Le auto del futuro? Device elettronici viaggianti

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Le auto del futuro? Device elettronici viaggianti

Tra qualche anno non si parlerà solo di consumi, potenza e velocità ma anche di kilowattora, tempi di ricarica e, ancor di più di dati. Le auto del futuro saranno infatti computer viaggianti che produrranno una miniera d'oro di informazioni.

Tra qualche anno non si parlerà solo di consumi, potenza e velocità ma anche di kilowattora, tempi di ricarica e, ancor di più di dati. Le auto del futuro saranno infatti computer viaggianti che produrranno una miniera d’oro di informazioni.

Consumipotenzaemissioni. Sono questi alcuni dei parametri più importanti che vengono tradizionalmente utilizzati per definire le schede tecniche delle automobili o presi a riferimento dagli automobilisti per l’acquisto di una vettura. La domanda è se lo saranno anche per le auto del futuro. La risposta è ovviamente positiva anche se ci saranno delle modifiche sostanziali per non parlare di nuovi parametri per il momento confinati a studi o analisi di progettisti e ingegneri. Il futuro prossimo venturo vedrà sempre le auto caratterizzate da parametri di potenza ma non si parlerà più di cavalli bensì di chilowattora visto che l’elettrico in tutte le sue varianti sarà l’alimentazione dominante. Altri parametri faranno riferimento al livello di autonomia o comunque di assistenza alla guida oppure alle funzionalità di connessione. Insomma si va delineando un quadro in cui le auto del futuro saranno tecnologicamente qualcosa di ben diverso rispetto al presente al punto che ci saranno ben altri consumi su cui puntare le attenzioni anche per le implicazioni su numerosi settori legati da sempre o da pochi anni al mondo dell’auto.

Le auto a guida autonoma rischiano infatti di creare una crisi senza precedenti per il mondo dell’informatica o delle telecomunicazioni e a cascata su altri ambiti come le assicurazioni. Si parla di cifre mai viste finora. Secondo alcuni studi provenienti dagli Stati Uniti, dove lo sviluppo dei veicoli senza conducente sta facendo passi da gigante per opera delle più grandi aziende tecnologiche (Google e Intel solo per citare le più grandi), le auto a guida autonoma producono dati a un livello impressionante. Solo per fare un esempio, i 270 milioni di utenti di Twitter generano circa 100 gigabyte di dati al giorno, mentre un singolo veicolo senza conducente, di quelli attualmente utilizzati per i test in varie città statunitensi, arriva a produrne per 30 Terabyte, un dato superiore di 3 mila volte a quello di tutti i cinguettii giornalieri. Basta moltiplicare il dato dei Terabyte per il numero di veicoli utilizzati dalla flotta di Waymo, la società responsabile dello sviluppo delle ormai famose Google-Car, per comprendere quali livelli si stiano raggiungendo. Attualmente la società statunitense ha circa 600 Chrysler Pacifica nella sua flotta di veicoli utilizzata per la fase di sperimentazione ma a breve ne riceverà una quantità indicata genericamente in migliaia di unità anche per lanciare il suo servizio di robotaxi a Phoenix, in Arizona, per la fine dell’anno.

Si tratta di una mole di dati che solleva molti interrogativi e che necessita di un’attenta analisi. “Sono numeri giganteschi, fanno impressione ma anche i veicoli attuali generano una mole di dati notevole”, avverte Sergio Savaresi, docente di Automation And Control in Vehicles del Politecnico di Milano, ateneo molto attivo nel campo della telematica, e collaboratore di AlfaEvolution Technology del Gruppo Unipol. “Un modello sofisticato attualmente in circolazione sulle strade conta tantissimi sensori, a centinaia, e tra questi quelli che generano, per esempio, dati di continuo sono le telecamere per il parcheggio o il rispetto della carreggiata. Parliamo di molti giga al giorno. Quindi bisogna stare attenti: già oggi si produce un’enorme mole di dati e con i veicoli autonomi questa mole aumenterà ancora di più”.

“Oggi questi dati vengono elaborati a bordo veicolo e trasmessi solo in parte. Esiste già un flusso di dati gigantesco ma solo una sintesi viene trasmessa anche perché la loro trasmissione è in funzione dei contratti telefonici. Quindi all’aumentare della capacità di trasmissione garantita dai contratti telefonici, aumenterà il flusso di dati ma sarà sempre una sintesi. Non ha senso trasferire 1 terabyte. Ha senso trasferire solo la parte più informativa”, sottolinea ancora il docente dell’ateneo milanese.

Dello stesso avviso è Paolo Bosetti, docente del Dipartimento dia Ingegneria IndustrialeFaculty Advisor della squadra Formula SAE dell’Università di Trento, e responsabile scientifico della ProM Facility del Polo Meccatronica di Rovereto, recentemente scelto da Fiat Chrysler Automobiles per creare il primo centro italiano per la mobilità intelligente. “Va anzitutto notato – afferma Bosetti – che la maggior parte di questi dati è raccolta, analizzata e scartata immediatamente. Cioè sono dati che non vengono immagazzinati. Consideriamo l’esempio banale della misura della velocità istantanea usata per la funzionalità del tachimetro sul cruscotto: l’elettronica che provvede questa funzionalità raccoglie la velocità media di rotazione delle ruote e la trasforma in velocità di avanzamento, diciamo 10 volte al secondo. Si tratta di un flusso di dati modesto ma che si somma ai numerosi altri flussi analoghi raccolti dai sistemi di misura e assistenza alla guida di bordo. Tuttavia in linea di principio di questo dato non mi interessa la storia, quindi non viene registrato, bensì scartato non appena ha assolto la sua funzione (aggiornare il display del tachimetro)”.

