GenerazioneZ: la guerra di genere è aperta

Society 3.0


GenerazioneZ: la guerra di genere è aperta

Tra femminismo e anti-femminismo, la distanza socio-culturale tra giovani donne e uomini aumenta anche in Italia. Perché possiamo parlare di New Global Gender Gap, secondo l’analisi dell’Osservatorio GenerationShip a cura di Kkienn per Changes Unipol.

Qualche settimana fa il Financial Times ha pubblicato la sintesi di alcuni studi condotti in diversi paesi del mondo, che dimostrano come in tutti i continenti si sia aperto un divario ideologico tra uomini e donne della Generazione Z. Le giovani donne starebbero sviluppando orientamenti culturali e politici sempre più progressisti, mentre gli uomini si assesterebbero su posizioni conservatrici o addirittura di destra radicale.

La causa scatenante sarebbe stata la rivoluzione del Me-Too, che avrebbe orientato molte giovani donne verso il femminismo, in misura tanto maggiore quanto più nel paese era diffusa in partenza una forte disuguaglianza di genere. Sette anni dopo la distanza culturale fra i generi si è estesa ben oltre questo problema, fino ad includere uno spettro di argomenti culturali molto ampio. Una divergenza profonda: giovani donne in un campo, giovani uomini in un altro. Centinaia di milioni di persone che vivono nelle stesse città, negli stessi ambienti di lavoro, nelle stesse scuole, spesso nelle stesse case, ma che non ragionano allo stesso modo, che sognano, amano o detestano cose diverse.

Il New Gender Gap in Italia

Come stanno le cose da noi? L’attenzione dei mass-media sulle tematiche di genere è elevata anche in Italia ma si è concentrata finora più su fatti di cronaca – dalle molestie ai femminicidi – che non sulle componenti culturali o politiche del divario. Il nostro contributo vuole colmare questa lacuna.

L’opportunità ci è offerta da GenerationShip, la ricerca socioculturale sulle Nuove Generazioni realizzata dal Gruppo Unipol e da Kkienn (v. Changes # 11), che dal 2022 monitora annualmente valori, idee e comportamenti dei giovani nei principali ambiti della vita, mettendoli a confronto con quelli delle generazioni precedenti.

Avendo una serie storica di due soli anni, GenerationShip non ci consente un confronto puntuale con le “general social surveys” condotte da decenni nei principali paesi occidentali.

Pur non disponendo di una serie “diacronica”, possiamo però farci un’idea di come sono cambiati uomini e donne nel corso del tempo con una lettura “sincronica” delle generazioni. Possiamo cioè verificare se le differenze culturali fra uomini e donne sotto ai 30 anni (la Gen Z) sono maggiori oppure no di quelle delle generazioni più adulte (Millennials, Gen X e Baby Boomers).

Il risultato dell’analisi conferma l’evidenza chiave della teoria del New Global Gender Gap: la differenza culturale fra le donne e gli uomini tende a crescere con le generazioni e raggiunge il suo massimo nella Generazione Z.

Valori: donne più progressiste

Per analizzare il gender gap abbiamo selezionato, come valori progressisti, il «diritto degli omosessuali ad adottare figli” e la “protezione dell’ambiente anche a costo di sacrificare posti di lavoro»; come valori conservatori, il «prima gli italiani», l’importanza di rispettare la gerarchia e la superiorità della civiltà occidentale sulle altre.

I risultati non lasciano spazio a dubbi: sui valori progressisti, lo scarto positivo a vantaggio delle donne è massimo nella Gen Z; analogamente sui valori conservatori, lo scarto negativo delle donne è anche in questo caso massimo nella Gen Z. Donne e uomini della Gen Z sono più distanti dal punto di vista valoriale di tutte le generazioni precedenti. Più progressiste le prime, più conservatori i secondi.

