La digital disruption non distrugge la strategia

Society 3.0


La digital disruption non distrugge la strategia

Perché oggi per essere competitivi occorre pensare in modo differente, essere anticonformisti e cavalcare la transizione digitale avendo una chiara visione del futuro.

Se ne parla quotidianamente dal 1995, da quando Clayton Christensen, docente all’Harvard Business School, lo introdusse per identificare i progressi scientifici e tecnologici registrati nella seconda metà del Novecento: è la disruptive innovation. Da allora la trasformazione digitale è pane per i denti delle imprese di tutto il mondo. Ciò che non si dice, tuttavia, è il fatto che la digital disruption non ha mandato in pensione la strategia: è ciò che ci insegna Umberto Bertelèdocente al MIP Politecnico di Milano, nel suo libro dal titolo Strategia. Cerchiamo di partire da due casi concreti di digital disruption, quello di Amazon e Tesla, per riprendere la teoria del professore di organizzazione aziendale Henry Mintzberg e concludere con il testimone consegnatoci dall’imprenditore Steve Jobs, scomparso 10 anni fa, il 5 ottobre 2011.

Di cosa parliamo:

  • la crescita di Amazon e Tesla, leader d’innovazione
  • la lezione di Henry Mintzberg sulla strategia aziendale
  • missione e visione: il testamento di Steve Jobs​

La crescita di Amazon e Tesla, leader della digital disruption

Partiamo dal caso Amazon: nata nello Stato di Washington nel 1994, questa società è riuscita a emergere nel mercato dell’e-commerce e si appresta oggi a raggiungere il traguardo di 2mila miliardi di dollari di capitalizzazione (quanto Microsoft, per fare un paragone). Partita come e-retailer di libri con il nome di Cadabra e ribattezzata in Amazon (in omaggio al fiume più lungo del mondo, il Rio delle Amazzoni), la società ha perseguito una strategia di sviluppo che l’ha portata a offrire un’ampia varietà di servizi, dalla logistica integrata al cloud computing grazie ad Amazon Web Services, fino alla domotica con l’assistente personale Alexa.

Non a caso il logo di Amazon vede la presenza di una freccia che collega la lettera A alla Z, sottolineando visivamente la sua proposta di valore, rappresentata dalla gamma di servizi proposti ai clienti. L’obiettivo iniziale di “bagnare” alcuni Paesi (il fiume dell’America Latina scorre lungo il Brasile, il Perù, la Bolivia, la Colombia, l’Ecuador e il Venezuela.) è stato raggiunto e superato, dal momento che oggi Amazon è presente nelle Americhe, in Europa e in Asia.

In tema d’innovazione proseguiamo con Tesla, l’azienda fondata nel 2003 in California per «accelerare la transizione del mondo all’utilizzo di fonti di energia rinnovabili». Dal suo lancio a oggi la casa automobilistica ha messo in atto una strategia di crescita continua e in costante ridefinizione, presentata agli investitori dal co-fondatore Elon Musk passo dopo passo.

La lezione di Henry Mintzberg sulla strategia aziendale

Cerchiamo di tirare le fila. Facciamolo con Mintzberg e il suo celebre articolo dal titolo “Ascesa e declino della pianificazione strategica” uscito nel 1994 sull’Harvard Business Review. Secondo il docente canadese la strategia d’impresa ha quattro significati: la strategia è prospettiva, visione del futuro e indicazione della direzione da prendere; la strategia è un filo che lega le decisioni e le azioni dell’impresa nel tempo; la strategia è pianificazione; la strategia è posizionamento nei mercati. Le prime due definizioni sono strettamente legate, la terza e la quarta riguardano, rispettivamente, la pianificazione a medio termine e il consolidamento della presenza nei mercati da parte delle aziende.

Missione e visione: il testamento di Steve Jobs

Anche ai tempi della disruptive innovation la strategia d’impresa resta valida. Tesla e Amazon non nascono dall’oggi al domani e non si sono affermate dall’oggi al domani. A guidarle sono state una visione e una missione a medio e lungo termine, irreversibili e significative.

È accaduto anche nel caso di Jobs che, tornato alla Apple nel 1996 con un compenso simbolico di un dollaro all’anno dopo la separazione avvenuta nel 1985, lanciò il video-manifesto “Think different”: «Questo film – diceva la voce fuori campo di Dario Fo nella versione italiana – lo dedichiamo ai folli, agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane, a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso. Costoro non amano le regole, specie i regolamenti, e non hanno alcun rispetto per lo status quo. Potete citarli, essere in disaccordo con loro, potete glorificarli o denigrarli, ma l’unica cosa che non potrete mai fare è ignorarli, perché riescono a cambiare le cose, perché fanno progredire l’umanità. E mentre qualcuno potrebbe definirli folli, noi ne vediamo il genio. Perché solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, lo cambiano davvero».

Pensare in modo differente significa, oggi, essere anticonformisti e cavalcare la digital disruption, avendo tuttavia una chiara visione del futuro, di ciò che si vuole realizzare e della direzione da prendere. Se​rve sempre, in sostanza, una strategia d’impresa. ​

Top voice di LinkedIn in Italia, milanese, dal 2017 cura su LinkedIn la “Rassegna quotidiana del cambiamento sul lavoro” delle ore 8 ed è promotore del portale Rassegnalavoro. Ogni giovedì, su LinkedIn, conduce alle 18 il talk “New Normal Live” dedicato alla “nuova normalità” sul mondo del lavoro. Giornalista professionista, ha scritto per più di 30 testate come il Corriere della Sera. Si occupa di comunicazione digitale aziendale e, in particolare, della progettazione, della realizzazione e dell’implementazione di community professionali. Suo il libro ​“Tempo di IoP: Intranet of People” dedicato alla comunicazione interna d’impresa. ​