Vacanze detox

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Vacanze detox

La tecnologia crea dipendenza da connessione ma ci aiuta anche a vincere la tentazione di essere sempre connessi. Come funzionano le macchine antiedonistiche (Mae).

Freedom è un’applicazione in grado di bloccare ogni connessione social per un periodo stabilito. Nata da un’idea dell’informatico Fred Stutzman, preoccupato del fatto che “ogni volta che si controlla la posta elettronica, la mente richiede 23 minuti per tornare a focalizzarsi sull’attività precedente”, ​Freedom prevede che, per ristabilire la connessione, l’utente debba riavviare il computer. Stikk è una piattaforma web mediante la quale ogni utente affida il proprio obiettivo a una macchina: che si voglia smettere di fumare, o perdere tre chili, o correre una maratona, chi si impegna trasferisce temporaneamente una data somma al sito, ricevendola indietro solo nel caso il goal sia stato raggiunto.

Un robot contro le tentazioni

Freedom e Stikk sono due esempi di “macchine antiedonistiche” (indicate per brevità come Mae), il cui compito è quello di orientare le scelte personali introducendo ricompense o costi. «Detto più  semplicemente, le Mae sono tutte le tecnologie che l’uomo consapevolmente adotta per impedirsi un piacere immediato in virtù di beneficio di lungo periodo» chiarisce Paolo Gallina, docente di Robotica all’Università di Trieste e autore di Un robot per vincere le tentazioni (Edizioni Dedalo).

Non tutte le Mae rientrano tra le novità tecnologiche; al contrario, ne fanno parte strumenti antiquati come le corde con cui Alfieri si faceva legare alla scrivania o la vernice amara che per anni fa gli onicofagi si sono applicati sulle unghie. E tra gli antesignani del genere potremmo perfino pensare alle funi con cui Ulisse si era fatto legare all’albero della nave, per non cedere al canto delle sirene.

Una novità, tuttavia, c’è: «Il fatto che oggi abbiamo sempre più bisogno di ausili all’autocontrollo, perché siamo vittime di uno squilibrio evolutivo», sostiene Gallina. Vuol dire che, «mano a mano che il nostro ambiente si è andato modificando, quegli istinti innati che un tempo ci hanno garantito la sopravvivenza, ora sono diventati svantaggiosi». Per capire cosa significhi, prendiamo la nostra alimentazione: se per i nostri antenati la penuria di risorse alimentari rendeva vantaggioso prediligere cibi ad alto contenuto calorico, per quanti di noi siedono tutto il giorno alla scrivania lo stesso istinto predispone all’obesità. E lo stesso ragionamento si potrebbe applicare a dipendenze di origine evolutiva come l’alcolismo e la ludopatia: un tempo finalizzate a massimizzare le possibilità di sopravvivenza in un mondo segnato dall’incertezza, di fronte all’odierna facilità di accesso alle slot o ai supermercati, necessitano di un autocontrollo severo per non portare alla rovina di chi ne è affetto.

Per arginarne le derive, proprio le Mae possono offrire un supporto terapeutico: contro l’alcolismo esiste già un braccialetto, detto Scram (Secure continous remote alcohol Monitoring), simile a quello per i detenuti in libertà vigilata, che misura tramite sensori se chi lo indossa ha bevuto. Il bracciale Pavlok eroga invece piccola scosse elettriche quando compiamo un comportamento vietato, come fumare o superare una certa soglia di spesa.

Il problema, però, è che, mancano studi che valutino quale sia l’effetto sul nostro comportamento nel momento in cui smettiamo di usare le Mae. «In generale, la forza di volontà è come un muscolo: se non lo alleniamo, resta debole» riassume Gallina. Il che farebbe presumere che le Mae non rappresentino la soluzione. «Ma può anche essere che, al contrario, il costo imposto dalle Mae, quale mettiamo dover riavviare il computer per collegarsi al web, nel tempo generi un’abitudine, che come tale permane anche in loro assenza».

Il nodo legale

Ancora indefinite, inoltre, sono le implicazioni legali dell’uso delle Mae. Manca una legislazione sulla domotica che definisca, per esempio, “se un sistema può bloccarmi per due ore nel garage che voglio riordinare, anche se io ho cambiato progetti e desidero uscire» immagina Gallina. «Mettiamo che il software sia impostato per resistere ai miei contrordini; che succede se ho un malore o scoppia un incendio? Lavorando con le macchine, so che il pericolo “Hal 9000″ (il computer che si ribella di 2001 Odssea nello spazio, ndr) esiste e un margine errore c’è sempre: senza un controllo umano a un certo livello di complessità, i pericoli sono numerosi», sottolinea il docente.

Infine, vanno valutati le opportunità e i rischi legati a Mae “social”, come Nike run club o health mate o myFitnessPal, che non solo registrano le attività dell’utente ma le condividono con i suoi contatti. Questa modalità di controllo in modalità “panopticon”, ovvero rendendo gli altri spettatori del nostro impegno, determina due rischi: il primo è il sospetto verso chi non condivide i dati. Basta pensare a come giudicheremmo chi, in una società in cui tutti pagano con carta di credito, si ostinasse a usare il contante. Non penseremmo che nasconde del nero?

Il secondo rischio è che le informazioni private degli utenti, ma condivise sui social o su simili app, possano venire usate dallo Stato per creare deterrenti, su modello del sistema a punti della Cina, o da società private, come le banche, per valutare l’affidabilità di chi richiede un prestito. «In fondo già da tempo gli istituti di credito utilizzano meccanismi antiedonistici, come il fatto di ridurre i tasso di interessi a chi ha dei risparmi e quindi ha dimostrato autocontrollo sulle spese» ricorda Gallina.

Il legislatore ha dunque il compito di concepire strumenti per verificare che i dati forniti dalle Mae non vengano utilizzati da soggetti esterni a quelli autorizzati o per discriminare alcuni utenti a scapito di altri. Infatti “il rischio di abuso c’è” ammette il docente. «Tuttavia d​i fronte a piaghe come l’obesità o l’alcolismo, che hanno un alto costo sociale, questo margine di pericolo non è motivo valido per non utilizzarle» distingue. Tuttavia, è auspicabile che per l’utente la scelta non sia tra la privacy e la salute o l’accesso al credito. Se la tecnologia delle Mae è matura per essere applicata a numerosi ambiti, e la capacità di autocontrollo, grazie alle Mae, sarà sempre più rilevante per la nostra vita nel prossimo futuro, tocca alla legislazione adeguarsi. E p​rima che sia troppo tardi. 

Mantovana, giornalista da oltre 15 anni in Mondadori, collabora a numerose riviste nazionali su temi di attualità e stili di vita. Ha collaborato a una monografia sul cinema di Steven Spielberg e curato la traduzione dall’inglese di un saggio sul Welfare State. ​