Vivere in verticale

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Vivere in verticale

Gli uomini per secoli hanno realizzato la loro arte in formato orizzontale. Lo smartphone e i social hanno cambiato la prospettiva da 16:9 a 9:16 e cambiato il linguaggio.

I comandi dello smartphone sono pensati per un uso in verticale del device. E poiché i telefonini sono ormai diventati il nostro cervello, come spiegava bene Vittorino Andreoli nel suo libro “L’uomo col cervello in tasca”, è in atto un cambiamento di paradigma e di linguaggio visivo: dall’orizzontale al verticale. 

Si scattano foto e si girano video quasi sempre in verticale, in questo formato condividiamo immagini sul web, nei social. Solo per il 6% del tempo lo smartphone è usato in modalità landscape. E infatti gli shorts di YouTube, i video di TikTok o Snapchat, i Reels di Instagram sono tutti in verticale. Miliardi di video visti da miliardi di persone ogni mese in giro per il mondo. Nella stragrande maggioranza in formato 9:16, e non in 16:9, quello dei nostri televisori, quello del cinema, quello dei monitor dei pc.

D’altronde, racconta con un certo senso dell’umorismo il regista Peter Greenway, «gli uomini per secoli hanno realizzato la loro arte in formato orizzontale, per poi guardarla dalle loro finestre, dunque in formato verticale».

Se vogliamo prendere la Cina come una sorta di anticipazione di quanto accadrà anche nel mondo Occidentale, ebbene: nessuno ha il pc, non molti usano il tablet, praticamente tutti fanno tutto e vedono qualunque tipo di contenuto attraverso lo smartphone. Formato verticale, dai video brevi di TikTok agli short drama fino ai live streaming.

La Generazione Z, nonostante Michele Serra l’avesse identificata come “gli sdraiati”, ha invece un immaginario visivo tutto verticale. E la comunicazione commerciale, anche se con qualche lentezza, ha iniziato a sviluppare messaggi ad hoc in questo senso. C’è, tuttavia, ancora un approccio pigro, girando in 16:9 e poi semplicemente trasformando in 9:16 qualcosa di pensato e girato in orizzontale. Un errore enorme, perché il formato verticale cambia proprio i canoni della narrazione. Lo spiega bene il regista Francesco Colangelo, tra i principali protagonisti e animatori del Vertical movie festival, nato a Roma nel 2018 e la cui quinta edizione (40 opere finaliste selezionate tra le oltre 600 pervenute da 117 Paesi) si è conclusa lo scorso ottobre: «Diciamo subito che il cinema orizzontale, quello di sempre, è inclusivo. Al contrario, quello verticale è escludente: un primo piano riempie lo schermo ed esclude tutto il resto. Si tratta di un formato che mette, letteralmente, al centro la figura umana, la stacca dal contesto. Nel cinema tradizionale c’è sempre così tanto spazio, a destra e a sinistra. Nel cinema verticale non c’è un limite terreno, un orizzonte. C’è solo l’uomo o la donna. Una sorta di nuovo umanesimo. Un uomo o una donna soli, in una condizione di solitudine, simile a quella di chi guarda i video su internet. E quindi le sceneggiature devono essere scritte diversamente. Puoi entrare più facilmente nella mente dei personaggi e non ci sono inquadrature che li mettono in relazione. Perciò la scrittura deve dare il tempo ai personaggi di relazionarsi tra loro. Quando scrivi un film verticale devi rinunciare al contorno, ma hai molto più spazio sopra e sotto. Uno spazio metaforico, qualcosa che va oltre il personaggio. Come a dire che il cinema orizzontale crea legami fisici, quello verticale metafisici». 

L’approccio verticale, in realtà, non è proprio un nuovo linguaggio cinematografico, poiché, aggiunge Salvatore Marino, ideatore del Vertical movie festival, «c’è sempre stato, noi esistiamo così, guardiamo in verticale: quando guardiamo qualcosa o qualcuno di fronte a noi tendiamo a scendere con lo sguardo, difficilmente andiamo da sinistra verso destra e viceversa. Noi abbiamo una visione verticale, poi è chiaro che spaziamo e guardiamo oltre; i fratelli Lumière, per esempio, la prima proiezione l’hanno fatta su uno schermo quadrato che poi a noi, con tutte le evoluzioni cinematografiche, è arrivata in orizzontale».
La produzione di audiovisivo pensato in verticale non sembra però decollare, forse per colpa di una industry dove scarseggiano i giovani e invece furoreggiano i boomer. I grandi broadcaster televisivi, ma pure le case di produzione pubblicitaria, stanno lasciando la creazione di contenuti nelle mani di giovani tiktoker, nuove factory, senza buttarsi a capofitto in un mercato che, ad esempio, vale 1,5 miliardi di Shorts visti su YouTube ogni mese, con TikTok pesato 1,6 miliardi di video brevi al mese, e i Reels di Instagram che intercettano il 20% del tempo complessivo passato sul social dai due miliardi di utenti attivi al mese.