Dunque, prosegue il docente dell’ateneo trentino, “tipicamente viene registrata la sequenza storica solo di una piccola parte dei segnali e solo per una certa finestra di tempo (cioè i dati più vecchi di un certo limite sono cancellati). Quindi la mole di dati effettivamente conservata è molto, molto inferiore ai 30 Tb al giorno”.

Esiste dunque un problema anche di selezione, già a bordo del veicolo, dei dati da trasmettere e immagazzinare. Da quando sul mercato sono iniziate a circolare le prime voci sui test di auto a guida autonoma, sono stati molti i manager del settore, a partire dal capo della Mercedes, Dieter Zetsche, a sollevare dubbi sull’impatto dei nuovi veicoli, a partire dalle responsabilità assicurative. Potrebbe per esempio essere necessario conservare per lungo tempo i dati per proteggere le case automobilistiche e i loro fornitori da potenziali azioni legali in caso di incidente attribuibile alla tecnologia utilizzata. Inoltre già oggi si prevede che i veicoli autonomi circoleranno sulle strade per tempi molto più lunghi rispetto alle auto odierne con il relativo aumento delle esigenze di manutenzione o la necessità di imporre oneri aggiuntivi sulla conservazione di dati per un periodo indefinito.

Gli interrogativi riguardanti le auto del futuro potranno comunque trovare una risposta grazie a un trend emerso con il graduale sviluppo delle auto a guida autonoma: rispetto al passato gli attori coinvolti, non solo del settore auto, preferiscono la strada della collaborazione per condividere competenze, know-how e investimenti. “È evidente – sottolinea Savaresi – che la capacità di utilizzare i dati è fondamentale per la progettazione dei veicoli, per la manutenzione, a fini assicurativi e molto altro ancora. Quindi sono molti gli attori coinvolti. Rispetto al passato aumenterà la competizione tra chi detiene i dati e chi ha la capacità di elaborarli ma allo stesso tempo aumenterà la collaborazione in determinati aree: tra produttori automobilistici e assicuratori, tra società di high-tech e aziende infrastrutturali. I mercati si stanno dunque mescolando: da una divisione netta dei ruoli di vari attori a una mescolanza di funzioni”.

Le collaborazioni intersettoriali avranno dunque una sempre maggior rilevanza rispetto al passato secondo quel principio della convergenza che sta interessando ad esempio il mondo delle telecomunicazioni. Ci sarà un continuo scambio di esperienze per risolvere i problemi che via via emergeranno nel tempo. “Considerato che storage e potenza di calcolo non sono un problema, vale la pena considerare due fattori particolari”, argomenta Bosetti. “Primo: l’enorme massa di dati raccolta, se viene usata e scartata in un veicolo commerciale, è però interessante e fondamentale dal punto della ricerca e sviluppo. Cioè avere a disposizione dati molto ricchi in varietà e dettagliati nella risoluzione temporale consente di sviluppare veicoli e sistemi di assistenza alla guida sempre più efficienti. Secondo: le assicurazioni hanno già cominciato a usare dati di guida aggregati (cioè valori medi e indicatori complessivi elaborati sul flusso di dati continuo, ma che occupano poca memoria) per calibrare polizze assicurative sullo stile di guida. In caso di incidente, poi, gli ultimi secondi prima dell’incidente possono essere utilizzati per documentare l’evento. Anche in questo caso, però, è sufficiente che i sistemi di bordo tengano registrata una breve serie storica di durata (e dimensione in memoria) prefissata (ad es. l’ultimo minuto)”.

“In definitiva – sottolinea Bosetti -, considerando quanto ci si attende che accada nei prossimi sviluppi nel campo della guida autonoma, è vero che è in atto un aumento notevole della quantità di dati raccolti, soprattutto con l’uso estensivo dei sistemi di visione artificiali (un’immagine è molto più pesante di una singola misura ad es. di velocità), ma il vero problema non è tanto immagazzinare questi dati (perché per la gran parte non sono immagazzinati) ma piuttosto sviluppare gli algoritmi che li usino al meglio e risolvere i problemi normativi, legali ed etici che un veicolo autonomo pone (cioè: se il pilota autonomo deve decidere tra investire un pedone o sterzare e uscire di strada, magari uccidendo i passeggeri, qual è la scelta giusta?)”.

Di sicuro è ormai prossimo un cambiamento epocale per una concezione dell’automobile ancora ferma ai parametri del ‘900. Secondo Savaresi, “l’auto diventerà un centro di elaborazione dati in mobilità. L’auto non è mai stato un prodotto di elettronica di consumo ma un oggetto di meccanica con un motore e quattro ruote. Ora è destinato a diventare il più grande oggetto di elettronica di consumo: un enorme computer viaggiante collegato alle reti di trasmissione e in tal senso i dati saranno quanto di più pregiato potrà fornire un’automobile”.

I dati, anche grazie alla loro crescita esponenziale, avranno quindi un valore crescente con una componente economica già oggi da non sottovalutare. A dimostrarlo è una ricerca del Boston Consulting Group, secondo cui la loro monetizzazione crescerà entro il 2035 fino a 28 miliardi di dollari dal miliardo di oggi.  Si tratta, in definitiva, di un tesoro che spiega il motivo dei grandi investimenti e dei programmi varati dai settori automobilistico e tecnologico per progettare l’auto del futuro.

Giornalista da 11 anni, appassionato di auto da sempre. Dai numeri cerco di trarre insegnamenti, dalle parole uno sguardo sulle persone. Ogni volta che vedo passare un'Alfa del passato mi alzo il cappello. Guardo alle nuove tecnologie con entusiasmo e tanti dubbi. ​