Debolezze virtuali

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Debolezze virtuali

La rivoluzione tecnologica presenta diverse vulnerabilità di natura sociale, economica, regolatoria, legale ed etica. Changes ha parlato delle debolezze virtuali con il filosofo Cosimo Accoto.

La rivoluzione tecnologica presenta diverse vulnerabilità di natura sociale, economica, regolatoria, legale ed etica. Changes ha parlato delle debolezze virtuali con il filosofo Cosimo Accoto.

«Scienze e tecnologie di notevole impatto ambientale e sociale stanno lasciando i laboratori per essere diffuse, in maniera sempre più ampia, su scala planetaria. A fronte di questa spinta tecnologica, credo sia sempre più indifferibile l’attivazione di un pensare all’altezza delle sfide scientifiche e tecnologiche in essere», spiega a Changes Cosimo Accoto, filosofo di formazione, ma anche Research Affiliate al MIT di Boston e autore de Il mondo ex machina. Cinque brevi lezioni di filosofia dell’automazione (Egea, 2019).

Amazon cataloga talvolta i suoi libri nella categoria “Economia e finanza”. Accoto, nel frattempo, fa ricerca in uno dei templi della tecnologia mondiale. Mentre la filosofia compare nei titoli di diverse sue pubblicazioni. La sua missione sembra quella di ricucire lo strappo “crociano” tra umanesimo e scienza. «La filosofia deve tornare ad occuparsi delle cosiddette “tecnicalità”, che sono oggi sempre più a fondamento del nostro reale», si schermisce Accoto, già autore de Il mondo dato. Cinque brevi lezioni di filosofia digitale (Egea, 2017). «Il mondo si è avviato verso una trasformazione profonda e irreversibile delle proprie fondamenta. Una trasformazione che rimane sostanzialmente confinata alle ricerche degli specialisti, un po’ distante da una riflessione più ampiamente culturale ora necessaria. Serve un pensiero filosofico, speculativo e prospettico, aperto ma attento, capace di studiare e accompagnare, con la necessaria densità teorica, questa nuova civiltà umana. È tempo, dunque, di immaginare un manifesto “phil-tech” che renda urgente il bisogno collettivo di tornare a pensare filosoficamente la tecnologia».

Per comprendere l’urgenza di una via filosofica alla tecnologia, il dilemma del carrello ferroviario torna sempre utile. Immaginiamo un treno in corsa e due binari di fronte a sé. Sul primo, quello sulla direzione di marcia, cinque persone legate alle rotaie. Sul secondo, un solo individuo nella medesima condizione di costrizione. Al di qua della linea gialla, in sicurezza, qualcuno in grado di deviare il treno in corsa con una leva. Impossibile frenarne l’andatura, ma solo indirizzarne il senso di marcia. In una direzione, o nell’altra. Tirando la leva del cambio sacrificherebbe una sola vita, salvandone cinque. Non assumendosi la responsabilità del cambio di marcia, invece, lascerebbe morire cinque persone. È l’esperimento di filosofia etica formulato nel 1967 dalla filosofa inglese Philippa Ruth Foot. Possiamo quindi pensare di assegnare la leva del comando all’intelligenza artificiale?

Ragiona Accoto: «Prendere decisioni era una peculiarità umana e ora questa capacità viene assegnata in parte anche agli automi, ai robot e agli algoritmi. Bisogna perciò accertarsi che siano decisioni eque e sostenibili. Anche perché questa rivoluzione tecnologica presenta diverse vulnerabilità di natura sociale, economica, regolatoria, legale ed etica. L’orientamento filosofico ha il grande pregio di aiutare a chiarire e a illuminare principi e fondamenti dello sviluppo tecnologico, a porre in questione e criticare assunzioni e pregiudizi applicativi, a costruire nuovi modelli di governo e linee guida etiche in grado di eliminare, ad esempio, le discriminazioni algoritmiche o le automazioni delle diseguaglianze nei processi decisionali». Del resto l’uomo ha impiegato secoli di storia per erigere un’etica condivisa e fissare valori di riferimento per l’umanità. Le macchine, al contrario, non sembrano avvertirne un’indifferibile necessità, poiché programmate semplicemente per completare mansioni specifiche. È la politica a doversi emancipare dalla semplice dimensione di collettrice di consensi, per riappropriarsi della funzione di protezione e accompagnamento della società in una rivoluzione già in corso. 

«A livello internazionale si sta lavorando per creare principi e regole etiche che guidino lo sviluppo tecnico a beneficio dell’umanità. Esistono documenti di indirizzo per le imprese che sviluppano intelligenza artificiale, per salvaguardare l’autonomia, il benessere e la libertà umana su questo pianeta. È necessario educare eticamente gli umani che progettano, creano o allenano le macchine, responsabilizzando le imprese, ma anche progettare macchine autonome che incorporino principi e linee guida etici. Certificando gli algoritmi senza discriminazioni consapevoli o involontarie. Per questo tutti dobbiamo promuovere un approccio filosofico e critico, per non lasciare da soli ingegneri e programmatori», è l’appello di Accoto. Eppure, a Facebook non sono sufficienti migliaia di spazzini del web e le fake news continuano ad impazzare in rete. Talvolta sospinte da campagne politiche e mediatiche, ma spesso dalla forza stessa delle loro gambe (corte).

La politica sembra spesso in balìa dei GAFAM americani (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) e dei BAXT cinesi (Baidu, Alibaba, Tencent e Xiaomi), che si avviano a rappresentare monopoli ormai irreversibili. È tramontato il sogno di esercitare un ruolo pubblico nella distribuzione delle informazioni? Ragiona Accoto: «Il software è, oggi, al comando. Società, economia, scienza e cultura sono fortemente permeate e costitutivamente attivate grazie al codice software incorporato in processi, architetture, ambienti e oggetti, media e, finanche, impiantato in corpi umani, animali e piante. Come sanno i cartografi, chi mappa un territorio lo domina. Mentre oggi applicazioni e servizi di mappatura e geolocalizzazione sono prerogativa di piattaforme private».

Fiscalità generale e protezione dei dati personali, tra le altre, sembrano le criticità storiche nel rapporto tra stati e piattaforme. Chi muove la leva della politica continuerà ad entrare in rotta di collisione con la “società del software”?  «Il potere statale non è tramontato, ma rischia l’irrilevanza se non comprende i nuovi modi d’esistenza del potere digitale e attiva le necessarie contromisure a bilanciamento. Nella “società del software” il digitale si è allargato a comprendere e ridisegnare questioni geo-politiche e geo-giurisdizionali. Un potere del codice che ha preso la forma ontologica di “piattaforma”. Di fatto, e filosoficamente, le piattaforme oggi disegnano nuovi regimi di “sovranità”, in diretta e muscolare contrapposizione sempre più spesso con altre forme di sovranità come gli stati».  

Giornalista, lavora ad Agorà (Rai3). È autore di Play Digital (RaiPlay). Scrive per il Corriere della Sera, le testate RCS, Capital e Forbes. È autore di saggi per l'Enciclopedia Italiana Treccani e ha lavorato in qualità di regista e autore per Quante Storie (Rai3), Codice (Rai1), Tg La7 (La7), Virus (Rai2), Night Tabloid (Rai2), Il Posto Giusto (Rai3), Web Side Story (RaiPlay). È autore del libro: “Guida per umani all’intelligenza artificiale. Noi al centro di un mondo nuovo" (Giunti Editore, Firenze, 2019). Ha vinto i premi giornalistici "State Street Institutional Press Awards" e "MYllennium Award”. ​