La scienza non è solo per uomini

Society 3.0


La scienza non è solo per uomini

Da anni si parla della difficoltà di avvicinare le donne allo studio delle materie STEM. Per appianare il gap con gli uomini bisogna guardare all’educazione familiare e scolastica. Intanto qualcosa, anche nel nostro Paese, sta cambiando.

A Stoccolma c’è un asilo che si chiama Egalia. Qui non esistono giochi da maschio o da femmina, i lego e le bambole sono riposti nella stessa cesta, i colori rosa o azzurro non hanno nessun rapporto di genere e per riferirsi ai bambini è stato coniato un nuovo pronome “hen”, neutro, per abbattere qualsiasi differenziazione di genere persino nella grammatica e nel linguaggio.

La scuola prende il nome da un romanzo del 1977 di Gerd Brantenberg, “Egalias døtre”, ovvero le figlie di Egalia, edito in Italia da Estro di Firenze. Ma perché iniziare un articolo sul complesso rapporto tra le donne e le materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) da Egalia e dai suoi metodi didattici? «Perché tutto inizia dalla formazione, anche prescolare», ci dice la Prof. Luisa Leonini che dirige il Centro GENDERS dell’Università degli Studi di Milano.

In Svezia tutto ha inizio nel 1998, quando il Parlamento svedese approvò la legge secondo cui le scuole “devono garantire pari opportunità a femmine e maschi”. Il caso della scuola Egalia di Stoccolma è un esempio molto citato, raccontato e anche criticato sui media, ma non è un caso unico. Ai suoi metodi si ispirano sempre più scuole e asili di Svezia, Finlandia, Norvegia, Islanda, paesi dove per iscrivere i propri figli a quegli istituti bisogna scalare liste d’attesa chilometriche e sempre più proibitive.

Donne e materie STEM in Italia

Tornando in Italia, secondo i dati Almalaurea 2019, nel 2018 i laureati delle facoltà scientifiche in Italia sono stati per il 70% uomini e per il 30% donne, percentuali che salgono per quelle ingegneristiche al 73,7% contro il 26,3%. I dati riflettono una vera e propria segregazione di genere che si riflette sui percorsi professionali: secondo l’OCSE da noi solo il 31,7% delle donne intraprende una carriera tecnica o scientifica, contro il 68,9% degli uomini e secondo uno studio dell’Osservatorio Talents Venture gli uomini nel nostro paese guadagnano ancora il 25% in più, con uno stipendio medio di 1699 euro contro i 1375 euro percepiti dalle donne.

Intendiamoci: la questione della scarsa presenza femminile nelle carriere STEM non è un fenomeno italiano, anzi in molte dimensioni il nostro paese è addirittura superiore alla media Ocse. Secondo quanto rilevato dall’ONU, infatti, nel 2019 solo il 28% dei ricercatori in tutto il mondo è donna. 

Il peso dell’educazione familiare

«In Italia – sottolinea la Prof. Leonini – è ancora molto forte la presenza di stereotipi di genere, che allontanano le ragazze dalla scelta delle materie scientifiche, viste più ostiche e quindi con meno appeal». Una sorta di sfiducia in se stesse che non può che affiorare le proprie radici nell’educazione scolastica e in quella familiare.

Secondo un’indagine effettuata dall’Associazione di imprese italiane Valore D assieme ad IPSOS, infatti, ben l’80% dei genitori intervistati «ritiene che sia più facile per un maschio fare carriera e che spetti alle figlie occuparsi della famiglia. Inoltre, per un genitore su due la bravura nelle materie scientifiche è appannaggio dei maschi (in particolare l’informatica), mentre le femmine sono più brave in italiano, storia, geografia e lingue straniere».

Stereotipi e pregiudizi imperanti, dunque, che cozzano con la realtà dei fatti dato che, sempre secondo Almalaurea, «le donne hanno performance più brillanti degli uomini con un voto medio di laurea lievemente più alto (103,6 su 110, contro 101,6 degli uomini) e una maggiore regolarità negli studi (tra le donne il 46,1% ha concluso gli studi nei tempi previsti contro il 42,7% degli uomini)».

«Gli stereotipi culturali patriarcali condizionano la scelta dell’università e quindi della propria carriera – continua la Prof.ssa Luisa Leonini – Dire non mi piace la matematica o la scienza, non vuol dire nulla, giacché il piacere o non piacere una disciplina è influenzato dall’educazione e dall’ambiente sociale in cui si è cresciuti».

In Italia qualcosa sta cambiando

Seppur sottotraccia e in maniera silente, il fenomeno in Italia sta registrando qualche miglioramento. Ne è convinta Sveva Avveduto, direttrice nel CNR dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, nonché Presidente di Donne e Scienza. «La situazione sta cambiando lentamente e anche nel nostro paese stiamo vedendo una crescita delle iscrizioni femminili alle facoltà scientifiche. Certo le ragazze preferiscono ancora i corsi biomedici a quelli di ingegneria o di fisica (all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare solo il 20% è donna) ma il gap uomo donna inizia a colmarsi».

Se si paragona, infatti, il numero di laureate del 2004 in materie STEM rispetto ad oggi si nota come siano passate da 3.398 a 16.848 (Dati Almalaurea). «Un trend positivo che però potrebbe essere frenato dalla crisi da Covid-19 che ha portato molte donne fuori dal lavoro, giacché ancora oggi si pensa che debba essere solo sulle loro spalle il lavoro di cura e di assistenza allo studio dei figli». E in un paese dal mercato del lavoro rigido questa potrebbe essere una perdita pesante.

 Ma durante la pandemia si è avuto anche una nuova centralità della scienza che potrebbe recuperare appeal anche tra le ragazze? «Lo spero – dice Sara Avveduto – Le iniziative in Italia sul tema sono ormai tantissime, ma lo sforzo deve essere esteso a tutto il paese. Tre anni fa in Francia la matematica è stata definita priorità nazionale, da noi manca questa presa di coscienza».

Ma c’è una responsabilità anche della scuola e degli insegnanti in questa distanza delle donne dal mondo scientifico e tecnico? «Bisogna lavorare per cambiare la formazione degli insegnanti – suggerisce Luisa Leonini – Inoltre ci sono ancora stereotipi che legano il genere alla disciplina: per ese​mpio la letteratura è donna, la filosofia è uomo. Bisogna lavorar​e dalla scuola materna, sul gusto dell’esperimento, della scoperta, d​ell’invenzione. Bambole e Meccano non hanno genere, proprio come le discipline». E allora forse può essere ancora d’aiuto tornare a guardare con interesse verso il distopico e ancora troppo utopico mondo di Egalia.​

Giornalista, pugliese e adottato da Roma. Nel campo della comunicazione ha praticamente fatto di tutto: dalle media relations al giornalismo. Brand Journalist e conduttore radiofonico, si occupa prevalentemente di economia, energia ed innovazione. Oltre la radio ama la storia e la politica estera.