Il consumo come costruzione dell’identità

«È nel consumo di una eccedenza, di un surplus, che l’individuo, come la società, si sentono non semplicemente esistere ma anche vivere», scriveva Baudrillard nel 1970. E ogg
UNA DOMANDA ALL’IA - Sembra una provocazione da film di fantascienza, ma tra carenze di personale, intelligenze artificiali sempre più intelligenti e classi sempre più difficili inizia a circolare anche tra i banchi di scuola. E’ una possibilità reale? Proviamo a capirlo.
Facciamo un passo indietro: quanti insegnanti ci sono davvero in Italia? E quanti ne mancano? Per l’anno scolastico 2024/2025, i posti di insegnamento disponibili sono oltre 684.000 per le materie comuni e più di 205.000 per il sostegno. Ma il problema è che non tutti questi posti sono coperti: secondo la UIL Scuola e varie analisi, dopo le operazioni di mobilità restano vacanti oltre 28.000 cattedre, e si prevede un record di oltre 250.000 supplenze.
In uno scenario così, è ovvio che qualcuno inizi a chiedersi: e se ci dessero una mano i robot?
E infatti, in alcune scuole italiane questo esperimento è già realtà.
A Genova, per esempio, è stato introdotto Pepper, un robot umanoide che ha affiancato docenti e studenti nel lavoro scolastico. Non un semplice gadget, ma un assistente capace di rispondere, spiegare, interagire in modo empatico, soprattutto con gli alunni in difficoltà.
L’ingresso dell’intelligenza artificiale nel mondo dell’istruzione è un segnale forte. Non si tratta solo di sostituire qualcuno che manca, ma di ripensare il modo in cui si fa scuola: più personalizzata, più interattiva, più vicina alle esigenze degli studenti di oggi.
Il robot Classmate, per esempio, è stato sperimentato in cinque scuole italiane: non fa lezione da solo, ma aiuta a coinvolgere i ragazzi, stimola curiosità, favorisce l’apprendimento, soprattutto nei contesti più fragili.
Ma attenzione: parliamo sempre di “aiutanti”, non di sostituti.
Un’indagine condotta da Indire mostra che la stragrande maggioranza dei docenti italiani non si sente minacciata dall’IA: il 52% la usa già come supporto, ma solo il 10% pensa che possa diventare centrale nel proprio lavoro.
Questa trasformazione tocca tanti ambiti, non solo la scuola.
Scenario ottimistico
L’IA diventa un alleato indispensabile. Aiuta i docenti a personalizzare le lezioni, automatizza i compiti burocratici, supporta gli studenti con bisogni specifici. La scuola diventa più efficiente e inclusiva.
Scenario realistico
L’IA viene integrata a macchia di leopardo. Alcuni istituti la sfruttano bene, altri restano indietro. Gli insegnanti restano al centro, ma imparano a dialogare con le nuove tecnologie.
Scenario distopico
Per risparmiare sui costi o per moda, si affida sempre più spazio a software e assistenti robotici. L’insegnamento si appiattisce, le relazioni si impoveriscono, l’empatia scompare. E la scuola perde la sua anima.
No. O almeno, non nel senso che immaginiamo.
Quello che succederà – e sta già succedendo – è che i robot e l’intelligenza artificiale entreranno nelle classi come strumenti. Come lavagne digitali, tablet o libri interattivi. Possono aiutare, possono migliorare, ma non possono sostituire ciò che rende davvero un insegnante… un insegnante: l’ascolto, la relazione, lo sguardo che capisce un disagio prima ancora che venga espresso.
I robot in classe possono essere una risorsa. Ma la vera rivoluzione, alla fine, resta umana.