La convivenza? Roba da trentenni

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La convivenza? Roba da trentenni

Man mano che si cresce la maggioranza dei giovani opta per la coabitazione con il partner e vorrebbe anche dei figli ma il progetto spesso non si concretizza. Le evidenze dell’Osservatorio GenerationShip realizzato da Gruppo Unipol in collaborazione con Kienn.

Ad una prima lettura la questione della formazione di una famiglia da parte dei giovani è esposta ad una sostanziale incertezza. Secondo i dati dell’Osservatorio Generation Ship 2023, circa un terzo dei giovani fra i 16 e i 35 anni è single, un altro terzo è in coppia ma non convive e solo il restante terzo è una coppia convivente. In questo scenario l’idea della famiglia appare come una delle opzioni possibili.

Ma è un errore di prospettiva. Se scomponiamo i giovani in gruppi di età la situazione si rivela molto diversa. Man mano che passiamo da Gen Zers junior (16-22) a Gen Zers senior (23-27) a Millennials Junior (28-31) a Millennials Senior (32-35) si osserva che la scelta per la famiglia, o quantomeno per la convivenza, si consolida fino a interessare la grande maggioranza delle persone.

Crescendo, anche l’orientamento a dilazionare (“forse, più avanti”) si attenua progressivamente, fino a scomparire una volta passati i trenta: 18%, 18%, 8%, 1%.

Il punto di arrivo è che dopo i trent’anni il 59% dei giovani convive con il proprio partner e, quando non convive, nel 12% dei casi ha in programma di farlo. In totale, il 72% dei giovani ha un progetto di famiglia. I restanti sono composti dal 24% di single e da un 4% residuo, che comprende chi ha una relazione ma non è stabile, chi che pur avendola rinvia il grande passo e chi lo esclude a priori.

Questa evidenza ridefinisce la domanda: non si tratta di capire se i giovani credono ancora alla famiglia, quanto piuttosto di spiegare perché ritardano il momento in cui il progetto famiglia si realizza. Le spiegazioni sono numerose e costituiscono altrettanti ostacoli da superare.

La difficoltà maggiore è «pensare» la famiglia come progetto, a causa delle difficoltà nell’arrivare ad una realizzazione lavorativa e, quindi, ad una stabilità economica. Un altro ostacolo decisivo riguarda il fatto che, nelle condizioni di grande incertezza in cui viviamo, aumentano i vincoli e diventa impossibile seguire le tappe tradizionali per arrivarci (72%). Si pensi ad una coppia i cui membri vivono in città diverse, entrambi i membri in condizioni di precarietà lavorativa: in quale città e quando mettere su casa? Dipenderà da chi trova prima lavoro, da quanto guadagna, da quanto è distante dalla città di provenienza ecc.

A ciò si aggiungono altre motivazioni personali, che potremmo ricondurre al concetto di “individualismo”, ovvero alla propensione dell’umano contemporaneo a prestare attenzione ai bisogni personali più che alla pressione degli altri o alle norme sociali:

  • decidere di andare a convivere o fare un figlio se e quando ci si sente pronti, e non quando se lo aspetta la società o l’età è quella biologicamente migliore (64%)
  • dare la priorità alle attività che garantiscono un futuro sereno, anche a costo di rinviare la famiglia: investire sulla propria formazione, avanzamenti di carriera e di reddito, ecc. (63%)
  • sentirsi sicuri rispetto alla solidità della coppia, in tempi in cui molti percepiscono una maggiore difficoltà nei rapporti fra uomini e donne (60%)
  • fare solo quello che fa stare bene (59%)
  • non subordinare (troppo) le proprie passioni e i propri sogni alla famiglia (58%)

A tutto ciò si aggiunge una spinta a rinviare la decisione: rimanere in casa con i genitori consente di approfittare di uno stile di vita più agiato, di intraprendere un percorso di studi senza la necessità di un guadagno a breve, di dare la priorità alla realizzazione personale e di non continuare a godersi i piaceri della vita.

La questione del fare figli non è molto diversa. Sgombriamo il campo da un equivoco: il 70% dei giovani vuole fare figli ma trova molti ostacoli sulla sua strada.  È una quota molto vicina a quanti hanno un progetto di famiglia (72%).

I motivi per cui si fanno figli sempre più tardi rieccheggiano le argomentazioni per cui si va a convivere sempre più tardi: la famiglia non ha stabilità economica e lavorativa (74%), il costo di uno o più figli è insostenibile (70%), le condizioni esterne non favoriscono la decisione (mancanza di flessibilità sul lavoro, nessun aiuto da parte dello Stato, si trova un lavoro stabile troppo tardi, le donne che fanno figli sono discriminate, mancano asili  e servizi), oltre ad uno stile di vita che privilegia di rinviare le decisioni e godersi il meglio della vita finché si può. Umano troppo umano.

Non possiamo non riconoscere in queste resistenze l’eco dei consigli che le famiglie di Baby Boomers e Gen Z hanno impartito ai propri figli. Giovani e adulti non la pensano in modo troppo diverso. Una conferma la troviamo confrontando le risposte su come i giovani di oggi debbano ridefinire le priorità della vita: giovani e maturi si trovano d’accordo sul fatto che famiglia e fare figli sono gli obiettivi che per primi vanno ridimensionati.

Primo laureato in Italia in data analysis applicata alle scienze umane, ha insegnato Tecniche di ricerca psicologica e analisi dei dati presso l’Università di Torino. Ha fondato e attualmente dirige Kkienn Connecting People and Companies, azienda specializzata nella ricerca e consulenza sul cliente. Come direttore di istituti di ricerca, vicepresidente di società di consulenza internazionali (Cap Gemini) e ricercatore ha collaborato con molte delle maggiori imprese del Paese. Scrive per il Corriere della Sera. Per il Gruppo Unipol cura la realizzazione di GenerationShip, l’osservatorio sulle nuove generazioni.