Accendiamo la luce sul futuro
La serie di fantascienza Star Trek è ambientata nell’anno 2264. Gli esseri umani viaggiano nella galassia insieme agli alieni, aiutati da computer, propulsione più veloce d
Il nuovo regolamento europeo sul trattamento dei dati personali è uno strumento normativo avanzato in grado di proteggere dati e privacy e di inaugurare una nuova era che mette al centro il cittadino e i suoi diritti.
Il nuovo regolamento europeo sul trattamento dei dati personali è uno strumento normativo avanzato in grado di proteggere dati e privacy e di inaugurare una nuova era che mette al centro il cittadino e i suoi diritti.
Ben poche norme sono state attese con un tale mix di timore – da parte di imprese piccole, medie e grandi per le severe sanzioni in caso di inadempimento o violazione – e curiosità, prerogativa quest’ultima del cittadino comune che, alla luce dei recenti scandali come quello di Cambridge Analytica, ha iniziato a guardare con un certo disagio al mondo del web senza però riuscire a farne a meno.
Quel che è certo è che il GDPR, ovvero il General Data Protection Regulation varato dalla Ue e in vigore nei 28 Paesi membri dal 25 maggio 2018, rappresenta una opportunità inaspettata per ognuno di noi, perché tutti produciamo dati che poi finiscono nell’universo digitale. Il nuovo regolamento introduce diverse novità sia in termini di diritti per i cittadini sia sul fronte degli adempimenti in capo alle aziende. Vediamo i punti più importanti.
Per ognuno di noi:
I principali obblighi per le aziende:
La legge rappresenta un dispositivo normativo all’avanguardia – tanto da essere stata citata da Mark Zuckerberg (con un certo disappunto, sembrava) nella sua audizione in Senato in seguito allo scandalo di Cambridge Analytica – e soprattutto flessibile. Inoltre introduce un sistema di sanzioni non da sottovalutare neanche da parte dei colossi tecnologici stranieri che, lo ricordiamo, anche se non hanno sede in Europa, sono tenuti al rispetto del GDPR se conservano e trattano informazioni relativi a cittadini europei. In caso di violazione le multe possono arrivare fino a 20 milioni di euro o al 4% del fatturato annuo lordo.
Non deve sfuggire che il GDPR, proprio per la combinazione ora vista di diritti per le persone e di doveri per le aziende, assume un grande valore etico per la sua capacità di riconoscere in capo alla persona una maggiore protezione di qualcosa che è riconosciuto come estremamente importante (oggi e domani), cioè il dato, e a una sostanziale libertà di azione della persona stessa nei confronti di organizzazioni strutturate.
Tuttavia, come spesso avviene per ogni nuova legge, per buona che sia, i principi e i diritti sanciti nero su bianco rischiano di rimanere disattesi se non si costruisce una reale capacità da parte del cittadino di farli valere. Il GDPR ci sta trasportando velocemente in una nuova era ma il rischio di non sfruttarne tutte le opportunità è concreto: difficile immaginare milioni di persone che singolarmente richiedano alle aziende di vedere i propri dati o operino concretamente l’iter che serve per bloccarne l’uso.
Il problema non è la mancanza di competenza da parte del singolo quanto, più spesso, l’assenza di tempo o semplicemente di “energie” da dedicare (anche) a tutto ciò. Per questo motivo la figura di una sorta di class actor digitale, peraltro auspicata dal GDPR, in grado di “coalizzare” le persone, potrebbe consentire a chiunque di agire coerentemente con il regolamento, senza particolari difficoltà e fatiche. Potrebbe consentire, addirittura, di contare anche su un tornaconto economico nel caso in cui la persona optasse per il conferimento dei propri dati in una piattaforma (magari il class actor stesso) in grado di valorizzarli, in maniera aggregata, dal punto di vista economico e di fornire un payback. Del resto come dimenticare che i big data sono il nuovo petrolio? Nel 2020 il mercato dei dati avrà un valore globale di 200 miliardi di euro e soltanto in Italia, oggi vale qualcosa come 2,3 miliardi all’anno. Un fiume di denaro che i produttori di questa ricchezza, ovvero ognuno di noi, non vedono neppure scorrere e finire nelle casse dei colossi tecnologici e di aziende di ogni tipo.
L’introduzione del GDPR ci traghetta, quindi, in una nuova fase nella quale fare “massa critica” per far valere i propri diritti digitali può rappresentare una strada facilmente percorribile e soprattutto auspicabile: la storia ci insegna che il singolo difficilmente ha voce in capitolo quando si confronta con le grandi organizzazioni ma che le cose cambiano se a muoversi è un grande gruppo di persone. In questo senso il GDPR può diventare il vero strumento di una “rivoluzione pacifica” dalla portata epocale che, se ben sfruttato, consentirà al cittadino non solo di godere di un elevato livello di protezione, finalmente adeguato ai tempi, ma anche di trovarsi al centro di un processo economico che fino a oggi lo ha visto tenuto ai margini dai grandi colossi tecnologici.