Quando la salute passa dai social

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Quando la salute passa dai social

La connessione crea tre indiscutibili vantaggi che non sarebbero altrettanto replicabili con metodi tradizionali. Ma quali sono i limiti?

Nel gergo gastronomico, si definisce food pairing l’associazione di uno o più alimenti che per composizione aromatica o molecolare, esalta le papille gustative. Spesso l’abbinamento avviene tra prodotti tradizionali con le stesse sfumature: dolcezza, acidità e persino umami. Ma sempre più frequentemente si ottiene grazie alla combinazione di due molecole opposte e apparentemente inconciliabili.

De gustibus non est disputandum, lo so. Eppure, se un food pairing è studiato nel dettaglio e realizzato a regola d’arte, potrebbe rivelarsi eccellente per chiunque. È questa l’immagine che si è affacciata nella mia mente la prima volta che ho riflettuto sull’accostamento tra salute e social network e sullo strano fenomeno – in progressiva crescita, soprattutto dopo la pandemia – dei medici influencer.

Istintivamente, come leggendo su un menù l’associazione tra ostrica e pollo – esiste davvero – ho storto il naso. Poi, abbandonati i pregiudizi, ho assaggiato (e compreso) la singolare pietanza.

«La salute è creata e vissuta dalle persone all’interno degli ambienti della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama», come si legge nella carta di Ottawa, pubblicata dall’OMS nel 1986. Quindi, se la promozione della salute è strettamente legata agli spazi che abitiamo, l’accostamento tra sanità e social network non deve più sorprenderci, considerato che il digitale non è nient’altro che un nuovo luogo dove studiamo, lavoriamo, giochiamo e amiamo.

Tornando alle associazioni alimentari, è lecito chiedersi quale sia il beneficio di abbinare una banana al bacon – anche questa unione esiste davvero. La risposta? Creare un gusto difficilmente realizzabile tramite un accostamento comune di ingredienti.


Tre vantaggi

Con la salute e i social accade lo stesso: la loro connessione crea tre indiscutibili vantaggi che non sarebbero altrettanto replicabili con metodi tradizionali.

  • Interazione. I social network migliorano la connessione tra medico e utente, e soprattutto favoriscono la creazione di una comunità. Due le conseguenze di questa indubbia opportunità: la presenza di un più ampio supporto emotivo e sociale; e la comunicazione di argomenti sui quali, ahinoi, ricadono ancora importanti reticenze e tabù (sessualità o salute mentale, per citare solo i più evidenti).
  • Immediatezza. Se tutti corrono, impulsivamente corriamo anche noi. E travolti da un mondo che si muove a ritmo sempre più veloce pretendiamo ovunque la velocità. Purtroppo, è una verità lampante. Grazie all’insolita associazione tra salute e social network, l’impazienza è però aggirabile: la risoluzione di dubbi e perplessità legati alla nostra condizione può difatti essere immediata. Post online su patologie, caroselli su possibili percorsi terapeutici, video tutorial educativi, placano istantaneamente la nostra fretta di sapere, capire e risolvere.
  • Accessibilità. Digital divide a parte, il digitale è un mondo teoricamente democratico.

La divulgazione scientifica online consente a chiunque di accedere a informazioni semplificate, e quindi comprensibili (escludendo il sapere degli esperti, anche questo accostamento, tra medicina e comprensione, è insolito). È così che si combatte un’altra nota malattia che ci affligge: la disinformazione; non solo quella data dall’ignoranza, ma anche quella derivata dalla diffusione di false informazioni.

Ovviamente, come con gli abbinamenti degli ingredienti, occorre fare attenzione a non sconvolgere equilibri preesistenti e a non creare danni, né alla materia prima né tantomeno al malaugurato assaggiatore. Lo sappiamo fin troppo bene, la comunicazione della salute sui social non è priva di rischi, soprattutto relativi alle fake news e alle autodiagnosi; ma, almeno per una volta, è stato utile citarne i vantaggi. 

La verità è che da sempre la coincidenza degli opposti può creare bizzarre ma apprezzabili armonie.

Economista, consulente strategico e corporate trainer. Si è formato all’Università Bocconi di Milano e all’INSEAD di Fontainebleau, e ha girato il mondo per lavoro e per passione: Head of Business Development Unit di Finmeccanica in Russia, Senior Manager di McKinsey a Londra e Principal di AlphaBeta a Singapore, dove ha gestito progetti con aziende del calibro di Google, Uber e Microsoft. In precedenza, ha lavorato anche presso Goldman Sachs e le Nazioni Unite a New York. Tornato a Bari, ha fondato la Disal Consulting e si occupa di ricerca, consulenza, comunicazione e formazione per grandi aziende italiane (Ferrari e UniCredit), colossi digitali (Netflix e Amazon), istituzioni multilaterali (World Economic Forum) e governi nazionali (Francia, Cina e Germania). Insegna alla IE Business School di Madrid e alla Nanyang di Singapore, e dirige il Master in Digital Entrepreneurship presso H-Farm, dove cerca di trasmettere l’importanza dello storytelling per la riuscita di un progetto imprenditoriale. Dopo il successo del suo primo libro Flow Generation - manuale di sopravvivenza per vite imprevedibili, ha pubblicato con Hoepli Phygital - il nuovo marketing tra fisico e digitale.