Quanto sono sicure le nostre chat?
L’interrogativo sulla sicurezza delle app di messaggistica è ormai datato e riaffiora periodicamente nel dibattito sull’utilizzo delle piattaforme digitali. Una domanda tornat
Con la diffusione della telefonia cellulare siamo abituati a convivere con il nostro smartphone anche in auto per recuperare informazioni e usufruire di servizi. La guida cooperativa è ormai una realtà
Le nostre vetture sono sempre più connesse, dispongono di un collegamento con la rete mobile con la quale, anche indipendentemente dal guidatore, possono scambiare dati ed informazioni. Già nei primi anni di questo nostro secolo, la ricerca ha compreso gli enormi potenziali che avrebbe la mobilità su strada se i veicoli, in gran parte o anche tutti, disponessero di un collegamento verso l’infrastruttura stradale locale e con i veicoli che si trovano nelle vicinanze.
Risale addirittura al 1991 l’iniziativa di Magneti Marelli chiamata Securvia. Aveva installato circa 3000 trasmettitori posizionati nei punti della rete stradale italiana pericolosi (curve, incroci e così via). Acquistando un apposito ricevitore potevi quindi essere avvisato quando ti approssimavi ad uno di questi punti pericolosi. Il costo del ricevitore non era modesto (circa 250.000 lire, pari a circa 250 euro odierni) e l’iniziativa si dimostrò successivamente non sostenibile e fu abbandonata nel 1996. Era comunque chiaro già allora che una collaborazione tra i veicoli e con l’infrastruttura avrebbe reso possibili molti servizi, finalizzati a migliorare la sicurezza, il comfort di guida e l’efficienza del trasporto su strada.
Vediamo quali potrebbero essere le funzioni rese possibili da soluzioni V2X, acronimo inglese che significa sia comunicazione del veicolo con l’infrastruttura (V2I) che con altri veicoli circostanti (V2V).
Quando si parla di cooperazione ovviamente gli attori devono essere necessariamente più di uno e questo è il grosso limite di queste soluzioni. Un servizio di guida cooperativa con l’infrastruttura richiede che l’infrastruttura sia stata predisposta, altrimenti questo servizio non è di interesse. Possiamo ricordare in questo senso la telefonia cellulare: finché, almeno, le principali città non erano coperte dal servizio, l’acquisto del telefono cellulare non era molto comune. Estensione della copertura del servizio, e riduzione del costo del dispositivo, hanno poi portato alla massiccia diffusione della telefonia cellulare. Ancora peggio è la situazione relativa ai servizi basati sulla comunicazione tra i veicoli: non ci sarebbe nessun vantaggio per i primi acquirenti. La diffusione di questi servizi dovrebbe essere promossa da una normativa che imponesse i dispositivi su tutti i veicoli, anche quelli già in circolazione. Ipotesi piuttosto difficile da ipotizzare. Ma i dispositivi per la comunicazione sui veicoli ci sono già. È difficile immaginare che in circolazione ci siano veicoli sui quali non ci sia, almeno, un telefono cellulare in funzione.
In Italia, la penetrazione degli smartphone tra gli adulti maggiorenni è molto alta. Secondo dati recenti e ricerche di mercato, nel 2023 la penetrazione degli smartphone tra la popolazione adulta si aggira attorno all’80-90%. E questi vengono utilizzati regolarmente e portati con sé anche quando ci muoviamo in automobile. E quindi la domanda è: perché non si utilizzano questi dispositivi per fornire servizi di guida cooperativa?
Esiste già un servizio di guida cooperativa per monitorare le condizioni di traffico, presente, ad esempio, in Google Maps. Quando le persone utilizzano Google Maps per muoversi, i dati aggregati sulla posizione e velocità vengono raccolti per determinare condizioni del traffico sulle strade di tutto il mondo.
La somma delle informazioni provenienti dai telefoni che si trovano contemporaneamente in una certa zona permette quindi di calcolare il traffico in quella zona o meglio, quello che serve a Google Maps, determinare quanto tempo è necessario per attraversarla. I tratti di strada evidenziati in blu, arancione o rosso sulla mappa, quindi, sono il frutto delle informazioni prodotte proprio dagli utenti che si trovano a viaggiare su quel tratto di strada. Però una domanda si pone: quello che interessa non è il traffico su quel tratto di strada adesso, ma quello che troverò quando lo percorrerò. Se parto da Torino per arrivare alla stazione centrale di Milano, il traffico che c’è adesso in viale Enrico Fermi non mi interessa, mi interessa quello che ci sarà tra più di un’ora, quando, presumibilmente, ci arriverò.
