Si chiude un’altra COP, con qualche luce tra le ombre
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Possedere un immobile o veicolo privato non rappresenta più una priorità nella società moderna, anche in Italia. E la condivisione di un bene è ormai uno stile di vita .
Possedere un immobile (casa) o veicolo privato, come l’auto di proprietà non rappresenta più una priorità nella società moderna, anche in Italia. E la condivisione di un bene è ormai uno stile di vita .
Da status symbol a retaggio del passato il passo è breve, molto breve. In una manciata di anni, meno di dieci, due emblemi dello stile di vita occidentale, la casa e l’auto, sono stati investiti dal fenomeno della sharing economy e adesso sono in molti a pensare che le cose non torneranno più come prima. Casa o auto di proprietà sembrano essere passate di moda. Oggi la parola d’ordine è ormai mettere in comune e chi voglia leggere in questa affermazione nostalgiche posizioni ideologiche sbaglia, e anche di grosso. Tutto il mondo avanzato è pervaso dall’entusiasmo per i servizi in condivisione, anche quelli che riguardano la mobilità e gli alloggi, e l’Italia non fa di certo eccezione, anzi. I dati sono molto interessanti. Una recentissima ricerca promossa da Tns, società su strategie di sviluppo per innovare il posizionamento dei brand, ha snocciolato i numeri che delineano un trend in grande crescita: in pratica un italiano su 4, cioè il 25% della popolazione, il doppio rispetto al 2013, usa servizi in condivisione. Il giro di affari è stellare: già oggi nel Vecchio Continente supera i 13 miliardi, nel 2025, secondo le stime dell’Unione europea, dovrebbe toccare i 300. Come se non bastasse si è innescato un circolo virtuoso: l’esperienza dello sharing porterà a un’intensificazione del suo uso perché chi lo prova tende a non tornare indietro. Il 47% di chi ha testato il car o bike sharing, ha dichiarato che ne aumenterà l’utilizzo, lo stesso farà il 40% di chi ha utilizzato i servizi di affitto o di scambio di alloggio. Si pensi ad Airbnb: nel 2015 circa 30 milioni di ospiti hanno utilizzato case messe in rete dalla community e il numero è in costante aumento. Che dire poi dell’offrire gratuitamente il proprio divano di casa alle persone in viaggio? È il couch-surfing: da tempo è operativo il sito couchsurfing.com che riunisce le offerte di tutto il mondo e che ha già superato i 6 milioni di utenti. Sempre più diffusa anche la modalità scambista che consiste nel mettere la propria casa a disposizione di un estraneo che, però, sia disponibile a ricambiare il favore. L’abitazione privata, in breve, da luogo accessibile soltanto raramente a qualche ospite selezionatissimo, nido familiare da abbandonare raramente, è diventata un bene da barattare o prestare, in una parola da condividere con gli altri. La proprietà così come siamo abituati a concepirla sta cambiando. E il successo del cohousing ne è un’altra dimostrazione: si sceglie di andare in affitto o di comprare queste soluzioni abitative aperte, in cui la lavanderia e spesso la cucina e la sala da pranzo sono in comune, non solo per risparmiare ma anche per essere protagonista di un progetto di vita in comune con gli altri. Come ha confermato la professoressa Ivana Pais, associato di Sociologia economica nella facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano ed esperta in sharing economy «in questi fenomeni non può essere sottovalutato il peso delle motivazioni relazionali o anche espressive che spesso superano quelle prettamente economiche». Condividere, insomma, è anche uno stile di vita. Carsharing e cousing espressione di valoriUn ragionamento per molto versi analogo può essere fatto per l’automobile. Fino a una decina di anni fa essere proprietario di una vettura era il sogno della maggioranza dei giovani cresciuti nel mito della motorizzazione di massa. Oggi, anche per colpa della crisi economica, non è più così, e si preferisce usare il car-sharing: non è necessario possedere un’auto per guidare, basta pagare soltanto per l’uso quando occorre. Secondo uno studio di qualche mese fa condotto dalla Facoltà di Economia dell’Università privata Nicolò Cusano, il 9 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver utilizzato servizi di car-sharing e il 20 per cento del campione pensa che lo utilizzerà in futuro. Il fenomeno dell’auto condivisa nel nostro Paese, secondo Ics, Iniziativa Car sharing che fa capo al Ministero dell’Ambiente, coinvolge già oltre mezzo milione di persone. In base ai numeri dell’ultimo rapporto Aniasa, l’associazione nazionale dell’autonoleggio e dei servizi automobilistici, il settore nel 2015 ha registrato un giro d’affari di 5,4 miliardi di euro (+5,7% rispetto al 2014) con una flotta che ha toccato quota 730mila vetture. Dove il fenomeno è diventato di massa è a Londra: nella capitale britannica sono oltre 140.000 i residenti iscritti a servizi di questo tipo. E poi che dire del car-pooling che prevede la condivisione di mezzi di trasporto tra un gruppo di persone per ridurre i costi. Il servizio più famoso è BlaBlaCar: la piattaforma mette in contatto viaggiatori che devono muoversi lungo un determinato tragitto con la propria vettura con altri che necessitano di un passaggio. Il carsharing è un fenomeno in fortissima crescita ma anche in questo caso è necessario andare oltre le semplici motivazioni di carattere economico che, comunque, sono importanti. «Spesso l’acquisto dell’auto – continua la professoressa Pais – è soltanto rinviato. La platea di utenti del car-sharing è costituita da giovani in trasferta per studio in città diverse da quelle in cui sono nati, o da persone che, pur desiderandolo, non hanno la possibilità di diventare proprietari di un veicolo». Ma c’è anche un altro aspetto da valutare. L’uso del carsharing rappresenta anche uno strumento espressivo dei propri valori. «Capita sempre più spesso, infatti, che guidatori in possesso di un veicolo privato decidano di usare questo servizio in città, soprattutto nel fine settimana, non solo perché comodo e tutto sommato economico ma anche, se non soprattutto, per il messaggio che si intende trasmettere: ovvero rendere evidente il proprio senso di appartenenza a una generazione moderna e cool, svincolata dai vecchi schemi». Un esempio in questo settore è Blablacar, dove la componente relazionale è fortissima e spesso si decide di accogliere persone sulla propria auto più per viaggiare in compagnia piuttosto che per abbattere i costi. Ma continuerà ad essere così anche in futuro? Meno casa e auto di proprietà?