Siamo pronti all’IAcene?
L’intelligenza artificiale è arrivata e non manca giorno che non scopriamo nuove applicazioni. Siamo di fronte a una rivoluzione copernicana al punto che possiamo parlare di IAc
+L’interfaccia naturale delle macchine senza guidatore sono le Automated Highway System (AHS) o smart road. Anas a Autostrade hanno avviato una sperimentazione sulle strade italiane, ma servono regole chiare a livello europeo.
+L’interfaccia naturale delle macchine senza guidatore sono le Automated Highway System (AHS) o smart road. Anas a Autostrade hanno avviato una sperimentazione sulle strade italiane, ma servono regole chiare a livello europeo.
Il futuro della driveless car è molto di più nelle mani dei giuristi che in quelle degli ingegneri progettisti secondo il commissario Ue alla Digital economy, Gunther Oettinger. «Il tema automobili connesse e automatizzate non riguarda solo la costruzione della macchina stessa e la tecnologia al suo interno. Abbiamo bisogno di portare avanti molte questioni importanti prima che questi veicoli diventino comuni sulle nostre strade» ha detto in un’audizione. «Abbiamo bisogno di un accordo su norme tecniche, comprese quelle sul 5G che saranno essenziali per le auto connesse, e per tutti i dispositivi connessi nella nostra futura economia. Abbiamo bisogno di risolvere questioni legali ed etiche».
Le domande a cui dare una risposta sono tante: Chi possiede e riceve i dati generati dalle auto connesse? Le regole di riferimento dell’UE hanno bisogno di una revisione? Connected e driverless car hanno bisogno che diverse questioni digitali siano messe a posto ed è qui che, secondo Oettinger, la politica deve entrare in gioco. Per la verità i politici si sono mossi in maniera molto cauta finora. L’Unione europea ha messo al centro dell’Agenda digitale comunitaria proprio la nuova mobilità secondo le linee guida progetto EU Industry Dialogue (on automated and connected driving) che coinvolge i costruttori auto e le aziende tecnologiche e grazie al quale sono stanziati investimenti per 180 milioni di euro. Sull’altro fronte c’è il dibattito aperto sulla normativa per regolamentare le attività dei robot, in discussione all’Europarlamento che va a rilento e potrebbe dare un alibi alle Camere nazionali, che, come quella italiana, registrano non pochi ritardi. L’Europa dei Ventisette è molto spaventata dall’idea di concedere una vera e propria personalità giuridica ai robot e non soltanto perché la tecnologia potrebbe renderli capaci di pensare e dunque di agire autonomamente.
Si traccheggia anche sull’istituzione di un’Agenzia europea per la robotica e l’intelligenza artificiale, destinata proprio a occuparsi di tutti gli aspetti legati alla convivenza sociale con gli automi e, senza regole comuni, rallenta anche la sperimentazione su strada che pochi Paesi hanno saputo portare avanti. Andrea Giuricin, docente di economia dei trasporti dell’università Milano e Bicocca, sottolinea che «alla base di questi tempi lunghi non ci sono soltanto le tematiche complesse di natura etica, alle quali è sempre difficile rispondere. I ritardi sono legati proprio alla struttura dell’Europa stessa, che deve mettere d’accordo tante teste e tanti interessi diversi. Gli stessi problemi si sono registrati nell’approvazione del pacchetto ferroviario, mentre la liberalizzazione dei cieli è arrivata soltanto nel 1997, diciannove anni dopo il via in America». Insomma, In America è più tutto facile. «È vero che il sistema federale garantisce le autonomie, ma è ancora più vero che incentiva le legislazioni di quei territori, come la California, dove è più facile fare incrociare gli interessi delle imprese high tech della Silicon Valley con quelli delle case automobilistiche», ha aggiunto Giuricin.
Presto o tardi, comunque, l’Europa dovrà decidere se serve una patente speciale per i mezzi robotizzati, dovrà stabilire come si gestiscono tutte le informazioni sensibili e soprattutto regolare le procedure in caso di sinistro. Al riguardo l’Europarlamento ha votato una mozione per spingere la Commissione a scrivere uno schema legislativo sulle polizze assicurative. In Europa ci ha provato soltanto un compagnia inglese (Adrian Flux), che rimborserà i danni soltanto se il software del veicolo è privo degli aggiornamenti necessari, salta il collegamento satellitare oppure se l’incidente è causato da un hacker. Paolo Ceresi, della società di consulenza Mbs Consulting, ha ipotizzato che in futuro le compagnie dovranno privilegiare le cosiddette tariffe comportamentali, basate sulle informazioni relative al modo di guidare raccolte attraverso le scatole nere che oggi assicurano una persona, ma in futuro potrebbero assicurare il software, i sensori o i produttori della macchina.
