Droni dove volano davvero

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Droni dove volano davvero

Biomedicale, agricoltura, energia sono i settori dove questi mezzi stanno rivoluzionando il trasporto di merci e presto anche di passeggeri.

I droni, in ambito civile, andranno a rivoluzionare il trasporto di merci e di passeggeri. Finora, infatti, siamo abituati a considerare tali oggetti volanti per gli utilizzi in ambito militare, mentre nel business commerciale sono ancora percepiti come poco più che giocattoli, adatti soprattutto per attività di sorveglianza e di ispezione di siti e pipeline, e perfetti per montarci sopra una telecamera e farci riprese dall’alto.

Tuttavia, in Italia ci sono già una serie di iniziative operative fatte da droni-cargo. Ad esempio, alcune società hanno iniziato servizi routinari per servire di medicinali le isole della laguna veneta prive di farmacia; oppure i droni sono usati in agricoltura per seminare in spazi molto ampi; o, ancora, in alta montagna per il trasporto e il fissaggio di antenne di trasmissione in zone impervie.

La Flyingbasket di Ortisei, grazie a intese con la provincia autonoma di Bolzano, si serve del suo drone FB3 (fino a 100 chili di carico) per il trasporto di acqua e cibo nei rifugi e nei ristoranti in alta montagna; di attrezzi agricoli, verricelli e motoseghe sui pendii più scoscesi; e nel 2021 ha collaborato al progetto di reimpianto di alberi in montagna trasferendo oltre 2 mila giovani alberi dalla valle di Aschau, in Baviera Meridionale, verso 18 località. Ovviamente stiamo parlando di iniziative su aree poco popolate, per voli che, da un punto di vista tecnico, sono piuttosto semplici da operare.

Come dice a Changes Paola Olivares, direttore Osservatorio Droni del Politecnico di Milano, «al momento ogni volo di drone necessita di apposite autorizzazioni, non esistendo ancora dei corridoi aerei, delle autostrade ad hoc. Ma, a tendere, e con lo sviluppo di droni più grandi in grado di trasportare anche 300 chili di merce, verranno realizzate le infrastrutture più adatte, facendoli volare, ad esempio, lungo il corso dei fiumi, o sopra le aree meno densamente popolate delle città. In Italia il mercato è ancora piccolo, vale 94 milioni di euro per circa 700 imprese professionali (poi ce ne sono altre che fanno droni consumer, ndr). Ma è un settore che va rafforzandosi, con l’ingresso di grandi attori, più visione, e la prospettiva di risultati economici interessanti».

Voli sperimentali

Proprio in questo senso il gruppo Leonardo sta conducendo molte sperimentazioni nel trasporto di merci coi droni: «Noi vogliamo abilitare e organizzare i trasporti in situazioni complesse e in modalità ripetitiva. Per Leonardo il trasporto merci si divide tra biomedicale e cargo. Il biomedicale deve andare più lontano, con droni più veloci, anche oltre 100 chilometri all’ora, ma con un carico di pochi chili. Il cargo, invece, come quello che stiamo sperimentando con Poste italiane e Flyingbasket, fa distanze inferiori, ma porta carichi più significativi, o con un drone dotato di un box, o con un cavo e il carico trasportato in una rete. Questa seconda modalità consente di consegnare o dove non c’è molto spazio, o quando non si vuole o non si può atterrare. Siamo tra i gruppi più avanti nella sperimentazione di questi trasporti», raccontano a Changes da Leonardo.

A Torino, con Poste italiane e Flyingbasket, il gruppo Leonardo ha usato un drone che può trasportare fino a un massimo di 100 chili (in questo caso ne ha trasportati 25, ndr), con un volo di sette chilometri, a 100 metri di altezza, oltre la linea della vista del pilota da terra, ma con una persona sulla collina a tenere tutto sotto controllo. «Per la prima volta l’area su cui si volava non era segregata, cioè la gente camminava tranquillamente sotto, in un contesto urbano. La regolamentazione, però, è in divenire. Finora le regole Enac sono state all’avanguardia, tuttavia dal 2023 ci sarà un nuovo regolamento a livello Ue per i droni che volano al di sotto dei 150 metri. E dovremo aspettare questo regolamento per standardizzare le tecnologie, le infrastrutture e le procedure». 

Rivoluzione nel traposto passeggeri

L’impatto più importante dei droni ci sarà soprattutto sul trasporto dei passeggeri, su tratte brevi, al massimo 50-80 chilometri, e con tariffe da 70-100 euro a corsa. E non si parla di un futuro lontano, ma del 2024, massimo 2025, perché qui le sperimentazioni sono molto avanzate. 

Quali i vantaggi rispetto, ad esempio, agli elicotteri? Beh, il drone pesa poco, non fa rumore, non solleva tanta aria, non necessita di molto spazio e quindi può decollare e atterrare nel centro delle città. E una tratta costerà, appunto, circa 100 euro, ovvero 7-10 volte meno di una tratta con l’elicottero. Di contro, i droni-passeggeri sono veicoli elettrici, hanno una autonomia di volo di 20-40 minuti, e servono quindi numerose stazioni di ricarica o scambio di batterie. 

In tema di Urban air mobility il polo più importante che c’è in Italia si chiama SkyGate, promosso a Torino dalla holding Always e dalla partecipata DigiSky. “Skygate in primis identifica le tecnologie abilitanti lo sviluppo di un drone, che sia esso di corto raggio o di medio raggio, e accelera queste aziende, aiutandole sia a livello di finanza, sia nei processi di certificazione (il volo aereo è infatti un settore molto regolamentato, ndr). In secondo luogo”, spiega a Changes Carlo Caiaffa, presidente di Always, «ci occupiamo della costruzione delle infrastrutture, ovvero dei vertiporti». 

