Se il robot crea lavoro

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Se il robot crea lavoro

I robot non distruggono occupazione, storicamente la tecnologia si sarebbe rivelata una formidabile generatrice di posti di lavoro. Ecco come.

I robot non distruggono occupazione, storicamente la tecnologia si sarebbe rivelata una formidabile generatrice di posti di lavoro. Ecco come.

Lavoratori soppiantati, disoccupazione di massa e reddito minimo garantito. Vivremo davvero nella prima società senza lavoro? La disoccupazione tecnologica resta lo spauracchio di lavoratori, aziende e stati. Il rischio che macchine e robot soppiantino la forza lavoro in carne ed ossa appare incombente. Eppure dare un’occhiata alle serie storiche dell’occupazione, può restituire una fotografia inedita del mercato del lavoro. Anziché distruggere occupazione, storicamente la tecnologia si sarebbe rivelata una formidabile macchina generatrice di posti di lavoro.

Spulciando le serie storiche sull’andamento dell’occupazione in Galles e in Inghilterra, gli analisti di Deloitte hanno scoperto che negli ultimi 140 anni il numero di occupati nel settore agricolo sarebbe crollato del 95%. Ma in soli 22 anni – dal 1992 al 2014 – il numero di assistenti sanitari sarebbe cresciuto del 909%, passando da 29 mila a 300 mila occupati.

Le continue rivoluzioni tecnologiche non avrebbero avuto un impatto negativo sull’occupazione. Eppure la Quarta Rivoluzione Industriale, caratterizzata dalla digitalizzazione di fabbriche e uffici, minaccia per la prima volta tanto il lavoro manuale, quanto quello intellettuale. È questo, sostanzialmente, l’elemento di novità che rischia di riscrivere le leggi del mercato del lavoro. Avvocati, architetti, giornalisti: gli algoritmi basati sull’intelligenza artificiale continuano ad apprendere dall’uomo, provando a replicare competenze fino a qualche tempo fa appannaggio dei lavoratori in carne ed ossa. Il fenomeno sarà a saldo positivo? È quello che suggerisce l’ultimo studio del World Economic Forum.

133 milioni di nuovi posti entro il 2022

Secondo l’autrice Saadia Zahidi, saranno oltre 58 milioni i posti di lavoro in più creati dalla tecnologia nei prossimi 4 anni. Entro il 2022 più di 75 milioni di lavoratori, nel mondo, potrebbero perdere il proprio posto di lavoro a causa dell’automazione. Parallelamente, però, nello stesso periodo le aziende potrebbero creare 133 milioni di nuovi posti di lavoro, più che compensando quelli che svanirebbero. La chiave resta la formazione. Per garantire i medesimi livelli occupazionali, o meglio incrementarli, sarebbero sufficienti in media 101 giorni di riqualificazione per lavoratore, poco più di tre mesi di formazione. «La nuova edizione del rapporto del WEF, pubblicata a settembre 2018, sembra cambiare la previsione del 2016 o quantomeno aggiungere elementi di complessità all’analisi», spiega a Changes Magazine Michele Tiraboschi, giuslavorista e docente di Diritto del Lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia.

​«Il Rapporto Future of Jobs pubblicato dal World Economic Forum nel 2016 aveva generato ampie discussioni a partire dalla previsione di ben 5 milioni di occupati in meno nei cinque anni successivi. Due anni dopo lo scenario appare molto diverso. Viene presentata infatti una nuova previsione al 2022 nella quale si calcolano 133 milioni lavori emergenti contro 75 milioni lavori declinanti», ragiona Michele Tiraboschi, che dirige anche il Centro Studi Marco Biagi di Modena. Scongiurata la prospettiva destrutturante, per il mercato del lavoro del futuro la parola chiave resta però “formazione”, intesa come l’accumulo di competenze non replicabili da robot e intelligenze artificiali. «Senza questa riqualificazione, non vi sarà la garanzia dell’occupabilità che oggi richiedono sempre più lavoratori, preoccupati dalle previsioni negative. Tra i profili emergenti figurano invece l’analista di dati, lo specialista di intelligenza artificiale e machine learning, ma anche professionisti nelle vendite e nel marketing e specialisti di sviluppo organizzativo. L’innovazione tecnologica trainerà l’occupazione, ma allo stesso tempo distruggerà posti di lavoro facilmente sostituibili dall’automazione», spiega Michele Tiraboschi.

Più ore lavorate dai robot

Del resto, se oggi 71 ore su 100 sono lavorate effettivamente da impiegati in carne ed ossa e 29 dalle macchine, nel 2022, tra soli quattro anni, il World Economic Forum prevede un riequilibrio complessivo che farà calare le ore lavorate dagli uomini (58) e crescere quelle lavorate dalle macchine (42). «Diminuiranno, secondo le previsioni del WEF, profili amministrativi esecutivi, chi gestisce la contabilità e le paghe ad esempio, i lavoratori da catena di montaggio e chi si occupa di servizio clienti. Parallelamente aumenterà la richiesta sia di competenze tecnico-specialistiche legate alle nuove tecnologie​ ma, soprattutto, competenze trasversali che consentono la gestione di ambienti complessi e caratterizzati da imprevedibilità e imprevisti», ragiona il giuslavorista già Direttore del comitato scientifico di ADAPT. Auspici e previsioni che rincuorano, per una volta.

Giornalista, lavora ad Agorà (Rai3). È autore di Play Digital (RaiPlay). Scrive per il Corriere della Sera, le testate RCS, Capital e Forbes. È autore di saggi per l'Enciclopedia Italiana Treccani e ha lavorato in qualità di regista e autore per Quante Storie (Rai3), Codice (Rai1), Tg La7 (La7), Virus (Rai2), Night Tabloid (Rai2), Il Posto Giusto (Rai3), Web Side Story (RaiPlay). È autore del libro: “Guida per umani all’intelligenza artificiale. Noi al centro di un mondo nuovo" (Giunti Editore, Firenze, 2019). Ha vinto i premi giornalistici "State Street Institutional Press Awards" e "MYllennium Award”. ​