Adattarsi al clima: le città cambiano colore
Le aree urbane risentono più delle aree rurali del surriscaldamento globale. Il cosiddetto “effetto isola di calore” può aumentare le temperature di 4-5 gradi centigr
La pandemia di coronavirus ci ha fatto comprendere i pericoli legati alla distruzione degli habitat naturali da parte dell’uomo. Abbiamo capito che una natura intatta e variegata ci protegge anche dalle malattie e da ulteriori pandemie. Cosa stiamo facendo?
Oggi, non ancora completamente liberati dai contagi, ci troviamo di fronte a un fatto nuovo che sta assumendo dimensioni sempre più importanti. Il problema è molto complesso per i suoi aspetti etici, politici economici e giuridici. Le attuali tensioni geopolitiche ci preoccupano ma hanno anche evidenziato al nostro Paese quanto sia urgente investire nella transizione ecologica. L’ambiente deve stare al centro. Cosa stiamo facendo per salvaguardare la biodiversità?
Questa è la roadmap finora. Difendere la biodiversità, interrompere la deforestazione, eliminare gli sprechi e passare velocemente a risorse rinnovabili può essere una strada per la pace. Le risorse che abbiamo a disposizione, quelle che spesso sono anche oggetto di conflitti, vengono dalla natura, dalla biodiversità. Non sono nostre di diritto. Come le specie animali e vegetali che quando si estinguono sono perse per sempre.
Proprio questa nuova consapevolezza potrebbe innestarne altre stimolando una accelerazione per considerare e fronteggiare concretamente e più velocemente alcune emergenze che ci riguardano molto da vicino. E in Italia cosa succede? La Piattaforma intergovernativa di politica scientifica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES), traccia un quadro con dati preoccupanti. Dal 1970-2016 negli habitat di acqua dolce le popolazioni animali sono diminuite dell’84%.
Nel 2019 gli studiosi hanno rilevato che oltre 1 milione di specie sono a rischio di estinzione. L’aumento inarrestabile della popolazione umana, la distruzione degli habitat naturali, la deforestazione, il traffico e il commercio di fauna selvatica, gli allevamenti intensivi, l’inquinamento e la crisi climatica sono tutte problematiche in relazione tra loro. Per ognuno di questi fattori, esistono specie simbolo che rischiamo di perdere. Anche le specie aliene invasive, cioè quegli organismi che l’uomo sposta in ambienti diversi da quelli di presenza naturale, aggravano la situazione.
Ma andiamo alla radice della questione. Lo facciamo con Piero Genovesi responsabile del Servizio per il coordinamento della fauna selvatica di ISPRA. Gli chiediamo perché la biodiversità è così importante? “Essa comprende settori e competenze strettamente collegati fra loro. Se una specie si estingue, questo ha ripercussioni su molte altre specie e interi ecosistemi, dai quali noi stessi dipendiamo. Ecosistemi sani ci forniscono cibo, acqua, aria pulita, medicine ed energia. Ecco perché la biodiversità va protetta. È la base del nostro sostentamento”.
L’Italia a causa della sua particolare storia biogeografica e della grande varietà di ambienti che la caratterizza, è molto ricca di biodiversità. I nostri mari, gli ambienti terrestri e i corsi d’acqua ospitano un numero elevatissimo di specie e di habitat. “Per la conservazione c’è ancora molto da fare – conferma Genovesi. I dati che ISPRA ha raccolto per fornire all’Unione Europea un quadro della situazione della natura del nostro Paese, indicano che oltre il 50% delle specie animali e vegetali sono in uno stato di conservazione precario e la maggior parte degli habitat è minacciato. In Italia si stima vivano oltre 60.000 specie animali, di cui il 98% costituito da invertebrati mentre i vertebrati sono circa 1.300. Anche la flora è ricchissima. L’aspetto interessante è che oltre a essere ricchissima di specie, l’Italia è caratterizzata da elevati tassi di endemismo, ovvero dalla presenza di specie che vivono solo nel nostro paese. Per esempio, oltre il 16% delle specie vegetali, il 20% delle specie animali terrestri e d’acqua dolce sono endemiche”.
Per quanto riguarda una possibile stima sull’estinzione di specie animali nel nostro Paese, le notizie riportate da Genovesi non sono troppo negative. «Fortunatamente negli ultimi decenni i casi di estinzione noti in Italia sono rari. Un esempio è quello dello storione comune e dello storione lombardo, veri e propri fossili viventi che abitavano i nostri fiumi e che sono scomparsi a causa soprattutto della pesca eccessiva». Per il WWF trasformare i settori produttivi chiave che favoriscono la perdita di biodiversità (in particolare l’agricoltura e i sistemi alimentari) è essenziale per affrontare questa crescente emergenza. Anche ISPRA conferma che l’agricoltura è la più rilevante minaccia alla biodiversità del nostro Paese. «Stiamo lavorando a una strategia nazionale per la biodiversità che dovrà definire quali azioni vanno intraprese per mitigare gli effetti delle principali pressioni sulle specie e sugli habitat, compresi l’agricoltura e l’allevamento». Non ci resta allora che augurare a scienziati, ricercatori e decisori, un buon lavoro e che presto arrivino i risultati che tutti noi attendiamo. Raggiungere al più presto un accordo davvero storico che ci metta saldamente sulla strada per vivere in armonia con la natura e fra noi.