Però bisogna muoversi in fretta. Perché il futuro è dietro l’angolo e non soltanto perché Google e Ford si sono dati il 2020 come data per commercializzare la prima auto senza guidatore. Quando Google neanche esisteva, infatti, al VisLab, spin off dell’ateneo emiliano, il professor Alberto Broggi e i suoi furono i primi al mondo a mettere su strada un veicolo senza guidatore. Ma non solo. La prima casa automobilistica italiana, FiatChrysler, ha stretto un accordo con Google per allestire in modalità driveless i nuovi van Pacifica e lavora con Uber per prima lanciare i primi taxi senza guidatori. E Pirelli ha brevettato e lanciato il Cyber Tyre, che con un sensore controlla lo stato dello pneumatico, aumentando la sicurezza.
Oltre al veicolo c’è poi il tema delle strade. Quanto sono pronte ad accogliere questi veicoli? Tutte le sperimentazioni dell’auto senza guidatore finora sono state fatte prevalentemente in America. Sull’asse Roma–Boston il Cnr e il Mit portano avanti il progetto “Wave”, scrivendo algoritmi per regolare meglio la circolazione e fare a meno dei semafori, per esempio. Ma qualcosa si sta muovendo anche sulle strade italiane. Anas, il maggiore concessionario stradale, ha intenzione di fare della Salerno Reggio Calabria la prima smart road d’Europa e questo è, al momento, il progetto più ambizioso sul campo. L’interfaccia naturale delle auto robot sono delle cosiddette Automated Highway System (AHS) o smart road. Come funzionano? Sulle carreggiate sono posti una serie di sensori – un tempo bulloni o punte magnetizzate, oggi centraline – che assieme a emittori radio sistemati ai lati mandano segnali ai veicoli per indicare la velocità o la direzione, segnalare le curve o le uscite stradali, avvertire in caso di situazioni di pericolo.
In quest’ottica Anas ha lanciato un bando da 20 milioni di euro per dotare i 440 chilometri dell’arteria meridionale di fibra ottica, una grid elettrica alimentata a energia eolica e centraline Wifi in motion poste a distanza di 500 metri una dall’altra. L’obiettivo è connettere gli automobilisti e la società di gestione attraverso un “access point” con un nuovo standard di dialogo, il DSRC (Dedicated Short Range Communications). Questa rete permetterà di scambiarsi informazioni sul traffico, segnalare pericoli, controllare le merci trasportate, monitorare la tenuta delle infrastrutture. E in futuro manderà input di guida alle auto self driving.
Si dà da fare su questo versante anche Autostrade per l’Italia, che con il Tutor ha ridotto del 70% gli incidenti sulla sua rete. Sulla Venezia–Trieste Autovie Venete ha installato il sistema antinebbia Deep View, realizzato dalla Easy Drive di Trieste, che grazie a radar a infrarosso, riesce a calcolare la distanza tra i veicoli in presenza di nebbia, per prevenire le collisioni tra veicoli. Molto attivo nel campo della sicurezza anche VisLab, che nei suoi vent’anni di vita ha fornito al mondo dell’automatizzazione sistemi di rilevamento di navigazione, dei veicoli in marcia, degli ostacoli o dei pedoni.
Certo, resta da risolvere uno dei problemi emergenti nella guida automatica: la capacità di operare correttamente in situazioni rare, quella appunto che portano ad incidenti stradali. A questa domanda vuole dare una risposta il Dipartimento di ingegneria industriale dell’università di Trento che ha deciso di affrontare il problema etico–giuridico delle robotica. Come? Grazie a un nel programma europeo Horizons ha lanciato il progetto Dreams4Cars per sviluppare una tecnologia robotica in grado di simulare i processi mentali che si registrano negli automobilisti durante le varie fasi di guida. Così da “insegnare” alle macchine quando è il caso di accelerare o frenare.