La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
Vaclav Smil è un cavallo di razza della saggistica internazionale e quando esce un suo libro è sempre un evento, al punto che Bill Gates lo ha inserito nel suo pantheon dei grandi intellettuali di riferimento. Ma che ha di speciale Smil?
Lo definirei un implacabile sacerdote dei numeri. Vaclav Smil è uno studioso che, per lo più, nel corso della sua lunga carriera si è dedicato al tema affascinante e complesso dell’energia, pubblicando diversi testi che sono pietre miliari in questo ambito. Il suo approccio è sempre rigoroso e quantitativo: cercare un apparato di numeri e di fonti riconosciute a sostegno delle sue tesi.
È normale, dunque, prestare attenzione al libro appena uscito per Einaudi, I numeri non mentono (Brevi storie per capire il mondo), un saggio destinato al grande pubblico in cui, in modo trasversale, questa poetica del dato rigoroso emerge in tutta evidenza.
Dicevo di Smil che è il sacerdote implacabile dei numeri. Attraverso una serie di storie raggruppate attorno ad alcuni macro temi, lo scienziato canta la sua serenata in omaggio all’evidenza empirica e critica l’informazione facilona e poco approfondita, quella che non si interroga sulle fonti e sull’interpretazione del dato.
Persone, paesi, macchine e dispositivi, elettricità e combustibili, trasporti, cibo e ambiente: ciascuna sezione contiene storie e gustosi aneddoti ma, soprattutto, contiene i numeri che ci aiutano a comprendere il mondo. Sono storie, volendo muovere un appunto al saggio, a volte troppo scollegate le une dalle altre ma il filo rosso, tra le pagine che si susseguono, è uno e uno soltanto: l’ancora solida dell’evidenza.
Ne emerge così un prezioso e direi benvenuto bagno di realtà: qualcuno potrà trovare la voce del sacerdote dei numeri pessimista, ma io preferisco apprezzarne la competenza nel parlare di ciò che si sa. Di fronte alla grave crisi ambientale in cui siamo immersi, Smil snocciola i numeri della transizione energetica e soprattutto della sua difficoltà, argomentando di come i grandi cambiamenti dell’umanità siano tipicamente lenti o, per lo meno, più lenti di quanto ci si possa aspettare.
È molto salutare il continuo riferimento di Smil alla mitologia pre-scientifica dell’innovazione tecnologica: numeri alla mano, lo scienziato ceco-canadese risolve l’equivoco cui tutti noi, chi più chi meno, tende a dare credito.
Rapiti dalla matematica della legge di Moore e dalla velocità con cui la rivoluzione digitale ha trasformato le nostre vite, dimentichiamo che il progresso dei dispositivi mobili è solo una piccolissima parte dello sviluppo tecnico. Generare energia e distribuirla, produrre cibo o materiali di costruzione sono sfide altrettanto importanti e in cui il tasso di innovazione, pur importante, è molto più lento e il cambiamento richiede (o per lo meno così è stato fino ad ora) decenni.
Smil è quasi il cantore di un mondo analogico e dei favolosi anni ’80 del diciannovesimo secolo, il decennio d’oro del progresso tecnico in cui contemporaneamente iniziò l’era dell’energia elettrica e del motore a combustione. A distanza di un secolo e mezzo, sono due invenzioni che ancora costituiscono parte integrante delle nostre vite quotidiane, con il correlato di prodotti e servizi che si basano su queste tecnologie.
Il bagno di realtà è necessario perché spesso ci lasciamo andare al fascino pericoloso di parole usate senza competenza: intelligenza artificiale, trasformazione digitale, innovazione, rischiano di diventare miraggi se si dimentica il al nocciolo della questione tecnica e del modo in cui la stessa può e deve essere studiata. Smil è paziente e per questo dedica pagine amorevoli (uso proprio questo aggettivo) per spiegarci come funziona un motore diesel, come si produce l’acciaio o quanto è difficile aumentare la potenza di una pala eolica.
Il lettore uscirà soddisfatto da questo viaggio limpido e complesso nel mondo della tecnica, auspicabilmente con la speranza che l’avanzamento della conoscenza scientifica possa rendere la vita degli esseri umani sempre più prospera e felice, senza però perdere la consapevolezza che non ci sono scorciatoie semplificate sulla via del progresso, che rimane una strada fatta di studio, fatica e innovazioni fallimentari.