Auto elettriche: perché servono nuove batterie

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Auto elettriche: perché servono nuove batterie

La produzione di veicoli alla spina implica l'utilizzo di materie prime come litio e cobalto che sollevano timori sulla sostenibilità sociale e ambientale della mobilità del futuro. Quali sono le alternative.

Auto batterie: la produzione di veicoli alla spina implica l’utilizzo di materie prime come litio e cobalto che sollevano timori sulla sostenibilità sociale e ambientale della mobilità del futuro. Quali sono le alternative.

Auto batterie: le auto elettriche sono considerate il futuro di una nuova mobilità molto più attenta all’ambiente rispetto al passato. Si può ben dire, in un certo senso, che siano anche il frutto della nuova responsabilità sociale non solo del settore auto ma anche di altri comparti, l’high-tech in primis, sempre più protagonisti in segmenti come la guida autonoma. Eppure non è tutto rose e fiori. Anzi, ci sono risvolti negativi che, almeno per il momento, rischiano di mettere in cattiva luce tecnologie destinate di certo a cambiare la società e i comportamenti dei consumatori.

Dal Global Electric Vehicles Outlook 2017 dell’International Energy Agency, l’agenzia fondata dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) per facilitare il coordinamento delle politiche energetiche dei Paesi membri, emergono segnali preoccupanti non solo per l’ambiente e per l’intera industria automobilistica ma anche altri comparti soprattutto dal punto di vista meramente etico. Sempre che la società civile, in particolare quella dei Paesi occidentali più attenta alle dinamiche appunto sociali e ambientali, voglia veramente sapere cosa c’è dietro la produzione di un’auto elettrica.

La pubblicazione della Iea non lancia solo segnali positivi sulle elettriche come il nuovo record di veicoli in circolazione sulle strade di tutto il mondo, ma delinea alcune problematiche che sarà il caso di risolvere e responsabilità del mondo della politica affrontare. L’agenzia dell’Ocse evidenzia infatti la necessità di forti innovazioni nel campo della chimica per trovare elementi che vadano a sostituire materie prime, alcune per loro natura, scarse, come nichel, litio e cobalto.

E sono proprio il litio e il cobalto a rappresentare fonti di preoccupazione. Il cobalto, essenziale per le batterie di smartphone e auto elettriche, ha in sé alcune caratteristiche che lo rendono fonte di gravi, se non gravissime, preoccupazioni etiche, ambientali e sociali. Il 60% se non più della produzione globale è concentrata nella Repubblica Democratica del Congo, uno dei Paesi africani maggiormente minacciato da conflitti etnici ed epidemie su larga scala. Una recente inchiesta della Cnn ha messo per esempio in luce le conseguenze di quanto sta avvenendo nel Congo partendo da un’analisi del mercato.

La domanda è in forte crescita come dimostrato dal boom dei prezzi: nei primi mesi del 2018 una tonnellata valeva più di 90 mila dollari, a fronte dei poco più dei 20 mila di due anni fa. E il trend non è certo destinato al ribasso visto che la Iea prevede che per il 2030 un’ulteriore crescita tra 10 e 25 volte rispetto ai livelli attuali. Il boom è legato per la maggior parte proprio alle richieste provenienti dal settore automobilistico. Basti pensare a quanto deciso dal gruppo Volkswagen che per sostenere i suoi programmi di elettrificazione ha recentemente lanciato una maxi gara internazionale per approvvigionamenti di cobalto per un valore di ben 50 miliardi di euro dal 2019 al 2030 circa e per non andare incontro a nuovi scandali ha messo dei paletti ben precisi ai suoi fornitori, tra cui il divieto di estrazione tramite manodopera infantile, pur di ottenere minerali per così dire puliti.

Caso vuole, però, che la situazione in Congo non faccia certo propendere per il rispetto dei diktat di Wolfsburg. Dal reportage della Cnn emerge una situazione che definire da terzo mondo sarebbe eufemistico se non fosse che il Congo è appunto un Paese del terzo mondo. L’emittente televisiva americana parla di 150 mila minatori congolesi, tra cui molti bambini, che utilizzano pratica estrattive artigianali perché non vengono usate le attrezzature necessarie e non c’è alcun tipo di garanzia di sicurezza per l’estrazione di un minerale già di suo difficile da estrarre.

​L’industria del cobalto parla cinese

Come se non bastasse il report della Iea mette in risalto anche un altro problema: il quasi monopolio della Cina nella raffinazione sempre del cobalto. Ben il 90% della capacità di raffinazione fa riferimento proprio all’ex Celeste Impero dove le condizioni lavorative non sono certo da primato etico e sociale come dimostrato da alcuni reportage sulle megafabbriche dove vengono, per esempio, assemblati gli iPhone della Apple.

Detto del cobalto, non si può non parlare di quello che l’Economist ha un paio di anni fa descritto come il “petrolio bianco”: il litio. Anche in questo caso il prezzo è schizzato per effetto di fenomeni puramente speculativi dettati, per l’appunto, dalla fame dell’industria automobilistica. Le attività estrattive sono considerate tra le più inquinanti e impattanti del pianeta. Non sono pochi gli allarmi lanciati dalle organizzazioni ambientaliste per il drenaggio di risorse idriche effettuato per l’estrazione del litio nel bacino del lago salato boliviano del Salar di Uyuni e per il conseguente pericolo di un’escalation militare nell’area.

Rimanendo dentro la tavola periodica degli elementi, non va infine trascurato il problema nickel, meno abbondante e a più buon mercato delle altre materie prime ma probabilmente ancor più inquinante. Non è un caso che siano molte le case automobilistiche che, oltre ai programmi di sviluppo delle auto elettriche, si preoccupino delle batterie esauste. Il problema è infatti il loro smaltimento con il contestuale destino proprio del nickel. E non si tratta di piccoli numeri. Oggi un’auto convenzionale è dotata di una, massimo due batterie; le auto elettriche possono contenerne a decine.

Si delinea dunque un quadro preoccupante per i diritti dei lavoratori e per la difesa del territorio. Problemi etici e ambientali che anche la Iea solleva fornendo una soluzione che potrebbe essere considerata scontata ma è comunque l’unica. Per agevolare l’adozione dei veicoli elettrici nel rispetto di obiettivi di sostenibilità sociale e ambientale servono per esempio standard minimi sul lavoro e sulle condizioni ambientali così come il miglioramento dei processi produttivi e di gestione delle batterie. Per raggiungere questo obiettivo serve da una parte un intervento a livello governativo, che già oggi è cruciale per sostenere un mercato ancora di nicchia, dall’altra l’innovazione con la ricerca di nuovi materiali che vadano a sostituire materie prime comunque scarse. Non è un caso che già oggi si parli di nuove soluzioni come le batterie allo stato solido o prismatiche o dell’applicazione di materiali avanzati come il grafene.​

Giornalista da 11 anni, appassionato di auto da sempre. Dai numeri cerco di trarre insegnamenti, dalle parole uno sguardo sulle persone. Ogni volta che vedo passare un'Alfa del passato mi alzo il cappello. Guardo alle nuove tecnologie con entusiasmo e tanti dubbi. ​