Per fare questo Google Maps, e altri servizi simili, mantengono memorizzati dati storici di percorrenza di ogni tratto stradale. Quindi che Viale Enrico Fermi, alle 11:30 del mattino del mercoledì, ad esempio, si percorre in 7,5 minuti, mediamente. Chi si trova a percorrere lo stesso tratto di strada, casa-ufficio ad esempio, ogni giorno e alla stessa ora, avrà però l’esperienza di incontrare livelli di traffico diversi, anche in assenza di eventi particolari, come incidenti.
Attraverso l’Intelligenza Artificiale è possibile analizzare le “variazioni” rispetto ai dati storici e anticipare il loro effetto sul traffico, perfezionando l’accuratezza nella predizione del traffico. È grazie a tutto questo che Google Maps è, solitamente, molto preciso nell’indicarci l’ora di arrivo alla destinazione prescelta.
Tra gli esperimenti di Google riguardo l’intelligenza artificiale c’è quello chiamato Graph Neural Networks, già installato in diverse città del mondo; questo sistema permette di rilevare dati estremamente precisi sul traffico e sui percorsi, anticipando eventuali rallentamenti. Al momento, secondo le stime di Google Maps, i processi predittivi hanno un’accuratezza di circa il 97%; con il nuovo Graph Neural Networks si punta ad arrivare al 100% e per periodi di tempo estremamente prolungati. Nessuno, però, è in grado di impedire che sul percorso che porta alla destinazione non avvengano eventi, come incidenti, che portano a congestioni di traffico. E questi eventi non possono essere previsti. Ma i primi veicoli che si trovano nei pressi dell’incidente permettono di informare tempestivamente tutti gli altri. Percorsi alternativi possono quindi essere proposti per evitare la congestione. E se questa, prima che si arrivi nella zona, viene risolta, è possibile ritornare sul percorso ottimale precedente. Quindi, a meno di essere sfortunati e trovarsi nella zona quando l’incidente accade, anche questi “accidenti” al traffico, possono essere considerati e gestiti.
Alcune applicazioni di guida satellitare possono anche gestire segnalazioni da parte dei guidatori, come ad esempio “veicolo fermo” o “ostacolo sulla strada”. Quando avviene una segnalazione tutti i veicoli che arrivano nello stesso punto ricevono, tempestivamente, l’indicazione del pericolo. Ai guidatori che sopraggiungono viene richiesto di confermare o meno la presenza del pericolo, permettendo quindi di rimuovere la segnalazione una volta che il problema è stato risolto.
I dati con cui percorro vari tratti di strada che incontro vengono trasmessi al server di Google ed elaborati. Quindi Google conosce tutte le mie posizioni e i dati storici di dove sono stato? A meno che sia attiva la funzione specifica (cronologia delle posizioni) richiesta dall’utente, Google non ha alcun interesse a correlare i dati di percorrenza ad una persona o un telefono specifico. I dati di percorrenza su un dato tratto di strada vengono raccolti in modo anonimo e aggregati. Mantenere i dati di posizione di un utente, senza avere il suo specifico consenso, sarebbe una violazione gravissima, e secondo il regolamento GDPR, sarebbe punita con sanzioni amministrative molto severe. Nel caso di Google fino al 2% del suo fatturato annuo. Considerando che Google fattura oltre 300 Miliardi di dollari, la multa sarebbe di oltre 6 miliardi. Ci sono poi altri servizi. Per esempio, FCA Italy nel 2021 ha sperimentato a Torino un servizio del tipo: funzioni di guida Eco-compatibile. Due veicoli ibridi plug-in sono stati equipaggiati con una applicazione di “geo-fencing”, grazie alla localizzazione satellitare capivano quando stavano entrando nella ZTL e automaticamente mettevano il veicolo in modalità elettrica pura. L’esperimento ha avuto successo, ed ora è un potenziale strumento per le amministrazioni cittadine per coniugare la mobilità in ambito urbano con la riduzione delle emissioni.
Tutte le funzioni di guida cooperativa elencate precedentemente, quando non realmente implementate, hanno comunque dimostrato la loro fattibilità in progetti di ricerca e i loro potenziali benefici in sperimentazioni estese in condizioni reali. Come accennato precedentemente è necessaria una penetrazione importante o totale per rendere queste funzioni realmente utili. Per realizzare, ad esempio, una funzione anticollisione, che mi avvisa se sto rischiando un incidente con un altro veicolo, tutti i veicoli devono essere equipaggiati.
Una spinta importante potrebbe arrivare dalla diffusione dei veicoli autonomi, che possono avere importanti benefici dalla guida cooperativa. I governi e le autorità sono coscienti dei potenziali benefici, stanno lavorando per stabilire normative per facilitare l’implementazione di queste tecnologie.
Vediamo cosa potremmo avere nei prossimi anni.
Naturalmente, il progresso in questo campo dipenderà non solo dalla tecnologia, ma anche dall’accettazione sociale, dalle politiche governative e da investimenti significativi nelle infrastrutture.