La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
I lockdown hanno fatto calare gli infortuni sul lavoro denunciati, ma non i morti. Intanto una grossa mano per i lavoratori arriva dalla tecnologia: INAIL e IIT di Genova studiano umanoidi capaci di aiutare il lavoratore.
La pandemia, l’emergenza sanitaria, la remotizzazione del lavoro, il lockdown, l’aumento della disoccupazione, la diminuzione delle ore lavorate. È impossibile nella Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro, leggere i dati riguardanti gli infortuni sul lavoro che arrivano dagli uffici, dalle fabbriche e dai campi agricoli senza considerare quanto accaduto nell’anno orribile che il mondo del lavoro (e purtroppo non solo) ha dovuto attraversare a causa del contagio da Covid-19.
Secondo gli ultimi dati INAIL nell’anno della pandemia il numero degli infortuni sul lavoro è calato: 554.340 quelli denunciati, il 13,6% in meno rispetto all’anno precedente. Niente illusioni, però. Dietro questi dati si nascondono ovvie motivazioni: più smartworking significa meno viaggi casa-lavoro e quindi meno incidenti stradali e le chiusure aziendali hanno ovviamente portato ad una riduzione degli eventi infortunistici. Eppure, gli infortuni con esito mortale sono stati ben 1.270, 181 in più rispetto ai 1.089 del 2019. E in questa cifra ha sicuramente giocato un ruolo di primo piano proprio il Covid-19 dato che “quasi un quarto del totale delle denunce e circa un terzo dei casi mortali sono dovuti al contagio”.
Negli ultimi anni, tuttavia anche il mondo della safety è stato investito da un fenomeno di digitalizzazione che dal momento formativo, passando dalla progettazione degli spazi è arrivato sin nelle catene di produzione. Intelligenza artificiale, robotica, sviluppo degli indossabili, analisi dei big data sono divenuti alleati ormai irrinunciabili per chi si occupa di sicurezza sul lavoro.
È diventata digitale la formazione, grazie al crescente ricorso all’ e-learning e ai corsi online, ma è soprattutto nella progettazione degli ambienti di lavoro che le tecnologie digitali hanno aiutato a rivoluzionare il settore. È impossibile, infatti, parlare di industria o fabbrica 4.0 senza includere una idonea progettazione di postazioni di lavoro con al centro la sicurezza del lavoratore. È qui che realtà virtuale o aumentata diventano strumenti sempre più importanti per ideare gli ambienti di relazione-uomo macchina nel manifatturiero, o progettare uffici pensati al benessere dei lavoratori nel settore dei servizi.
Già da alcuni anni, inoltre, hanno fatto il loro esordio in fabbrica i cosiddetti indossabili (wearables in inglese) che aiutano a monitorare dati biometrici (e qualche volta anche a misurare performance con risultati di dubbia eticità). Trucker da polso (molto noti e usati anche dagli atleti più o meno professionistici), guanti, elmetti, smart glasses rappresentano una preziosa fonte di studio dell’impatto del lavoro o dello sforzo sul lavoratore. L’enorme mole dei loro dati, studiati e analizzati servono a migliorare la sicurezza del rapporto lavoratore-macchina cercando proprio di evitare gli infortuni sul lavoro.
In catena di produzione, in corsia d’ospedale oppure anche nei campi agricoli hanno incominciato ad essere molto utilizzati anche gli esoscheletri robotizzati che possono essere passivi, ovvero costituiti da materiali innovativi che aiutano il lavoratore nell’espletamento di un compito fisico, oppure attivi, cioè capaci di agire direttamente per supportare l’uomo attraverso azioni. Gli esoscheletri sono utilizzati soprattutto nell’industria automobilistica e nel 2018 Ford ha dichiarato che il loro apporto ha aiutato a ridurre del 90% le problematiche ergonomiche di chi li usa.
A proposito di ergonomia, le nuove tecnologie applicate alla ricerca nel campo della scienza dei materiali ha fatto crescere il ricorso all’ergonomia preventiva che consente di progettare oggetti, macchinari e strumentazione di lavoro comoda da utilizzare per il lavoratore e in grado di ridurre al minimo le patologie del sistema osteo-muscolare, ancor oggi la prima causa di infortunio sul lavoro (Dati INAIL 2021)
Negli ultimi anni i protagonisti assoluti nel campo dell’evoluzione tecnologica della difesa della sicurezza sul lavoro sono stati però i robot. È il caso di quelli che nasceranno da un progetto di INAIL e Istituto di Tecnologia di Genova. L’iniziativa si chiama ErgoCub e porterà alla progettazione e alla messa in campo di tecnologie indossabili da parte dei lavoratori che monitoreranno i parametri vitali (battito cardiaco, temperatura, frequenza respiratoria), analizzati e poi elaborati per allertare due robot umanoidi che interverranno aiutando il lavoratore.
«I due robot saranno assegnati a due contesti diversi: uno industriale e l’altro ospedaliero», spiega a Changes Daniele Pucci, coordinatore del Dynamic Interaction Control lab di IIT. «L’eccezionalità del progetto sta nel fatto che saremo in grado non solo di monitorare i dati che arriveranno dagli indossabili dei lavoratori, ma di agire in tempo reale con i robot che saranno immediatamente allertati per soccorrere il lavoratore in presenza di determinati alert». Un modo insomma per abbassare il rischio biomeccanico e migliorare la sicurezza sul lavoro, non soltanto ex post, dopo l’analisi dei dati, ma proprio durante il lavoro. «Questi robot aiuteranno i lavoratori anche per prevenire eventuali impatti psicosociali del lavoro, riducendo il carico di stress». Il progetto dalla durata triennale è partito a marzo e coinvolge i laboratori dell’IIT di Genova e del Centro ricerche Inail di Monte Porzio Catone, in provincia di Roma.
AI, analisi dei big data che arrivano dagli indossabili, internet of things, robotica. L’industria 5.0 è per definizione il luogo in cui tutte queste novità accompagneranno il lavoratore. Farlo con uno sguardo alla sicurezza significa uscire da un connubio uomo-macchina, teso sino ad oggi troppo spesso alla massimizzazione della produttività e meno al rispetto del benessere del lavoratore. «Il mio sogno – ci confida Daniele Pucci – è una sempre maggiore digitalizzazione dell’essere umano e degli ambienti di simulazione. Può essere questa davvero la chiave di svolta anche nella lotta agli infortuni sul lavoro». E chissà che in fabbrica, nei campi, negli ospedali e perché no, anche negli uffici, uomo e macchina potranno in futuro essere sempre più alleati e meno concorrenti.