Giovani e politica: più interesse ma meno fiducia
L’anno passato, la vittoria elettorale della Destra aveva rilanciato la contrapposizione fra gli schieramenti e rivitalizzato l’interesse e la fiducia dei giovani per la politi
Nell’era in cui videogiochi e il gaming on line dominano il panorama e detengono il monopolio del tempo libero di giovani e non solo, i dati non mentono: il mercato dei cari, vecchi “board game” è in continua espansione.
C’è un’oasi di divertimento analogico che non solo resiste ai cambiamenti imposti dalla tecnologia, ma addirittura cresce di anno in anno: è quella dei giochi da tavolo. Non sarebbe corretto definirlo revival, perché in realtà i giochi da tavolo non sono mai scomparsi, e la passione nei loro confronti accomuna da sempre le più diverse fasce generazionali (quante altre cose riescono a farlo?). Un mercato globale con un giro di affari da 14 miliardi di dollari – le proiezioni da qui a meno di un decennio dicono che si potrebbe addirittura superare i 30 miliardi – non può basarsi solo sull’effetto nostalgia di boomer e figli della generazione X – c’è un neologismo per definirli, in questo caso: kidult, traducibile più o meno come “bambinoni” – rimasti legati ai ricordi di serate infinite con gli amici davanti ai carri armati del RisiKo! o di letargici pomeriggi natalizi in famiglia con il Cluedo o lo Scarabeo. C’è evidentemente una richiesta che si rinnova di continuo, anche da parte di un pubblico giovane. Indice forse anche di un bisogno di passatempi più socializzanti e del recupero di una dimensione ludica improntata alla lentezza, alla strategia, al ragionamento. E, perché no, anche al dialogo, alla cooperazione e al semplice piacere di trovarsi fisicamente insieme a giocare.
Certamente a trainare il settore sono sempre i classici, oggi disponibili in molteplici edizioni aggiornate. Come l’intramontabile Monopoly, che ai vecchi tabelloni con Parco della Vittoria e Viale dei Giardini ha affiancato versioni ispirate a Star Wars, Game of Thrones o i Simpsons (la sinergia con i franchising celebri è fondamentale e spesso inevitabile), così come – all’altro lato dello spettro – quelle che si incentrano sul localismo ambientando il gioco in città particolari e in alcuni casi addirittura con le carte in dialetto. Oppure leggende del role playing come Dungeons & Dragons, capostipite dei giochi fantasy che dominano l’immaginario dei giochi da tavolo, o successi da centinaia di milioni di scatole vendute come il Trivial Pursuit, il cui basico meccanismo domanda-risposta si è rivelato nei suoi quarant’anni di esistenza una carta vincente, anche perché il concetto di nozionismo su cui si fonda è adattabile a qualunque ambito: dal mondo di Harry Potter ai manga, dal calcio alla storia del rock. E poi appunto c’è il RisiKo! gioco di guerra simulata che si è adattato alle continue trasformazioni geopolitiche del mondo reale (nonostante il fascino della conquista delle mitologiche Kamchatka e Jacuzia, regioni che nessuno ha mai capito se esistono veramente, rimanga ancora oggi un plus della versione classica).
Oltre ai campioni della tradizione, c’è una sterminata offerta di giochi che coprono il range completo dei registri narrativi e dell’esperienza umana. Dalle crime-story in cui ci si improvvisa detective alle prese con casi irrisolti (uno dei titoli più di successo degli ultimi anni, in questo ambito, è Hidden Games) alle fondazioni di città o di intere civiltà (come in Cities, in cui si devono sviluppare complessi progetti urbanistici), dai viaggi alla cucina, dalla ricerca scientifica (il nuovo e curioso The Fox Experiment, che si ispira a un esperimento di scienziati russi degli anni 50 per addomesticare le volpi) agli inevitabili gattini (e qui si va del celebre Exploding Kittens al gioco di ruolo in solitaria Be Like a Cat, in cui ci si immagina sotto sembianze feline).
Ci sono i giochi impostati sulla memoria, sulla logica, sulle doti di simulazione, sulla fantasia e sulle capacità di entrare in relazione con gli altri. Ma anche quelli che solleticano istinti meno nobili come il pettegolezzo o il gusto di mettere in imbarazzo gli amici (il perfido Bad People, in cui ci si sfida ad attribuire i peggiori vizi agli altri giocatori, è solo un esempio di una certa tendenza al “cattivismo” che sta emergendo negli ultimi tempi). Particolarmente interessanti sono quelli che si aprono a tematiche contemporanee, care in particolari alle nuove generazioni, come l’inclusività o l’ambientalismo. Giochi come Daybreak, nel quale i partecipanti diventano potenze mondiali che devono collaborare per rallentare il riscaldamento globale, o Second Chance, in cui l’argomento è la creazione di tecnologie ecosostenibili in grado, appunto, di dare all’umanità una “seconda opportunità” che allontani il disastro incombente, hanno raccolto persino il plauso e l’interesse della comunità scientifica. E non va dimenticata, naturalmente, una categoria che ha ritrovato una enorme popolarità dopo il calo di interesse degli ultimi due decenni: i libro-game. Favorendo lo sviluppo delle potenzialità logiche, delle capacità di scrittura e dell’abilità nel padroneggiare meccanismi di narrazione e ipertestuali, i libro-giochi sono diventati anche uno strumento didattico molto utilizzato nelle scuole.
I giochi da tavolo sono tanti, dunque. Forse persino troppi. Il che rende il mercato congestionato di novità, e stranamente simile a quello librario: tolti i pochi campioni di vendite come quelli citati prima, gli altri giochi vendono poche migliaia di confezioni quando va bene. In molti casi per lanciare una nuova idea e trovare fondi, i creatori di board game si sono affidati a piattaforme di crowdfunding come Kickstarter, diventato quasi una risorsa imprescindibile. Così come in molti casi diventa necessaria la sinergia proprio con quel mondo dell’on line del quale i giochi da tavolo sembrerebbero la negazione: molti sono infatti pensati sulla base dell’integrazione con Internet, con app specifiche che ampliano le possibilità di divertimento e di sviluppo del gioco. Anche se nessuna applicazione e nessun sito, probabilmente, può battere il fascino antico e “tattile” di un tabellone, di un mazzo di carte e di segnaposto a forma di fungo o damigiana.