Lavoro: perché siamo insoddisfatti

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Lavoro: perché siamo insoddisfatti

Il 44% degli italiani non è contento della propria retribuzione e uno su due cambierebbe occupazione subito. La Generazione Z è la più scontenta. I risultati della ricerca Changes Unipol, elaborata da Ipsos, sul mercato del lavoro in Italia.

La Generazione Z guida la stagione dello scontento cha da Nord a Sud tocca tutti gli italiani. Per il 51% dei giovani nati dopo il 1997 lavorare in Italia è insoddisfacente. Ma lo scontento è trasversale per genere ed età: il 44% degli italiani non è contento della propria retribuzione, uno su due cambierebbe occupazione subito anche trasferendosi all’estero.

Questi sono alcuni dei risultati della ricerca che Changes Unipol ha realizzato con Ipsos sul rapporto degli italiani con il lavoro. L’analisi ha riguardato sia il lavoro attuale, per chi lo ha, sia quello desiderato, analizzando diversi aspetti:

  • livello di soddisfazione per la propria occupazione e retribuzione;
  • propensione al cambiamento;
  • i fattori che guidano la scelta di un nuovo lavoro;
  • le aspirazioni in termini di work-life balance.

La fotografia delle scontento degli italiani arriva alla vigilia del varo del Decreto Lavoro con cui il Governo Italiano ha l’obiettivo di rendere effettivo il taglio del cuneo fiscale e l’aumento degli stipendi già da maggio 2023. Secondo i calcoli di Banca d’Italia, l’aumento sarà di 200 euro nette l’anno in media in busta paga.

La retribuzione lavorativa: quasi la metà degli italiani è insoddisfatta

Il livello di retribuzione è il primo elemento di insoddisfazione. Questo vale al Nord e al Centro (47%), mentre spicca in positivo la quota di soddisfatti nelle aree metropolitane del Sud (62%), grazie ad un costo della vita più contenuto rispetto ad altri territori.

  • L’insoddisfazione è trasversale per genere, pari tra uomini e donne, mentre l’età è differenziante: i giovani della Generazione Z, all’inizio del proprio percorso professionale, sono i più scontenti (51%).
  • La retribuzione emerge come primo driver di scelta nella valutazione di un’offerta di lavoro, staccando di netto gli altri criteri; seguono la vicinanza a casa e la stabilità dell’azienda. Sono importanti anche il ruolo offerto e la possibilità di conciliare il lavoro con le esigenze della vita privata.

Quali sono i driver che guidano i trend del mondo del lavoro in Italia

Non è sorprendente che la retribuzione sia il criterio di scelta più rilevante per valutare un’offerta di lavoro: viene indicato dal 50% delle persone che lavorano, staccando nettamente la vicinanza a casa (33%), la stabilità/solidità dell’azienda (30%), e l’allineamento del ruolo offerto con le proprie aspirazioni (29%).

Cresce anche l’importanza della possibilità di conciliare il lavoro con le esigenze della vita privata (indicato dal 27%, dato che sale però al 32% tra coloro che stanno cercando lavoro) e l’offerta in termini di smart working (18% tra chi lavora e 20% tra chi sta cercando lavoro).

Vediamo quali sono i driver secondo la ricerca Changes Unipol-Ipsos:

  • Un lavoratore su 2 è aperto alla possibilità di cambiare lavoro. Tra gli insoddisfatti, il 76% si sta almeno guardando attorno alla ricerca di nuove opportunità (il 26% sta cercando attivamente).
  • Il 41% di chi cerca lavoro si dichiara disponibile a un trasferimento all’estero, una propensione che tra i giovani della Generazione Z sale al 46%. Rispetto al genere, i più propensi sono gli uomini rispetto alle donne (35% contro il 26%)
  • Il lavoro in presenza (33%) viene preferito a quello completamente da remoto (15%). La modalità di lavoro preferita è quella ibrida (ufficio + remoto), dal 51% degli uomini e dal 53% delle donne.
  • Sette lavoratori su 10 esprimono un giudizio positivo sul proprio work-life balance, anche se solo l’11% ne è «molto» soddisfatto.
  • Un lavoratore su 10 rinuncerebbe subito a una piccola percentuale della retribuzione per migliorare il proprio work-life balance; si arriva a quasi 3 lavoratori su 10 se si include chi lo farebbe certamente in futuro.
  • L’idea della settimana lavorativa corta (a parità di ore complessive e stipendio) è molto interessante: piace al 46% del campione, soprattutto tra le donne e i lavoratori Millennials.

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