Consumi: il codice a barre lascia il posto al Qr
Poco più di 50 anni fa, il 26 giugno 1974, il codice a barre veniva passato per la prima volta dalla cassa del supermercato Marsh nella città di Troy, in Ohio, su una confezione
La sicurezza dei sistemi di guida autonoma può diventare così elevata da mettere in discussione l’apporto umano. Changes ha parlato con Alberto Broggi di come arriveremo a fidarci di un cervello elettronico.
La sicurezza dei sistemi di guida autonoma può diventare così elevata da mettere in discussione l’apporto umano. Changes ha parlato con Alberto Broggi di come arriveremo a fidarci di un cervello elettronico.
Cuore di New York, Manhattan, 1925. Gli Stati Uniti erano già la nazione più motorizzata del globo, le vie della Grande Mela sperimentavano i primi ingorghi, i mezzi spinti da un propulsore a combustione interna erano i nuovi padroni della strada e stavano relegando quelli a trazione animale in un cantuccio dal quale non sarebbero usciti mai più. Nessuno, già allora, si stupiva al passaggio di una vettura, ma quel giorno di 91 anni fa furono in molti a rimanere a bocca aperta: la folla composta da eleganti borghesi in paglietta e operai in tuta blu che lavoravano a ritmo febbrile alla costruzione dei grattacieli che crescevano come funghi, simbolo della neonata potenza statunitense, non credettero ai propri occhi nell’ammirare il passaggio di una torpedo Chandler. La vettura, in realtà un modello molto diffuso fra la classe media a stelle e strisce, percorse un tragitto fra la Broadway e la Fifth Avenue, al volante non c’era nessuno, la teleguidava un’altra automobile che la seguiva a breve distanza grazie a un apparato radio e a dei motori elettrici che azionavano i comandi principali. Quel giorno si aprì l’era della guida autonoma, ma abbiamo dovuto aspettare fino agli anni Settanta del Novecento prima che si iniziasse a pensare seriamente alla realizzazione di vetture che si conducono da sole e non semplicemente teleguidate da qualcuno. L’elettronica, i computer, le telecamere sempre più affidabili e raffinate hanno rappresentato una svolta epocale e hanno consentito di rendere concreto quello che fino a trenta anni fa veniva considerato fantascienza. Oggi, infatti, non ci si chiede più se sia possibile produrre o abituarci a questi veicoli, ma quando le vetture, e anche i mezzi pesanti a guida autonoma, sostituiranno quelli a conduzione umana. Per Alberto Broggi, docente all’Università di Parma e uno dei padri indiscussi di questa tecnologia, non ci sono dubbi. «Nel prossimo futuro ci saranno veicoli a guida automatica in ambienti semplici, come le autostrade, e via via si estenderanno a tutte le vie di comunicazione. Sono convinto che un giorno circoleranno soltanto veicoli autonomi sulle nostre strade». Broggi, già nel 1998, è stato in grado di mettere in strada Argo, una Lancia Thema che ha percorso duemila chilometri in sei giorni per quasi tutto il tempo in modalità di guida autonoma. Ma l’iniziativa che lo ha consegnato alla fama è sicuramente VisLab, lo spin off dell’Ateneo emiliano-romagnolo creato da Broggi e ceduto agli americani di Ambarella per 30 milioni di dollari a luglio 2014. Il laboratorio, infatti, nel 2010 è riuscito a realizzare un veicolo che ha percorso in completa autonomia ben tredicimila chilometri fra Parma e la Cina, arrivando a Shangai.
Ormai tutti i grandi costruttori mondiali sono impegnati in questo settore e sono numerosi i modelli che offrono già sul mercato sistemi di guida assistiti, non dei veri e propri supporti di guida totalmente autonomi, comunque già esistenti allo stato di prototipo. Un tema molto dibattuto è, ovviamente. quello della sicurezza: proprio in questi mesi si sono registrati alcuni incidenti, uno dei quali mortale, su vetture dotate di questo optional. È anche vero che la cronaca ci ha consegnato la storia di un utente di una macchina con guida auto-assistita che colto da malore è riuscito a impostare come destinazione il più vicino ospedale riuscendo a salvarsi così la vita. Secondo Broggi, non ci vorrà molto perché si diffonda la convinzione che «sarà molto più sicuro usare i sistemi autonomi che guidare manualmente». Si arriverà anche al punto di vietare la guida umana? «Secondo me sì», continua il docente.
La diffusione di questi mezzi non imporrà necessariamente l’uso di una tecnologia intelligente applicata ai semafori o al sistema di trasporto pubblico in generale per armonizzare la circolazione stradale. «Per sua definizione il veicolo autonomo deve essere “autonomo” cioè non deve avere bisogno di nessun altro, nemmeno dell’infrastruttura. Ovviamente se saranno usate anche tecnologie esterne che supportino il veicolo, il mezzo sarà più efficiente e darà migliori risultati. Comunque l’auto autonoma deve essere in grado di gestire ogni situazione anche in assenza di infrastrutture amichevoli o di comunicazioni radio».
La diffusione di questi dispositivi, infine, pone dei quesiti di carattere etico. Il sistema di guida autonomo sarà in grado, per esempio, di scegliere se evitare di uccidere un passante dirigendo l’auto contro un muro ma mettendo a rischio la vita degli occupanti? Come farà un computer a gestire le infinite variabili di questo tipo? Tutto dipenderà dall’evoluzione dei software. «Un programma – conclude Broggi – imparerà allo stesso modo in cui imparano i neo patentati. Inoltre ogni sistema partirà da conoscenze condivise dagli altri veicoli: il learning sarà ancora più completo e veloce». E proprio il Massachusetts Institute of Technology (MIT), ha messo a punto una piattaforma chiamata “moral machine” che permette a chiunque di dire come vorrebbe fosse programmato il cervello elettronico di una vettura di questo tipo.
Testo a cura di Roberto Valguarnera