Quale Metaverso resterà

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Quale Metaverso resterà

A 20 anni dal lancio di Second Life, primo esperimento di mondo virtuale, in tanti provano a sfondare nella realtà tridimensionale: da Roblox a Horizon Worlds passando per PlayStation Home e Lively. Ma c’è davvero qualcuno in grado di sfondare?

Second Life, ovvero l’esperimento più simile al cosiddetto Metaverso, ha compiuto 20 anni ad agosto 2023. Oggi ha 750 mila user mensili, più di quelli che ne aveva nel suo momento di massimo splendore mediatico a inizio anni Duemila. E ne ha molti più di quelli attuali di Horizon Worlds di Meta che sul Metaverso disse, solo due anni fa, di voler puntare tutto. Second Life è la prova che esiste la possibilità di creare e fare sopravvivere per lungo tempo qualcosa di simile al Metaverso, iniziativa sulla quale invece in tanti, a partire da Meta, ora stanno sbattendo il naso.
Si punta a dare vita a uno spazio tridimensionale all’interno del quale persone fisiche possono muoversi liberamente, condividere e interagire attraverso avatar, giocare, creare, lavorare e anche concludere accordi commerciali. Un ambiente virtuale in cui si sperimentano tecnologie digitali, videoconferenze, criptovalute, email, VR, social media, live streaming, con avatar che interagiscono fra loro. Ma tutto ciò, almeno finora, è rimasto un esperimento di nicchia.

I piccoli numeri del Metaverso

Il Metaverso, come dice Mark Zuckerberg, doveva essere una piattaforma in cui le persone avrebbero lavorato, fatto acquisti e socializzato. Avrebbero, appunto. Meta non sembra avere particolare successo con Horizon Worlds, e neppure Sony con PlayStation Home, o Google con Lively. Un grande scoglio non ancora superato sono soprattutto i visori VR, che al momento non consentono esperienze pienamente soddisfacenti.
Secondo molti esperti, l’impresa che è più avanti in questo senso è Roblox, la piattaforma di gaming che tuttavia esiste già da 17 anni. Per Philip Rosedale, fondatore di Second Life e di Linden Lab, Roblox si può considerare, alla nascita, una sorta di Second Life per milioni di ragazzini, che ora sono cresciuti, sono diventati adulti, e quindi cercano di fare evolvere con loro quel mondo. A pensarci bene, è quanto sta accadendo ai tanti YouTuber che 15 anni fa passavano il loro tempo a pubblicare tre video al giorno in cui giocavano ai videogame e che, ora, in età più matura, sviluppano altre sensibilità e provano un percorso di crescita con i milioni di fan che, a loro volta, sono diventati più vecchi.

Tornando all’esempio di Second Life, tuttavia, la piattaforma nata nel 2003 non ha saputo soddisfare le aspettative del boom mediatico di inizio anni Duemila, quando aveva attirato anche investimenti da Jeff Bezos o dal fondatore di eBay Pierre Omydiar. E, però, non è mai stata utilizzata più di adesso. Certo, numeri piccolissimi rispetto a Facebook, che ha debuttato un anno dopo Second Life, nel 2004, e che attualmente ha ben tre miliardi di user mensili.
Nella sostanza dei fatti, i cosiddetti “Metaversi”, i mondi virtuali, non sono fatti per un grande pubblico, ma hanno buone possibilità di imporsi se pensati per nicchie, micro-segmenti di pubblico. Su Second Life, per esempio, si registrano ogni anno transazioni peer to peer per circa 650 milioni di dollari pari a 1,6 milioni di transazioni al giorno. Roblox, lanciato nel 2006, ha sin da subito stimolato i propri user a creare i loro mondi, ponendo però una forte enfasi sul gaming, e attirando un pubblico molto più vasto e più giovane di Second Life.

Solo il gaming conquista il Metaverso

Al momento su Roblox sono stati creati oltre 5 miliardi di account, ed è usato ogni giorno in media da 66 milioni di persone nel mondo, con una permanenza media di due ore e 20 minuti al giorno. «È una Second Life per ragazzini», dice Rosedale, un ecosistema in cui non solo si può giocare, ma si possono sviluppare contenuti con i quali fare giocare altri. È Roblox, comunque, che sembra sempre più avanti di tutti nella creazione di una sorta di Metaverso che funzioni: per esempio, con la nascita di avatar personalizzati ed espressivi e tecniche di apprendimento automatico, o machine learning, che rendono i movimenti più realistici. Inoltre, la novità più interessante è l’arrivo di una funzione che permette di realizzare avatar semplicemente scrivendo una descrizione testuale, grazie all’intelligenza artificiale generativa. Ma non solo. È stato annunciato Roblox Connect, per permettere agli utenti di videochiamare gli amici usando il proprio avatar: così facendo potranno trasmettere le sfumature della conversazione con il loro linguaggio corporeo ed essere trasportati in uno spazio immersivo condiviso su Roblox.

E, forse, in un’analisi ex post, il grande errore di Second Life, è stato di provare a creare un universo per un pubblico adulto e generalista, sforzandosi sin da subito di non essere percepito come un videogame. Ed è uno sbaglio dal quale anche i nuovi creatori di “Metaversi”, o di piattaforme interattive, dovrebbero imparare. Perché, proprio come nel mondo reale, invece, i giochi funzionano tantissimo per rompere il ghiaccio tra estranei. Quindi, nella sostanza, il Metaverso dovrebbe sempre partire da una esperienza giocosa e divertente, provando a non elevarsi a luogo univoco, ma scegliendo bene, di volta in volta, il target al quale rivolgersi.
Per ora gli unici “Metaversi” di successo si possono considerare Minecraft, Fortnite e, soprattutto, Roblox. Ma, andando al significato originale di Metaverso, concepito come «un mondo unico, aperto, di proprietà di nessuno, e che consente una vita parallela immersiva», allora bisogna dire che il reale Metaverso esiste già, e, come sottolinea ogni volta l’imprenditore e digital evangelist Marco Camisani Calzolari, «si chiama Internet, che non è di nessuno. Il Metaverso, nella accezione di Meta e di tutti gli altri che dicono di costruire Metaversi, non esiste, e probabilmente non esisterà mai. In genere parliamo di piccoli siti che buttano dentro un po’ di 3D e pensano di aver inventato il Metaverso. E neppure i videogame in 3D sono Metaverso. Con i giochi, semplicemente, si fanno un sacco di soldi, così come è accaduto con le grandi truffe delle criptovalute o degli Nft, che si sono rilevate fuffa allo stato puro».
Su Internet, in effetti, una bella fetta della popolazione mondiale già passa molte ore delle sue giornate a interagire con persone, istituzioni, organizzazioni. Si lavora, si fanno acquisti, si visitano mostre, si guardano film, documentari, serie tv, sport, scambiamo opinioni, parliamo, ci formiamo, intratteniamo, giochiamo, e magari lo facciamo relazionandoci con soggetti che non conosciamo personalmente, che non abbiamo mai visto e che a volte non siamo neppure sicuri che esistano nella realtà. Una sorta di macro-universo esterno e parallelo alla nostra vita fisica, quindi, già esiste. Poi, chiamatelo un po’ come vi va.

Milanese, laureato in Economia e commercio alla Università Cattolica del Sacro Cuore, è giornalista del quotidiano ItaliaOggi, co-fondatore di MarketingOggi, esperto di storia ed economia dei media, docente di comunicazione ed economia dei media per oltre 10 anni allo IED di Milano.