Come ci raccontano alcuni registi pubblicitari, al momento «per tutte le produzioni prevediamo sicuramente come output anche il formato verticale. Ma risolviamo il tutto con la videocamera Alexa XL large format che da poi più agio per tagliare l’immagine anche in verticale. Pochissime campagne vengono invece realizzate solo in verticale».

Simone Russo, amministratore delegato della content factory dei The Jackal, conferma che «le aziende ci chiedono sempre di più contenuti brevi. E poi è in atto la rivoluzione del formato video: siamo nati e abbiamo imparato a lavorare in 16:9, ma ora tutti vogliono video brevi e verticali, in 9:16, per i Reels di Instagram e TikTok. Una evoluzione dei linguaggi da non sottovalutare». 

Se la comunicazione commerciale sta quindi facendo i primi passi, qualcosa di più si muove, invece, nel mainstream televisivo (in Italia, tra gli altri, c’è Voice di Sky Tg24, iniziativa con tutti i contenuti in verticale), soprattutto a livello di eventi sportivi che spesso hanno bisogno di conquistare le nuove generazioni, nel timore di essere spazzati via. Il calcio in primis. In Germania, ad esempio, la finale di Supercoppa di lega 2021 tra Bayern Monaco e Borussia Dortmund è stata prodotta sia nel consueto formato 16:9, sia in quello verticale 9:16 proprio con lo scopo di attirare nuovi segmenti di appassionati. Sono state utilizzate nove telecamere ad hoc per il formato verticale, e anche delle grafiche studiate appositamente per il 9:16. La partita in verticale è stata trasmessa da Sat.1 in Germania, OneFootball in Brasile, e da Sky nel Regno Unito e in Irlanda. Con risultati interessanti: 450 mila telespettatori sul TikTok di Sat.1, ad esempio.  

Nell’aprile 2022 la Liga spagnola ha invece trasmesso il suo primo match in diretta su TikTok: 733 mila telespettatori per Real Sociedad-Real Betis, con una produzione in 9:16 che ha visto al lavoro oltre 30 persone. Un paio di mesi dopo sempre MediaPro, dopo il successo in Spagna, ha prodotto anche in formato verticale la finale di Supercoppa in Belgio, tra Club Bruges, campione della Jupiler Pro League, e Kaa Gent, vincitore della Coppa del Belgio: è stata trasmessa, oltre che in tv, pure sul profilo ufficiale TikTok della piattaforma Eleven Sports.

In Italia, invece, la Lega Serie A non si è ancora mossa per i live su TikTok. Mentre in Gran Bretagna, già da un anno, Sky sta provando a rianimare il pugilato, altro sport caduto in disgrazia sul target giovani a favore di altri combattimenti, trasmettendo gli eventi Boxxer Series con riprese in verticale 9:16. Sempre nel Regno Unito c’è, ad esempio, pure l’esperienza del campionato di monopattini elettrici eSkootr Championship (eSC), ripreso in 9:16 per il target giovane e mobile-first, con gare distribuite soprattutto sulle piattaforme over the top, sui social media e sugli smartphone.

Quindi ci possiamo attendere, da qui ai prossimi dieci anni, una rivoluzione generale nel formato dei video che guarderemo anche al cinema o in tv? Beh, sempre ammesso che le sale cinematografiche abbiano ancora un futuro, difficile immaginare schermi verticali e quindi una rivoluzione architettonica di tutti i multisala presenti nel mondo. Per le televisioni, invece, soprattutto con il decollo delle smart tv e quindi della visione di contenuti per il web anche sull’elettrodomestico principale del salotto, sono ormai in commercio da alcuni anni i nuovi schermi rotanti, che possono essere utilizzati sia in orizzontale, sia in verticale. 

Milanese, laureato in Economia e commercio alla Università Cattolica del Sacro Cuore, è giornalista del quotidiano ItaliaOggi, co-fondatore di MarketingOggi, esperto di storia ed economia dei media, docente di comunicazione ed economia dei media per oltre 10 anni allo IED di Milano.