La nuova frontiera è il 6G

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La nuova frontiera è il 6G

Mentre oriente e occidente si sfidano a colpi di Bit verso il pieno lancio del 5G, c’è già chi pensa alla nuova generazione della comunicazione wireless: il 6G. Ma cos’è e cosa consentirà di fare?

​​​Robert O’Brien è il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca ed è lui l’uomo a cui Donald Trump, lo scorso 13 luglio, ha affidato una missione delicatissima: recarsi a Parigi e convincere gli Stati europei a sbarrare definitivamente le porte al colosso cinese Huawei, nella strada verso la rete 5G.

La battaglia è geopolitica, ma anche tecnologica, visto che il nuovo standard di comunicazione permetterà l’ottimizzazione dell’internet delle cose, che ha applicazioni sia in campo domestico che in quello industriale. Nella guerra delle antenne scatenatasi, gli Stati occidentali sono sempre più preoccupati di consegnare a Pechino le chiavi dei loro dati e della loro stessa sicurezza nazionale. Come in ogni guerra, però, il protagonista non è solo il presente, ma anche il futuro, che nel campo delle telecomunicazioni ha un nome ben definito: il 6G.

L’orizzonte temporale per il suo approdo nei nostri paesi è quello del 2030, dieci anni dopo la piena commercializzazione del suo antenato 5G. Con Andrea Passarella, ricercatore presso l’Istituto di Informatica e Telematica (IIT) del CNR, iniziamo il nostro viaggio proprio all’interno del futuro della comunicazione wireless: quella, appunto, della rete 6G.

Il 6G, il reale e il virtuale
Con il termine latenza in informatica si intende l’intervallo di tempo tra input e output. Questo valore con il 6G arriverà vicino allo zero, favorendo l’istantaneità della comunicazione. «La 6 G – ci dice Andrea Passarella –  si inserisce in un trend di convergenza tra mondo fisico e virtuale. L’obiettivo è quello di far sì che quello che accade nel mondo virtuale ed in quello reale sia sempre più collegato». Realtà aumentata e virtuale, sensoristica avanzata, digital twin (la copia digitale delle infrastrutture su cui fare operazioni varie), social networks, si muovono tutte in questo scenario e «il 6G, grazie alla sua capacità e velocità elevata di trasmissione di dati ottimizzerà questo percorso».

La velocità del 6G
Secondo le prime indicazioni di ricerca, le reti 6G saranno dieci volte più veloci delle 5G, con la capacità di supportare la trasmissione di 1 Terabit per secondo. Sempre teoricamente, perciò, la 6G consentirà di connettere migliaia di macchine, sensori, software, in maniera ancora più massiccia rispetto al 5G. Se quest’ultima, infatti, rappresenta l’abilitatore perfetto dell’internet of things, la 6G sarà in grado di farci entrare nel mondo dell’Internet of Everything che metterà in connessione persone, dati, processi e cose. Una grande rete, insomma, onnicomprensiva.

La rete dell’intelligenza artificiale in un futuro senza smartphone.
Secondo quanto sottolineato a Changes da Andrea Passarella, la 6G sarà una rete che «permetterà anche la gestione e l’elaborazione di sempre più dati, grazie a un’intelligenza artificiale che sarà pervasiva e a una capacità di machine learning (apprendimento) superiore. Per fare questo gli oggetti dialogheranno tra loro, con un coinvolgimento sempre più diretto dei dispositivi periferici».

Mentre oggi, dunque, è centrale il ruolo dei data center, con il 6G la raccolta dei dati sarà sempre più decen​tralizzata e la comunicazione tra le cose accelerata, tanto da permettere l’innalzamento decisivo delle performance della telemedicina, della mobilità elettrica e delle auto a guida autonoma.

La comunicazione diretta tra gli oggetti, inoltre, potrebbe rendere inutile anche l’uso d​ei nostri smartphone. Come si legge nel Libro Bianco sul 6G pubblicato dall’Università finlandese di Oulu, infatti, “la telepresenza sarà possibile dall’alta risoluzione delle immagini che saranno messe a disposizione degli utenti da dispositivi indossabili (visori o occhiali AR, VR e MR, NdR), robot mobili, droni e processori specializzati”.

L’efficienza energetica del 6G
Ma quanta energia necessiterà tutta questa potenza e questa velocità? Secondo Börje Ekholm, CEO della svedese Ericsoon che nell’ottobre scorso, durante il meeting On Life, organizzato da La Repubblica «la nuova rete 6G potrebbe necessitare di un consumo energetico bassissimo». Inoltre, secondo Andrea Passarella «la 6G sarà una rete anche più efficiente dal punto di vista energetico, giacché è prevedibile che i dispositivi della rete non si scambieranno solo dati, ma anche energia».

Con la 6G ancora più antenne?
Il percorso del 5G è stato caratterizzato dalla crescente opposizione di una frangia di opinione pubblica, preoccupata dalle conseguenze sulla salute causate dalle antenne del 5G, nonostante le rassic​urazioni dell’Istituto Superiore di Sanità. Ma cosa succederà con il 6G?  «Con il nuovo standard le antenne necessarie alla trasmissione di dati saranno più piccole e diffuse – ci dice Passarella –  Certo ce ne saranno di più, ma queste avranno una potenza più bassa, saranno meglio localizzate ed efficienti. Anche dal punto di vista infrastrutturale la 6G sarà un modello più decentralizzato e distribuito».

Chi ci sta lavorando
Ancora una volta i paesi orientali sono partiti a razzo verso la nuova frontiera delle telecomunicazioni. Già nel 2018 Pechino ha infatti annunciato la creazione di un team di Ricerca e Sviluppo proprio sul 6G e lo stesso hanno fatto recentemente Corea del Sud e Giappone.

In Europa, come detto, l’Università di Oulu in Finlandia ha pubblicato un vero e proprio libro bianco Key Drivers and Research Challenges for 6G Ubiquitous Wireless Intelligence​. Lo scorso 27 maggio, inoltre, in una comunicazione della Commissione Europea, Bruxelles ha invocato una partnership strategica tra gli Stati membri, che punti proprio sul 6G e i colossi del Vecchio Continente come la svedese Ericsoon e la finlandese Nokia già nel 2018 hanno siglato un’intesa con le coreane Sk Telecom e Samsung per la ricerca nel campo.

La corsa, inso​mma, è partita. Appuntamento, si spera, al 2030. Oggi la 6G, tuttavia, come ci dice Andrea Passarella “è ancora una ipotesi di ricerca” e la sensazione è che dovrà inevitabilmente fronteggiare diversi ostacoli: su tutti quelli relativi a un digital divide territoriale e sociale, in molti paesi tutt’altro che superato.​

Giornalista, pugliese e adottato da Roma. Nel campo della comunicazione ha praticamente fatto di tutto: dalle media relations al giornalismo. Brand Journalist e conduttore radiofonico, si occupa prevalentemente di economia, energia ed innovazione. Oltre la radio ama la storia e la politica estera.