Il progetto vertiporti

Se, infatti, per lunghi tratti del trasporto merci si può volare sopra i corsi d’acqua, nel trasporto in città ci sono molti altri vincoli: «Skygate e Future urban legacy Lab del Politecnico di Torino stanno studiando il progetto di vertiporti, ovvero dove mettere le piazze di sosta. In ambiente urbano bisogna trovare un gemello digitale che vada a studiare il territorio della città nei minimi dettagli: per capire dove ci sono costruzioni alte, antenne, poiché più un drone sale in alto, più consuma energia, e per produrre una cartografia di estremo dettaglio, arricchita con elementi statistici relativi, ad esempio, alla densità della popolazione, per volare, magari, su parchi, aree dismesse. Tutto questo», prosegue Caiaffa, «serve a realizzare corridoi di derisking. E la mobilità urbana nelle principali città italiane si realizzerà attraverso 3-4 corridoi aerei per città, da un punto all’altro. Non dobbiamo pensare ai droni, quindi, come ai taxi che ti lasciano dove vuoi tu. Ma più come a una sorta di metropolitana, che porta i passeggeri solo in punti prestabiliti».

I progetti in fase più avanzata nel trasporto di persone con i droni sono quelli di Atlantia, per collegare l’aeroporto di Roma Fiumicino col centro città (pronto per il 2024); a Milano, per la mobilità urbana e pure per un trasporto Milano-Cortina-Milano per le Olimpiadi invernali del 2026; in Piemonte, sia su Torino, sia per collegare meglio la città con Alba o Ivrea, mal servite a livello stradale o ferroviario. 

«Sul mercato dei droni per passeggeri», sottolinea Caiaffa, «sono stati investiti cinque miliardi di dollari nel mondo durante la stagione 2020-21. E secondo gli studi delle principali società di consulenza, gli investimenti saliranno a 10 miliardi all’anno prestissimo. Porsche e Lufthansa hanno indagato a fondo sulle prospettive, e stimano questo mercato a 80 miliardi di euro nel 2035. Ovviamente è importante che l’Italia non perda tempo, e sviluppi un comparto che lavorerà soprattutto con l’export. Il grande business della cosiddetta mobilità urbana e dei trasporti-passeggeri con droni ci sarà infatti soprattutto sulle isole del Giappone, della Malesia, a Singapore, in aree urbane come Los Angeles. In Italia si attiveranno, credo, una decina di province, per una trentina di corridoi aerei in totale, con ticket da 5-6 euro a minuto di volo, e tariffe da 70-100 euro a corsa. Sicuramente si parte tra il 2024 e il 2025». 

Ispettori volanti

C’è però chi usa i droni già in maniera operativa e su larga scala da molti anni. Come il gruppo Enel, per attività fondamentalmente ispettive: «Operiamo in diversi paesi del mondo», sottolinea a Changes Fabio Bosatelli, head of automation & robotics, global operations & maintenance di Enel green power, «e abbiamo una flotta di 300 droni di proprietà e di 300 piloti nostri dipendenti. Ovviamente, in giro per il mondo, ci avvaliamo anche di fornitori di droni terzi e di piloti del posto: in Italia le attività sono fatte con risorse interne al 90%, in Brasile, Cile, Romania e Grecia usiamo fornitori terzi, negli Stati Uniti stiamo adottando un modello misto». 

Cosa fanno i droni per Enel? «Ad esempio, voliamo sugli impianti fotovoltaici e facciamo foto con una termocamera per capire dove ci sono problematiche ai pannelli. Sugli impianti eolici facciamo ispezioni per verificare la forma della turbina e delle pale: le foto sono poi trattate con intelligenza artificiale per sapere se ci sono lesioni, crepe, delaminazione delle pale, e capire come fare le manutenzioni. In ambito idroelettrico le ispezioni sono più simili a quelle topografiche: dobbiamo esaminare il movimento del terreno, delle frane, del livello dei fiumi, vigilare che le sponde siano in grado di sopportare la portata del bacino idrico, vigilare sulle condotte. Stessa cosa nel geotermico: i droni ispezionano lo stato delle condotte che trasportano il vapore geotermico, e verificano le frane e i pendii». 

Quanto alla normativa, al momento «non abbiamo bisogno di autorizzazioni particolari, ma solo perché facciamo volo con pilota a terra e a vista. Se invece utilizzassimo droni con volo non a vista o in volo autonomo, ci sarebbe una normativa troppo complicata. Perciò abbiamo escluso l’uso dei droni in queste modalità, non sarebbe economico, non possiamo dedicare cinque persone a compilare carte. Penso quindi che allargheremo il perimetro a voli autonomi o al di là dell’orizzonte in base anche a come evolveranno le normative, e puntando soprattutto a valorizzare l’enorme massa di dati che con i nostri voli raccogliamo. Quanto, infine, al trasporto di merci e persone, che al momento non ci riguarda, conclude Bosatelli, «ritengo queste attività fattibili, in maniera operativa e routinaria, anche prima del 2024. È necessario, però, che le sperimentazioni vadano avanti di pari passo col giusto approccio da parte della burocrazia, perché altrimenti diventeranno difficili da calare nella quotidianità».  

Milanese, laureato in Economia e commercio alla Università Cattolica del Sacro Cuore, è giornalista del quotidiano ItaliaOggi, co-fondatore di MarketingOggi, esperto di storia ed economia dei media, docente di comunicazione ed economia dei media per oltre 10 anni allo IED di Milano.