Le priorità per il Paese: donne molto più attente alla parità di genere e alle disuguaglianze

Il programma per cambiare l’Italia di uomini e donne della Gen Z ha pressappoco le stesse priorità: far ripartire l’economia, evitare la catastrofe climatica, aprire la strada ai giovani, difendere il lavoro, migliorare la scuola. »

Le ragazze, però, affiancano a queste altre priorità che per esse hanno un peso molto maggiore rispetto ai coetanei maschi. Lo scarto massimo riguarda la parità fra i generi, che è un’urgenza per il 45% delle donne della Gen Z contro solo il 24% degli uomini. 21 punti di differenza, molti di più di quelli che separano uomini e donne delle altre generazioni, ed in particolare le più mature, allineate ai loro coetanei (+3).

 Una seconda differenza chiave fra giovani di genere diverso riguarda la riduzione della povertà e delle diseguaglianze: fondamentale per le ragazze (46%), decisamente meno urgente per i maschi (30%), che non danno lo stesso peso al ruolo dello Stato nella regolazione della società.

Politica: uomini moderati, donne radicali

Le donne della Gen Z alle ultime elezioni politiche hanno votato lo schieramento progressista (un partito o un movimento di centro-sinistra o sinistra) in misura superiore ai maschi della stessa generazione: 44% contro 34%. Viceversa, esse hanno votato molto meno i partiti conservatori: 18% contro 29%. Questo fa delle giovani donne il segmento di opinione pubblica di gran lunga più marcatamente progressista.

Giovani maschi conservatori, quindi? No. Contrariamente a quanto è avvenuto in altri Paesi,
i giovani uomini italiani non sono passati allo schieramento opposto e continuano a preferire seppur di poco i partiti progressisti (34% contro 29%). Lo scarto di genere è interno allo schieramento progressista: i ragazzi per il centro-sinistra, le ragazze per la sinistra.

Conclusioni

La ricerca ha confermato le teorie del New Global Gender Gap: anche da noi si sta scavando un solco culturale fra le giovani donne e i giovani maschi, come non c’è forse mai stato nella società italiana. Fortunatamente per il momento la scarto riguarda un orientamento più o meno progressista di uomini e donne più che l’appartenenza a due campi contrapposti. Non è in ogni caso un buon viatico per una relazione armoniosa e pacifica.

Preoccupa il fatto che l’epicentro della spaccatura riguardi proprio la questione dei generi, ovvero il posto che uomini e donne occupano nel mondo, nella coppia, nella famiglia. È naturale pensare che proprio questa divergenza culturale possa essere alla base delle crescenti insicurezze i molti uomini, del bisogno di controllo in alcuni e della violenza nelle personalità più fragili.

La distanza ci deve preoccupare anche per un altro motivo: le esperienze della giovinezza diventano identitarie e ce le si porta dietro tutta la vita. Le conseguenze possono essere anche gravi e a lungo termine, come dimostra il caso della Corea, dove lo scontro culturale fra giovani donne in via di emancipazione e giovani uomini tradizionalisti si è tradotto nella resistenza crescente delle prime verso l’amore e la convivenza. Il risultato è un’incidenza di matrimoni calante e il tasso di natalità più basso del mondo.

Essendo noi uno dei paesi più vecchi e con meno figli del mondo, un ulteriore fattore di crisi della coppia e della natalità non ce lo possiamo proprio permettere.

Primo laureato in Italia in data analysis applicata alle scienze umane, ha insegnato Tecniche di ricerca psicologica e analisi dei dati presso l’Università di Torino. Ha fondato e attualmente dirige Kkienn Connecting People and Companies, azienda specializzata nella ricerca e consulenza sul cliente. Come direttore di istituti di ricerca, vicepresidente di società di consulenza internazionali (Cap Gemini) e ricercatore ha collaborato con molte delle maggiori imprese del Paese. Scrive per il Corriere della Sera. Per il Gruppo Unipol cura la realizzazione di GenerationShip, l’osservatorio sulle nuove generazioni.