018, infatti, i dati di Qapla, software che monitora le spedizioni, hanno fotografato un volume di spedizioni boom nella seconda metà di novembre, il 5,15% in più rispetto al periodo pre-natalizio e di oltre il 51% rispetto a quello natalizio.

Dati rilevanti, secondo molti alla base delle cifre stagnanti registrate dai negozi “tradizionali”. In alcuni comparti, come quello dell’abbigliamento, stando alla Camera di Commercio di Milano, nelle città italiane si perdono 9 negozi al giorno, costretti a chiudere definitivamente.

Il commercio elettronico da nemico ad alleato: una strada possibile

E quindi che fare? Bisogna rassegnarsi alla desertificazione dei negozi fisici a vantaggio dei portali e-commerce? Tutt’altro. Il commercio elettronico, trainato dall’evoluzione tecnologica, dall’applicazione di strumenti di realtà aumentata e virtuale e dall’uso dell’intelligenza artificiale, può rappresentare in realtà un prezioso alleato del commercio fisico.

L’ e-commerce, grazie anche ai social network, può contare sulla sua capacità di profilare il cliente, ovvero capirne gusti e indirizzarne i criteri di scelta, attraverso gli algoritmi di data analytics. «Grazie all’intelligenza artificiale – ha spiegato a Changes Mirko Pallera, founder di Ninja Marketing – ci vengono suggeriti prodotti interessanti da Amazon, o film da Netflix sulla base dei nostri acquisti e preferenze. Oggi è possibile presentare offerte differenziate, con pagine web dinamiche a seconda del pubblico in maniera molto dinamica».

E il negozio tradizionale che raccoglie dati con molta più difficoltà? «Riportare i clienti nei negozi per prodotti poco emotivi non sarà per nulla semplice, ammette Mirko Pallera. Il cliente è disposto ad entrare in un negozio fisico solo se questo fornisce una esperienza umana che online non si riesce a riprodurre. Questo è quello che automazione e robot non potranno sostituire».

Creare esperienza, dunque, anche grazie alla tecnologia. Qualche esempio? Nello store di H&M a Times Square a New York degli specchi interattivi permettono di indossare virtualmente i capi d’abbigliamento e di accedere alle informazioni di dettaglio sui prodotti semplicemente scansionando un QR code.

Mediaworld, in alcuni suoi punti vendita ha lanciato dei totem elettronici su cui cercare i prodotti in listino, mentre Ikea, ormai da anni, ricostruisce spazi e arredamento degli interni attraverso programmi di realtà virtuale.

Come cambiano i negozi fisici

«Anche le cosiddette .com stanno capendo che avere un negozio fisico è importante – osserva Valentina Pontiggia -. Si sta progressivamente passando da negozi con metrature elevate a piccoli negozi di prossimità. In questi esercizi si presta sempre più attenzione all’esperienza della consulenza. Si passa da una logica transazionale a una relazionale: il momento del pagamento è di contorno, ma a dominare è l’esperienza: Apple nei suoi store tiene corsi di formazione, Petit Bateau predispone aree gioco per bambini, Hugo Boss ha addirittura tolto lo stock dal punto vendita, il cliente prova il prodotto e poi lo riceve a casa».

C’è un mondo che cambia, dunque, e che vede opportunità in quelle che per molti sono minacce. Discorso complesso, certamente, che dipende soprattutto dalle disponibilità finanziarie degli esercizi commerciali: se i grandi gruppi multinazionali possono investire nella loro trasformazione in ottica digitale, i piccoli potrebbero non avere i mezzi economici e culturali per gestire la rivoluzione. E allora il vero rischio è che nel commercio 4.0 si assista ad una selezione naturale poco equa e dalle fosche prospettive sociali.

Foto: Getty Images

Giornalista, pugliese e adottato da Roma. Nel campo della comunicazione ha praticamente fatto di tutto: dalle media relations al giornalismo. Brand Journalist e conduttore radiofonico, si occupa prevalentemente di economia, energia ed innovazione. Oltre la radio ama la storia e la politica estera.