Fondi, tutti lo fanno Sri

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Fondi, tutti lo fanno Sri

Fenomenologia della moltiplicazione dei fondi di investimento Socially responsible investing in Italia. Prima tanti prodotti lo erano senza dirlo, oggi quasi nessuno può fare a meno di definirsi socialmente responsabile. Ma quanti lo sono davvero?

Fenomenologia della moltiplicazione dei fondi di investimento Socially responsible investing in Italia. Prima tanti prodotti lo erano senza dirlo, oggi quasi nessuno può fare a meno di definirsi socialmente responsabile. Ma quanti lo sono davvero?

L’Italia ha ormai sdoganato i prodotti di finanza responsabile. L’ampiezza dell’offerta ha registrato una moltiplicazione decisa negli ultimi tre anni, tanto che oggi, per le società di gestione del risparmio, è diventato un must avere almeno un comparto dedicato allo Sri (socially responsible investing). O, ancor meglio, avere almeno un fondo con l’etichetta giusta, magari dedicandogli una classe di comparti già esistenti, cioè, creando una nuova tipologia dedicata di un prodotto di investimento già attivo. Questa impennata del “tutti lo fanno Sri” ha decisamente attenuato i timori che, in Italia più che in altri Paesi, accompagnavano il posizionamento di questi prodotti. Timori che, fino a non molti mesi fa, hanno paradossalmente spinto più di una casa di investimento a tacere al cliente l’adozione di strategie di allocazione sostenibile. Queste strategie, seppur ritenute efficienti dal gestore, venivano proposte al pubblico sotto diverso nome. 

LA MOLTIPLICAZIONE DEI FONDI

L‘Osservatorio Sri di ETicaNews ha pubblicato di recente la prima mappa del risparmio Sri in Italia, cioè dei prodotti Sri accessibili ai risparmiatori italiani. La raccolta di informazioni, costruita chiedendo i dati a 45 società di gestione del risparmio, italiane e internazionali, è arrivata a mettere insieme un totale di più di 450 prodotti prendendo in considerazione le diverse classi, e i fondi retail quanto quelli istituzionali. In particolare, l’analisi ha evidenziato come dal 2007 al 2017 le case di gestione hanno lanciato 115 nuovi prodotti. Ma l’accelerazione maggiore ha riguardato le diverse classi, ossia le sfaccettature all’interno di ogni comparto: considerando questa segmentazione (il fondo A, per esempio, può avere la classe retail o istituzionale, chiedere una certa commissione o meno, essere in una determinata valuta, adottare una politica di accumulo dei dividendi o una loro distribuzione, e così via) il totale dei nuovi fondi sale a 369 nuovi fondi (vedi tabella).
L’analisi ha consentito anche di monitorare il patrimonio in gestioni responsabili. A questa sezione dell’indagine hanno risposto 18 società di gestione che coprono il 51% dell’offerta Sri italiana (91 prodotti su 178). Ebbene, queste hanno dichiarato nel 2017 un totale di 14,6 miliardi, in evidente crescita rispetto ai 10 miliardi dell’anno precedente. Significa un incremento di circa il 40%.

SCONFITTO IL FONDO ETICO

La finanza Sri italiana sembra dunque aver sconfitto il suo paradossale nemico. Per lungo tempo, l’investimento in prodotti Esg è stato vittima di quella stessa cultura della charity che per cinquant’anni è stata il perno della responsabilità sociale su base volontaristica nazionale. Questo, in combinata con gli ostacoli di informazione e formazione, e con l’indole macchiavellica dello Stivale (declinabile in malafede e “furbismo” all’italiana), ha creato una formula micidiale per i prodotti di finanza responsabile: una sorta di greenwashing alla rovescia. Ovvero, ha creato la percezione che proporre prodotti con etichetta responsabile non consentisse un premio, ma costituisse invece una penalizzazione. Questo perché, appunto, la cultura italiana, in mancanza di una approfondita spiegazione e dunque conoscenza, ha finito per associare in via immediata un prodotto Esg alla tradizionale charity (con contorno di malafede sulla presunta “furbata” dell’operazione), e non a un investimento finanziario.

IL FONDO SRI NASCOSTO

Una risultato tangibile di questa errata percezione dello Sri è che anche i prodotti con un robusto impianto responsabile, cioè capaci di garantire un buon equilibrio rischio/rendimento proprio grazie a selezioni Esg, sono stati nascosti. Cioè, non ne è stata svelata la natura Sri. Un caso emblematico è quello di una Unit Linked di un importante gruppo tedesco, che risale all’ottobre 2012, il cui più recente aggiornamento del prospetto di offerta al pubblico è scattato nel marzo 2017. Uno dei fondi interni alla Unit Linked utilizza come benchmark un basket di titoli, sotto forma di indice, denominato Ecpi Global Mega Trend strategy Flexible Index. Quest’ultimo seleziona «le società capaci di sfruttare le opportunità di business che sorgono dai grandi cambi sistematici, raggruppandole in indici tematici e in strategie». Soprattutto, lo fa secondo strategie “sostenibili”, come tutti i prodotti di Ecpi che, appunto, della finanza responsabile ha fatto la propria bandiera. Di conseguenza, il fondo in questione aveva e ha tutti i crismi per classificarsi come prodotto Sri.
Eppure: niente. Al momento dell’aggiornamento (dunque, in pieno 2017) non c’era ancora una sola parola che facesse riferimento a strategie di selezione Esg, a finanza Sri o variabili responsabili. Il focus commerciale della polizza si è sempre e solo concentrato sugli aspetti tematici (mercati emergenti, scarsità di risorse, cambiamenti climatici e dinamiche della popolazione), ma senza divagazioni. La sensazione è che siano stati diversi i gruppi che, pur avendo in casa fondi classificati (o classificabili) come responsabili, abbiano agito con notevole prudenza nella proposizione.

SUPERATE LE CAUSE STORICHE RIGUARDANTI I FONDI

A guardare indietro, l’Italia sembra aver scontato il fatto di essere stata tra i primi mercati a lanciare quelli che erano chiamati fondi etici a cavallo del millennio. A quei tempi, la formula vincente era la proposizione dell’aspetto “valoriale” del fondo, accompagnato spesso dalla devoluzione di quote annuali, con assai poche riflessioni sulla bontà degli investimenti. Poi ci sono state le crisi che hanno spazzato via la fiducia, ed etico è rimasto sinonimo di “charity” con una spiacevole declinazione di furbata. Ecco perché, per un tempo superiore a quello di altri Paesi, se anche chi costruiva i prodotti ha compreso che la valenza del fondo Sri era quella operativa, e che le tecniche Esg finivano per essere vincenti dal punto di vista finanziario, questo aspetto è rimasto nell’ombra.
Adesso, il mercato ha dato segno di essere pronto a recepire. Forse, il grado di comprensione sullo Sri non è mutato di molto, ma certo è stata superata l’associazione Sri-charity che per lungo tempo ne ha frenato la diffusione.​

Nel 2011 ha fondato ETicaNews, quotidiano online, dove, assieme a un gruppo di colleghi sognatori, affronta argomenti che ancora non esistono su altri giornali. Tanto che, oggi, ET. è quasi un benchmark dell'economia sostenibilie e della finanza responsabile. Prima, è stato dieci anni in plancia per un quotidiano finanziario nazionale (Finanza e mercati) e direttore del mensile Top Legal. Sulla Milano della moda ha pubblicato "L'ultima sfilata" (Sperling & Kupfer), sulla Milano degli studi legali ha pubblicato “La legge degli affari” (Sperling & Kupfer).